Cybercrime ed economia: dibattito al Salone della Giustizia

Mentre si attende la 12° edizione del Salone della Giustizia (26-28 ottobre 2021), ricordiamo quale tema è stato affrontato nella passata edizione. Il Convegno a Roma organizzato dal 29 settembre all’1 ottobre 2020 per l’11° edizione dell’evento organizzato da Iuscom, Salone della Giustizia, ha acceso i riflettori sul Cybercrime e l’attacco all’economia.

Con la pandemia, il fenomeno è aumentato vertiginosamente intensificando al massimo minacce ed attacchi in tutto il mondo ed in tutti i settori.

Tra i relatori del Convegno: Nunzia Ciardi (direttore della Polizia Postale e delle Comunicazioni), Franco Prampolini (Direttore divisione Pubblica Amministrazione e Difesa Atos) e Cesare Placanica (presidente Camera Penale di Roma).

Ad introdurre il dibattito è stata Barbara Pontecorvo (avvocato Tonucci&Partners e componente del Comitato esecutivo del Salone).

Ogni 5 ore si registra un cyberattacco, con un aumento del 90% rispetto ai 5 anni precedenti. Parliamo di attacchi andati a segno ma sfuggono all’analisi gli attacchi respinti o non denunciati” ha sottolineato Barbara Pontecorvo. Un’introduzione, la sua, che rende bene l’idea dei rischi planetari del Cybercrime.

La velocità del Cybercrime, la lentezza del legislatore

Il Salone della Giustizia promuove da sempre la ‘cultura della legalità‘ e non poteva non affrontare un fenomeno che minaccia e compromette più di altri la legalità in Italia e nel mondo.

Il Cybercrime è un nuovo campo del diritto penale, a mezza via fra spionaggio industriale, protezione dei dati sensibili e sicurezza informatica.

Se un qualsiasi reato aumentasse del 378% in un anno, si griderebbe all’allarme sociale. Non succede con il Cybercrime. Ciò dimostra che l’Italia non è ancora preparata ad affrontare questo fenomeno tant’è che non ha legiferato in modo adeguato su questa materia penale.

Il presidente della Camera penale di Roma, Cesare Placanica, ha evidenziato la “velocità con cui questa criminalità inventa nuovi mezzi di attacco” in netto contrasto con la lentezza del legislatore nell’adeguarsi a questa materia.

Cybercrime e l’attacco all’economia

Durante il Convegno si è discusso degli attacchi cyber alle strutture pubbliche e private durante il lockdown, dell’avvento del 5G, di problemi in chiave di sicurezza nazionale.

Nel dibattito sono stati affrontati diversi temi legati al Cybercrime (comunicazione, diritto all’oblio, privacy, riservatezza, spionaggio, truffa, ecc.).

Nunzia Ciardi, direttore della Polizia postale e delle comunicazioni, ha spiegato che le truffe perpetrate ai danni delle aziende sono aumentate del 378% rispetto al 2019. Non si denuncia per danno di immagine o perchè i tecnici addetti al controllo rischiano il posto di lavoro. In pieno lockdown, sono state denunciate 50 minacce gravi (45 soltanto nel settore sanitario). Il phishing è aumentato del 600%.

A certi livelli, il fenomeno dei cyber attacchi non si può neanche associare alla semplice truffa o frode. Alcune società italiane sono state vittime di attacchi informatici per somme ingenti (da 1 milione di euro fino a 18 milioni di dollari). Non si tratta di semplici truffatori. Dietro questi attacchi si celano organizzazioni criminali di alto livello.

L’attacco all’economia del Cybercrime si traduce in un numero enorme: costa 3 milioni di dollari al minuto all’economia mondiale.

Possibili soluzioni: cloud europeo open source e Intelligenza Artificiale

Bisogna investire sulla digitalizzazione e sulla cybersicurezza. Rimandare non conviene a nessuno.

Franco Prampolini, direttore divisione Pubblica amministrazione e Difesa di Atos, ha illustrato alcune possibili soluzioni, prima fra tutte lo sviluppo di un cloud europeo su tecnologia open source, come alternativa al cloud fornito dagli USA.

La sfida del cyber crimine è continua, costante, si alimenta di strumenti sempre nuovi. E’ necessario un aggiornamento costante; chi gestisce i cloud è sempre aggiornato.

Si potrebbe mettere in campo l‘Intelligenza Artificiale per prevenire gli attacchi. L’IA può ‘apprendere’ il trend evolutivo di questo fenomeno.

Link: https://www.salonegiustizia.it/videogallery/

Programmatic Advertising, come avviene l’attività di compravendita di spazi pubblicitari online

Programmatic Advertising: due parole che si sentono spesso nominare, ma che in molti non sanno cosa vogliano dire. Ebbene, corrispondono semplicemente all’attività di compravendita di spazi pubblicitari sul web, sfruttando delle piattaforme software che hanno il pregio di rendere automatico tale processo, ottimizzandolo per di più. Capita spesso di sentir parlare di campagne RTB o Real Time Budding in tema di Programmatic Advertising, ma sono uno dei tanti tipi di campagne che si possono pianificare tramite le varie piattaforme. L’avvento di questa forma di compravendita è avvenuto poco più di una decina di anni or sono, rappresentando a tutti gli effetti una rivoluzione nell’ambito del marketing digitale. I publisher non fanno altro che proporre sul mercato le impression che caratterizzano il proprio inventory, mentre gli inserzionisti sono in competizione per il loro acquisto. Dal lato publisher ci sono le piattaforme SSP, mentre dal lato degli inserzionisti troviamo le piattaforme DSP, tra cui DataXu, Turn e MediaMath.

Quali sono le campagne pubblicitarie più diffuse

Le principali tipologie di campagne Programmatic sono quattro. La prima è quella definita Automatico Garantito (detta anche Programmatico Diretto): in questo caso, l’intesa viene stretta in maniera diretta tra inserzionista e publisher, con un prezzo che viene mantenuto fisso e l’inventory riservato. Sia i processi di acquisto che quelli di vendita hanno numerose somiglianze con quelli classici, ma con la differenza di essere automatizzati. La seconda tipologia di campagna è denominata Marketplace privato: qui l’intesa è pubblica e non riservata, con un prezzo mantenuto fisso e che viene stabilito in precedenza. L’Asta su invito è la terza tipologia, denominata anche Asta chiusa: i publisher hanno l’opportunità di confinare l’offerta ad un certo numero di partecipanti, con la possibilità anche di rendere più ricca l’offerta inserendo nuove informazioni per far alzare il valore dell’inventory. La quarta tipologia è chiamata Asta Pubblica: in questo caso i publisher propongono a tutti i potenziali inserzionisti il proprio inventory, senza che si instauri un rapporto diretto tra chi compra e chi vende.

Case study: le push notification

Gli annunci di push notification hanno la capacità di portare dei CTR importanti, ma esistono delle questioni da risolvere per fare in modo che tale tipologia di annunci possa entrare all’interno dell’ambito Programmatic in maniera definitiva. Ad esempio, uno degli aspetti da sistemare è l’integrazione dei pixel di tracciamento di terze parti, per poi attivarli nel momento in cui vengono “consegnate” le notifiche push. Non solo, ma l’attuale ecosistema RTB non è in grado di riconoscere le notifiche push come un’inventory potenziale.

Le notifiche push nell’ambito della pubblicità online rappresentano un formato innovativo, che ha preso piede solamente da pochi anni, che permette di piazzare un annuncio pubblicitario direttamente su una notifica push online. Un sistema senz’altro molto più adatto rispetto a tanti altri a scegliere e delimitare meglio l’audience a cui si è interessati.

I numeri che caratterizzano il Programmatic

Le stime parlano chiaro: il comparto del Programmatic Advertising continuerà a crescere, per quanto riguarda gli investimenti, fino a toccare e superare il muro dei 300 milioni di euro. Attualmente, gli investimenti sono arrivati a sfondare la soglia dei 234 milioni di euro nel 2019, ma è impressionante notare la quota da cui siano partiti nel 2016, quando coprivano meno dell’1% del Display Advertising, con investimenti complessivi al di sotto dei 5 milioni di euro. L’anno dopo la crescita è notevole, fino a toccare i 50 milioni di euro di investimenti nel 2017. Balzo in vanti del 120% l’anno dopo, quando sono stati toccati i 110 milioni di euro di investimenti complessivi e il 10% del Display Advertising.

Come scegliere la piattaforma Programmatic più adatta?

Uno dei vantaggi correlati al Programmatic è sicuramente quello di oltrepassare i confini del media planning tradizionale. La piattaforma che si sceglie deve facilitare il fatto di raggiungere tutta la target audience, offrendo una gamma ricca e dettagliata di campagne, che permettano di contattare i vari utenti nel corso di ogni parte del processo di acquisto. È chiaro che bisogna anche capire bene dove si vogliano pubblicare le proprie inserzioni. Nel caso in cui, ad esempio, si volessero effettuare delle conversioni oppure un tracciamento multi device, ecco che le soluzioni che si possono personalizzare maggiormente sono quelle da prediligere, visto che la possibilità di controllare i dati e l’acquisto dell’inventory sono senz’altro migliori. Il legame con i dati è fondamentale nella scelta della piattaforma: in tal senso, va specificato come la precisione dei dati che si riferiscono alla propria audience è fondamentale. La soluzione personalizzabile si fa preferire, soprattutto per fare in modo che la DMP venga impostata seguendo delle precise esigenze, senza dimenticare come debba essere integrabile con i numerosi sistemi di CRM. La decisione su quale piattaforma puntare è legata anche alla vostra offerta: si tratta unicamente di pianificazione o è prevista anche una strategia?

Quali sono i vantaggi di Programmatic

Questa forma di pubblicità online è indubbiamente un sistema efficiente per veicolare i propri annunci sul web. Non è chiaramente un caso che un gruppo come Cookies Digital abbia posto negli obiettivi per il 2020 quello di sviluppare delle soluzioni tecnologiche che possano mirare all’ottimizzazione nella compravendita di traffico programmatic/rtb. Sono tanti i punti di forza che si possono sfruttare: su tutti, il fatto di acquistare gli spazi molto più velocemente, ma anche riuscire a programmare in maniera più efficiente le varie campagne, senza dimenticare naturalmente come tutti i costi legati alla mediazione si abbassano. E anche la trasparenza delle varie operazioni pubblicitarie ne guadagna. L’inserzionista, dal canto suo, non è più obbligato a comprare degli enormi quantitativi di impression indifferenziate, ma ha finalmente la possibilità di programmare meglio solamente sui target scelti.
Se tutto questo può apparire anche quasi fin troppo semplice, è importante mettere in evidenza come qualsiasi campagna che si dimostra vincente, ha alle spalle un’analisi preventiva molto precisa e dettagliata: quindi, le campagne Programmatic hanno bisogno di un’ottimizzazione costante.

Cookies Digital: un 2019 in grande crescita e si prevede un 2020 altrettanto super

Il 2019 è stato un anno difficile da dimenticare eppure si aprono le porte di un 2020 che potrà riservare ancora parecchie soddisfazioni di livello: stiamo parlando di Cookies Digital, una media agency che fa parte del gruppo Cookies Factory e che gestisce le campagne pubblicitarie della divisione B2B e B2C.

Tantissimi meriti per questo straordinario successo sono dovuti anche al grande lavoro che è stato portato a termine da parte di un team buyer estremamente ricco di competenze tecniche quando si parla di acquisizione di utenti sul mobile online. Si sono rivelati molto positivi anche gli investimenti che sono stati approntati l’anno scorso ma, più in generale negli ultimi tre anni, con Cookies Digital che ha offerto sempre molteplici soluzioni di alta tecnologia che si sono dimostrate non solo valide, ma anche efficaci in riferimento sia all’analisi dei dati che all’ottimizzazione di ogni tipo di prestazione in merito alle campagne di pubblicità digitale.

Uno dei fiori all’occhiello dell’attività recente di Cookies Digital è stato senz’altro quello di produrre oltre il 95% del suo fatturato direttamente all’estero. Non è più un mistero, ormai, infatti, che l’azienda sia riuscita a fare di vari mercati europei un vero e proprio punto di forza, riuscendo a penetrare in maniera efficace anche all’interno dei mercati africani e di diversi mercati in Medio Oriente. È evidente come la differenza l’abbia fatta l’ampia gamma di prodotti di digital entertainment proposti, sviluppati in collaborazione con le più importanti società di telefonia mobile internazionale. Hanno dato i loro frutti anche le varie campagne pubblicitarie che sono state lanciate con l’obiettivo di acquisire sempre più clientela sulle diverse piattaforme mobile. Gli ultimi dodici mesi sono da incorniciare, quindi, per la notevole espansione su mercati esteri, considerando come Cookies Digital sia riuscita a proporre i suoi servizi anche in altri cinque Paesi: Polonia, Bahrain, Tunisia, Madagascar e Botswana.

Traffico online di qualità

Nell’ultimo anno uno dei principali obiettivi di Cookies Digital è stato anche quello di concentrarsi il più possibile sull’innalzamento della qualità del traffico online che viene acquistato non solo per promuovere i prodotti proprietari, ma anche per la pubblicizzazione dei prodotti dei partner che hanno scelto di porre i propri investimenti media attraverso le competenze di Cookies Digital.

Da tutta questa grande attività di sviluppo della qualità del traffico online sono due i fattori che sono emersi in modo principale. Il primo è quello relativo agli investimenti su Google Ads, che hanno subito una sterzata verso l’alto di tutto rispetto. È vero, d’altra parte, che già nel 2018 Cookies Digital poteva contare sulla certificazione Google Partner. Gli investimenti totali hanno superato ampiamente i 3,5 milioni di euro nel corso degli ultimi dodici mesi, raggiungendo il picco dell’81% del media spending della società.

Un altro fattore che si è rivelato di sicuro interesse è rappresentato dalla scelta di Cookies Factory di entrare a far parte del capitale sociale di aziende che operano all’estero. In modo particolare, l’investimento fatto nel 2019 per acquisire delle quote di minoranza del gruppo spagnolo Opticks è stato molto importante, soprattutto sotto il profilo strategico, visto che l’obiettivo è quello di aumentare la sicurezza del traffico mobile rispetto alle frodi online, che rappresentano sempre un ostacolo sia per il settore del mobile VAS che per il mercato dell’advertising nel suo complesso.

Da notare anche il raggiungimento della posizione numero 26 nella classifica di crescita 2020 stilata da Il Sole 24 Ore e da Statista, con un tasso di crescita che si è aggirato intorno al 98,37% nel periodo compreso tra 2015 e 2018.

Dal 2019 al 2020: ecco quali sono gli obiettivi fissati da perseguire

E se il 2019 è stato ricco di tanti traguardi raggiunti e previsioni superate alla grande, ecco che il 2020 si appresta a seguire il medesimo destino.

Prima di tutto, Cookies Digital ha l’obiettivo di perseguire la propria attività espansiva all’estero: il focus sarà quello di concentrarsi sui nuovi mercati, nello specifico quelli asiatici, adottando strategie mirate e più efficaci. Un perfetto esempio di tale obiettivo è rappresentato dal fatto che i vari prodotti di digital entertainment verranno ben presto proposti anche su tanti altri mercati, in primis quello della Cambogia.

Al tempo stesso, ci sarà da lavorare per lo sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative e all’avanguardia, in grado di ottimizzare ancora di più le attività di acquisizione di traffico programmatic/RTB. Come se non bastasse, il 2020 potrà riservare ancora importanti novità per quanto riguarda la valutazione di entrare nel capitale sociale di società straniere, rimanendo ovviamente sempre all’interno del comparto della pubblicità su device mobili.

L’anno che ha da poco preso il via sarà molto importante anche perché è in fase di costruzione un team specifico che si occuperà di realizzare degli innovativi prodotti digitali, focalizzando la propria attenzione sue due comparti in modo particolare che stanno dimostrando una crescita impressionante negli ultimi anni, ovvero quello degli eSports e quello della Salute e del benessere.

Naviris vede la luce, ecco la joint venture tra Naval Group e Fincantieri

È finalmente diventata operativa Naviris: si tratta della joint venture 50/50 che è sorta dalla collaborazione tra Fincantieri e il gruppo di origini transalpine Naval Group. È stata stabilita anche la sede principale della nuova società, che si tratta di Genova, mentre ci sarà spazio anche per una controllata a Ollioules. L’attività principale di Naviris sarà quella di occuparsi in modo specifico di progetti bilaterali, ma anche di operazioni legate all’export.

Naviris non è altro che il frutto naturale di una collaborazione storica tra i due colossi: sono oltre vent’anni che va avanti la partnership tra Naval Group e Fincantieri ed era arrivato il momento di finalizzarla in qualcosa di ancora più solida. Delle relazioni commerciali tra questi due gruppi che hanno portato in dote un gran numero di successi, a partire già dagli anni Novanta. In quel periodo, infatti, ebbe un notevole apprezzamento il piano di cacciatorpediniere per la difesa aerea Horizon, con la presenza di quattro navi, ma anche le venti navi che hanno fatto parte del piano di fregate multi-missione FREMM, attivato nel 2005.

Importanti anche le nomine che hanno accompagnato questo primo processo di nascita di Naviris. Infatti, per rimarcare ancora di più il progetto comune a livello strategico e di sviluppo, i due colossi hanno voluto spartirsi ruoli e responsabilità in questo modo: Giuseppe Bono è stato assegnato alla presidenza della joint venture, mentre Hervé Guillou è diventato membro del Consiglio di amministrazione. Saranno però altri due i ruoli ancora più importanti a livello operativo, dato che la guida della società è finita nelle mani di Enrico Bonetti, che è stato nominato Chief Operational Officer, e di Claude Centofanti, che è stato scelto come Chef Executive Officer.

Sia Bonetti che Centofanti hanno voluto sottolineare, nel primo discorso insieme, quanto sia stato importante il supporto che è stato garantito sia dal governo italiano che da quello francese per poter sviluppare in maniera efficace questo progetto. È chiaro che l’obiettivo di Naviris sia quello di affermarsi come uno dei punti di riferimento nell’ambito della difesa navale europea. In che modo? Attingendo a risorse e competenze comune tra i due marchi, senza però abbandonare i fattori di differenziazione che sono perdurati fino ad ora. Al tempo stesso, ci sarà una combinazione di capacità e competenze, dal punto di vista della ricerca e dello sviluppo, che indubbiamente potrà fare la differenza, soprattutto a livello di offerta di prodotti proposta nei confronti dei clienti.

Cybersicurezza, un settore pronto ad affrontare nuove sfide

Sono purtroppo ancora tantissime le aziende che tendono a sottovalutare tutti i rischi che sono connessi alla cyber security, non accorgendosi sia diventata una vera e propria priorità certamente per i privati, ma anche e ovviamente per le aziende.

Con il passare del tempo ci sono diversi elementi che possono essere oggetto di un attacco informatico: ad esempio, la sicurezza fisica, la protezione dei dati e della proprietà intellettuali, senza dimenticare anche la difesa di tutte quelle operazioni che vengono svolte con la clientela e con le aziende fornitrici.

Le prossime sfide del settore mirano inevitabilmente a far comprendere quali siano elevati i rischi che potrebbero essere affrontati da tutte le aziende che non agiscono in modo preventivo nei confronti di questa minaccia alla sicurezza dei dati.

Nonostante nel corso degli ultimi anni gli investimenti siano di certo aumentati, il quantitativo di aziende che ancora non ha la completa percezione di quelli che sono i pericoli derivanti dal settore cibernetico. Il lavoro, infatti, che bisogna ancora compiere per poter aumentare i livelli di sicurezza e farli diventare se non imperforabili, quantomeno ancora più alti, è ancora tantissimo.

Una conferma è arrivata anche dalla diffusione dello studio ribattezzato “2019 Cyber Resilient Organization”: si tratta di una ricerca che è stata effettuata da parte del Ponemon Institute, grazie alla sponsorizzazione di IBM. Dai risultati di tale studio emerge come la situazione sia ancora molto lontana dal poter essere definita accettabile. Addirittura il 77% delle aziende, infatti, non ha mai nemmeno in preso in considerazione la possibilità di realizzare un piano di risposta nei confronti di un potenziale attacco cyber.

Tra le restanti aziende che hanno predisposto un simile piano, addirittura oltre la metà non lo fa verificare in modo costante e frequente. Di conseguenza, è chiaro come non sia affatto aggiornata per poter affrontare e organizzare tutti quei processi che devono essere messi in atto in caso di cyber attack. Nel momento in cui si verifica un attacco ai dati piuttosto che ai dispositivi dell’azienda da parte di un hacker, infatti, il danno che viene patito dall’aziende è in realtà doppio. Infatti, non si tratta solo del danno che intercorre a livello economico, connesso alla perdita dei danni e alla sostituzione e riparazione dei vari device che sono stati oggetto dell’attacco. C’è da prendere in considerazione, infatti, anche il danno che subisce l’azienda a livello di reputazione.

Non è un caso, infatti, che tanti clienti, investitori e partner, quando c’è da valutare una possibile collaborazione con un’azienda, vanno a guardare non solo la capacità di quest’ultima di non cadere nei rischi di un attacco cyber, ma anche il grado di frequenza con cui si aggiorna il sistema difensivo, che poi permette sia di individuare che di rispondere ai vari attacchi.

Da tutto questo emerge solamente un aspetto fondamentale. Ovvero, che la cyber security è un aspetto che non può più passare in secondo piano. Un assunto che ovviamente sia per le aziende che per quanto riguarda i privati. Infatti, la cyber security fa riferimento a tante problematiche e aspetti che hanno a che fare con la vita di tutti i giorni delle persone, quindi con i dati dei rapporti con i fornitori, i dati e la privacy dei dipendenti di un’azienda e così via.

Nel corso degli ultimi anni, è emersa una netta fase di evoluzione nella lotta agli attacchi che vanno a colpire l’hardware dei device “endpoint”, tra cui anche pc e stampanti, che spesso finiscono nel mirino di un gran numero di hacker. Frodi e altri attacchi possono essere efficacemente combattuti solo con la prevenzione, come è stato ben messo in evidenza da Cookies Digital, la media agency del gruppo Cookies Factory, che lavora nel campo del digital entertainment, e ha da poco acquisito un aquota di minoranza di Opticks, , società spagnola specializzata nel rilevamento delle frodi nell’ambito della pubblicità online.

Il codice a barre compie 45 anni, alcuni cenni storici

Sono trascorsi ben 45 anni dal giorno in cui è stato emesso il primo beep di un codice a barre: correva l’anno 1974 e da quel momento è stato un crescendo e un’evoluzione continua, che hanno portato a toccare e superare ormai i 6 miliardi di scansioni ogni giorno.

Il codice a Barre GS1 ha, di fatto, rivoluzionato l’economia, dando un linguaggio con pochi eguali, e mettendo in evidenza i prodotti lungo la supply chain. Il numero delle imprese che ha previsto di dotarsi di un barcode ha superato ormai quota un milione e, dopo 45 anni, i servizi innovativi connessi all’evoluzione tecnologica sono estremamente numerosi.

È difficile accorgersene, visto che ormai è entrato a far parte della quotidianità, eppure il codice a barre ha segnato l’economia moderna: individuare e integrare i vari prodotti commerciati in tutto il pianeta, garantendone la piena tracciabilità, permettendo la condivisione delle informazioni ed eliminando numerosi errori che rendevano problematica un po’ tutta la filiera.

Chi non ha fatto caso almeno una volta al tradizionale beep che viene emesso dal codice a barre nel momento in cui viene letto da parte delle casse al supermercato? Il codice a barre ha una caratteristica unica nel suo genere, ovvero quella di essere global, dal momento che viene riconosciuto in qualsiasi luogo e in ogni caso, abbattendo qualsiasi tipo di barriera dal punto di vista geografico e culturale, risultando un grande vantaggio anche per le imprese di nazioni e continenti differenti.

Furono Norman Joseph Woodland e Bernard Silver ad avere l’intuizione geniale: dopo aver visto in riva al mare delle linee tracciate sulla sabbia, ebbero l’idea di creare un codice per identificare i prodotti, in maniera tale che, al passaggio nelle casse, potesse essere riconosciuto in via del tutto automatica e che rendesse più rapidi i pagamenti e sveltisse le code all’interno dei supermercati. Se nel 1948 l’idea era probabilmente troppo futurisitica per quell’epoca, l’invenzione del laser e lo sviluppo dell’economia posero le basi per il suo lancio definitivo: correva l’anno 1973 e, dopo ben quattro anni di test e lavori, ecco che l’associazione americana delle più importanti aziende che operavano nel settore alimentare, adottò il codice a barre GS1.

Il primo beep, come detto, risale invece al 1974: il codice a barre viene usato per la prima volta in un negozio per la vendita di un pacchetto di gomme da masticare Wrigley’s gusto juicy fruit, che costava solamente 61 centesimi, in un supermercato Marsh in Ohio. Da quel momento la sua espansione e diffusione non ha conosciuto davvero più alcun limite.

Nel corso degli anni è sorta anche un’organizzazione mondiale neutrale, denominata GS1, che si trova in ben 114 Paesi e che ha il compito di sviluppare e conservare il codice a barre GS1, facendo rispettare i vari standard internazionali. In Italia, il solo ente autorizzato in tal senso è GS1 Italy, l’unico che ha la facoltà di rilasciare i codici a barre.

Il codice a barre GS1 attualmente più diffuso è quello denominato EAN-13: si caratterizza per essere composto da una serie numerica di 13 cifre che, dal punto di vista grafica, è stata tradotta in tredici barre verticali, che servono proprio per la lettura ottica. Come viene letto il barcode? Semplice: le prime nove cifre si riferiscono al prefisso aziendale GS1, mentre le successive tre rappresentano il codice del prodotto e, infine, l’ultima corrisponde alla cifra di controllo.

Al giorno d’oggi, quasi non ci facciamo più caso, e sembra che il codice a barre sia qualcosa di scontato, eppure non è caso se è stato inserito per ben due volte all’interno del libro “Le 50 cose che hanno fatto l’economia moderna”. Il codice a barre è, di fatto, una delle invenzioni più importanti e rivoluzionarie di tutti i tempi in ambito economico. Un segno grafico, basato sulla presenza di 13 barre verticali, di cui ognuna ha una corrispondenza con una certa cifra, che ha portato una vera e propria rivoluzione non solo nel commercio, ma anche in tanti altri settori. I dati sono impressionanti: basti pensare che la velocità di lettura degli scanner laser moderni è pari a 40-200 scansioni al secondo. Probabilità che il codice a barre commetta un errore? Una su 1 milione!

 

 

 

Banca Popolare di Bari, ok definitivo alla nascita dell’Osservatorio

L’ultima riunione del Consiglio di Amministrazione della Banca Popolare di Bari ha portato in dote importanti novità, anche se in realtà si sapeva già tutto dallo scorso 8 agosto, quando era stata anticipata l’intenzione dell’istituto pugliese di costituire un vero e proprio “Osservatorio sul contesto istituzionale e di mercato”, dedicato alla gestione dei rapporti con i Soci.

Ebbene, l’Osservatorio adesso è finalmente realtà e si comporrà di tre membri: si tratta del dottor Lorenzo Gorgoni, del prof. Giovanni Ferri e del prof. Canio Trione. Il primo aspetto da sottolineare riguarda due peculiari elementi che caratterizzeranno l’azione dei tre membri dell’Osservatorio, ovvero l’autonomia e l’indipendenza di cui potranno godere nei confronti della Banca Popolare di Bari.

L’Osservatorio è stato costituito nell’intento di occuparsi di tutti quei problemi, ma anche temi di prim’ordine che fanno riferimento al rapporto tra i Soci e la Banca. Non solo, dal momento che si occuperà anche di gestire tutte quelle iniziative che hanno come fine ultimo l’aumento della liquidibilità delle azioni, con la possibilità di promuovere delle azioni ben precise per permettere di recuperare più valore sociale possibile.

È chiaro che il lavoro dell’Osservatorio dovrà essere facilitato dal fatto che il CdA dovrà aggiornarlo di continuo sulle scelte strategiche a livello industriale che la Banca vorrà perseguire, ma dovrà informarlo anche su tutti gli scenari che potrebbero venirsi a creare in seguito all’aggregazione tra Banche Popolari. Ovviamente, i tre membri dell’Osservatorio potranno presentare delle proposte dinanzi al CdA dell’istituto di credito pugliese, nel tentativo di migliorare il più possibile i rapporti tra i Soci, la Banca e le associazioni dei consumatori.

Tra l’altro, nell’ultima riunione del CdA è stata decisa anche la proroga della scadenza per poter aderire al “Protocollo per la Realizzazione di una Procedura di Conciliazione”, come d’accordo con quanto suggerito dal Comitato per la Tutela degli Azionisti, raccogliendo una prima adesione da parte di numerose associazioni dei consumatori, tra cui Codacons, Confconsumatori e Lega Consumatori.

Auxilia Finance, la VII Convention: il Nuovo Business Digitale

Auxilia Finance, società di mediazione creditizia leader del settore per mutui e prestiti finanziamenti alle imprese, è pronta per la Settima Convention annuale con numeri davvero esaltanti: l’azienda cresce in maniera decisa, grazie alle strategie legate all’adozione di un rinnovato modello di business digitale, ed una profonda riorganizzazione aziendale.

Auxilia Finance, la VII Convention: 28 febbraio – 1 Marzo 2019, all’Ergife Palace di Roma

Auxilia Finance arriva all’appuntamento annuale mantenendo costanti i propri obiettivi di innovazione digitale. L’amministratore delegato Samuele Lupidii, che ricorda come nella convention dello scorso anno, si erano proposti non solo importantissimi obiettivi di crescita, ma anche di tecnologia e multicanalità. “Il futuro inizia oggi”, si era detto.

Nel corso dell’anno, la società di proprietà della Fiaip, leader della mediazione creditizia, ha messo in atto importanti strategie per confermare la vocazione estremamente innovativa.

I risultati oggi “sono reali e tangibili”, come ricorda lo stesso Lupidii, ” e la convention sarà il luogo ideale per illustrarli compiutamente alle istituzioni, ai partner, ai dipendenti ed ai nostri collaboratori.

Auxilia Finance per il 2019

Le novità di Auxilia Finance per il 2019 si evidenziano già dal titolo: Let’s Phygital (ottenuto dal gioco di parole Digital – Physical) rappresenta qualcosa in più di un semplice slogan, in quanto evidenzia come la rivoluzione digitale dell’azienda sia imprescindibile dal contatto con il cliente, con una vera e propria integrazione fisico – virtuale tra la tecnologia ed una rete di collaboratori professionisti del credito.

Secondo l’Amministratore Delegato di Auxilia Finance Lupidii questo dell’integrazione è un passaggio davvero determinante, in quanto ogni singolo cliente deve essere sempre libero di scegliere come utilizzare i servizi proposti. Il compito di Auxilia Finance deve essere sempre quello di rispondere alle singole richieste che pervengono sia fisicamente, ai professionisti del credito, sia attraverso le piattaforme digitali o i supporti mobili.

Si tratta sicuramente di un compito gravoso, una vera e propria sfida che la società raccoglie ogni anno e porta a termine brillantemente con concreti risultati di crescita.

Auxilia Finance, le tappe della VII Convention

La Settima Convention di Auxilia Finance avrà luogo a Roma, presso l’Ergife PAlace di via Aurelia 619, dal 28 febbraio al 1 marzo 2019. Il programma prevede una fitta serie di incontri, con l’A.D. Lupidii, con il Presidente di Auxilia Finance Flavio Miglioli, con il Presidente Nazionale Fiaip Gian Battista Baccarini, con diverse personalità del mondo della mediazione creditizia, con l’Amministratore Delegato di Ansaldo Energia Giuseppe Zampini.

E’ previsto altresì l’intervento del presidente dell’Organismo degli agenti finanziari e mediatori creditizi Catricalà, con il presidente Fogliani dell’ Associazione fra le Banche Popolari e membro del consiglio di presidenza dell’Abi; di Ombretta Main, della Direzione Rating di Legalità Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Lupidii ha inoltre precisato che “Venerdì 1° marzo si terrà la sessione aziendale della convention dedicata all’innovazione, alla competizione e all’aggiornamento del team: “Perché – ha concluso Lupidii – per essere competitivi sul mercato ed assicurarsi il futuro è indispensabile essere costantemente al passo con l’innovazione. Proprio questa è la via intrapresa da Auxilia Finance, quella del Phygital”.

 

Banca Popolare di Bari, autunno mese caldo: sentenza del Consiglio di Stato e cessione Npl da 800 milioni

Il 18 ottobre 2018 sarà una data molto importante per la Banca Popolare di Bari, dal momento ci sarà finalmente la sentenza di merito conclusiva che verrà diffusa dal Consiglio di Stato. L’istituto pugliese sembra proprio che possa convocare una nuova assemblea dei soci per metà dicembre, in modo tale da definire il processo di trasformazione in Spa. Nel corso degli ultimi mesi la Popolare di Bari ha lavorato molto in riferimento a tale obiettivo. Proprio per tale ragione, ha avviato il progetto per lo sviluppo del Piano Industriale 2018/2022: anche grazie al supporto garantito da Oliver & Wyman, il tutto dovrebbe essere definito prima della stagione autunnale.

Le tempistiche si stringono sempre di più, dal momento che il termine ultimo per l’adeguamento alla normativa prevista dal Decreto Milleproroghe è quello del 31 dicembre. Diverse fonti finanziarie hanno messo in evidenza come, una volta ultimato l’iter di trasformazione in società per azioni, per l’istituto pugliese potrebbe essere arrivato il momento di fare anche un altro passo importante. Infatti, in considerazione del nuovo piano industriale, potrebbe esserci spazio per iniziare un processo di quotazione in borsa. Non si tratterebbe, comunque, di un’operazione da chiudere in tempi rapidissimi, dal momento che in ogni caso servirebbe qualche mese per definirla.

Tra le altre novità legate alla Banca Popolare di Bari c’è anche quella di riuscire a concludere, prima dell’autunno, la prima operazione di cartolarizzazione multigacs/multioriginator. In che modo? Facendo leva sulla vendita di un portafoglio di Npl per una somma che si aggira intorno agli 800 milioni di euro. L’obiettivo dell’istituto pugliese, in questo caso, è essenzialmente quello di raggiungere importanti passi in avanti circa gli indici di qualità del portafoglio impieghi. Il tutto sempre cercando di rispettare la nuova modalità di gestione degli NPLs che è stata intrapresa dalla Banca Popolare di Bari.

Banca Popolare di Bari presenta Break: il mutuo che si può sospendere fino a tre volte

Avete mai sognato almeno una volta nella vita di poter bloccare il pagamento della quota capitale della rata del mutuo della vostra abitazione per dedicare un minimo di liquidità ai vostri sogni oppure per provare a soddisfare le varie esigenze della vostra famiglia? D’ora in avanti tale possibilità non sarà solo un mero desiderio, ma si trasforma in realtà, con la nuova proposta della BPB.

La Banca Popolare di Bari, infatti, ha lanciato un innovativo strumento che permette di guardare con maggiore serenità al futuro, riducendo notevolmente gli assilli e le preoccupazioni della quotidianità. Stiamo facendo riferimento a Mutuo Break, un mutuo ipotecario pensato proprio per i privati, che può essere sospeso fino a tre volte durante tutta la sua durata, senza eccedere i 12 mesi consecutivi per ogni opzione. Il vantaggio, chiaramente, è quello non solo di avere un mutuo su misura per soddisfare le proprie esigenze, ma anche la mancanza delle segnalazioni di criticità quando non si paga la quota capitale della rata.

I vantaggi saranno anche dedicati a tutti i soci, che potranno sfruttare alcune condizioni ancora più favorevoli in relazione a Mutuo Break. Ad esempio, uno spread promozionale dello 0,75% sul tasso fisso. Il numero massimo di rate sarà pari a 360 (che equivale ad una durata di 30 anni), mentre il tasso variabile sarà pari allo 0,90%.

La campagna pubblicitaria che accompagna il nuovo mutuo ipotecario che è stato lanciato da parte della Banca Popolare di Bari è stata realizzata dal gruppo Hdrà e ha come obiettivo primario quello di diffondere una migliore, sia dal punto di vista della fiducia che della positività, visione della vita. D’ora in avanti, quindi, anche la richiesta un mutuo non sarà più sinonimo di ansia e paura, ma sarà una scelta da vivere con maggiore leggerezza, attingendo al capitale grazie agli strumenti che vengono proposti dalla BPB.