Legge fallimentare: gli aggiornamenti

 Visto il periodo di crisi e la necessità che hanno avuto alcune imprese di chiudere i battenti dichiarando il fallimento, loro malgrado, i giuristi al governo e all’Erario, hanno dovuto mettere le mani sulla legge fallimentare che comunque è sempre stata un cantiere aperto.

Da settembre ad oggi sono state inserite due grandi novità: una riguarda gli aspetti cruciali della disciplina ed ha come obiettivo quello rafforzare l’impianto della riforma fatta qualche anno fa. In pratica si cerca di permettere, dove possibile, la prosecuzione dell’attività d’impresa anche dopo il fallimento, come garanzia nei riguardi dei creditori e a protezione del patrimonio aziendale.

La seconda novità riguarda gli adempimenti che i titolari d’impresa devono fare per dichiarare il fallimento. In questo caso le novità sono riassunte in una “sterzata digitale”, vale a dire che molte delle comunicazioni possono essere compiute attraverso il canale telematico.

In più si parla da settembre di modifiche che riguardano il concordato preventivo anticipato, la finanza interinale, l’indipendenza delle imprese e la responsabilità dei professionisti. L’obiettivo di tutte le misure è allentare, una volta dichiarato il fallimento, le pressioni esterne sull’impresa.

Numerosi anche i disincentivi messi in campo dal Governo per scoraggiare le imprese in crisi nell’accesso alle procedure di concordato preventivo o ai procedimenti di omologazione degli accordi di ristrutturazione.

Lo Stato batte cassa con le lotterie

 Lo Stato italiano si avvia verso il nuovo anno con tantissime novità per i contribuenti. Basta pensare a tutte le norme inserite nella Legge di Stabilità. Una delle cose più strabilianti è la rinuncia all’IMU che a tutti gli effetti, dall’anno prossimo, diventa una tassa municipale.

Lo Stato dà inoltre la possibilità ai Comuni e alle Regioni di aumentare l’aliquota addizionale. I Comuni lo potranno fare dal 2013 e ha scelto di ritoccare all’insù le “tariffe”, un’amministrazione su tre, mentre le Regioni potranno farlo dal 2014. Le addizionali peseranno sulle buste paga dei cittadini che saranno d’altro canto “tenuti buoni” dall’incremento dei bonus famiglia.

Le imprese, invece e così arriviamo al cuore del nostro discorso, si troveranno a far fronte ad un incremento del prelievo fiscale sulle video lotterie. La tassazione sulle somme giocate, il cosiddetto Preu (prelievo erariale unico) passa dal 4,5 al 5 per cento.

Limitazioni anche per quel che riguarda la pubblicità de giochi. Secondo le disposizione contenute nel decreto Balduzzi, il volume dell’advertising sarà più contenuto. Salta infatti la proroga contenuta nel maxiemendamento alla legge di stabilità.

Per quanto riguarda le video slot la tassa sale al 6 per cento per tutte le vincite superiori ai 500 euro. Da gennaio, infine, sarà indetta una gara per l’apertura di mille nuove sale da poker anche se quello online, dice il governo, potrebbe essere presto abolito.

Modello Eas entro il 31 dicembre

 L’Agenzia delle Entrate è clemente con gli enti non commerciali che sono in ritardo nella presentazione del modello Eas e concede loro fino al giorno di San Silvestro per mettersi in regola, inviando e pagando la sanzione.

Gli enti non commerciali di tipo associativo che hanno dimenticato di presentare il modello Eas entro la scadenza prevista, non perdono l’opportunità di beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dall’Erario ma hanno tempo per regolarizzare la posizione fino al 31 dicembre 2012.

Contestualmente alla presentazione del modello dovranno pagare una sanzione pari a 258 euro. Sono tenute al pagamento esclusivo della sanzione, senza dover trasmettere di nuovo il modello, le organizzazioni che hanno tardato nell’invio dei documenti.

Questo tipo di precisazione è arrivato con la risoluzione 110/E del 12 dicembre con cui l’Agenzia delle Entrate ha cercato di fornire spiegazioni alle domande poste dal Forum del terzo settore.

Per applicare dunque la cosiddetta remissione in bonis gli enti non commerciali di tipo associativo devono rispettare dei criteri definiti, per esempio possedere i requisiti indicati nella disciplina che s’intende applicare, eseguire l’adempimento mancato entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile, versare la sanzione prevista di 258 euro.

La scadenza per la presentazione del modello Eos e i tempi per la remissione in bonis (presentazione del modello Eas + pagamento della sanzione) dipendono dalla data di costituzione dell’ente non commerciale. Una tabella esplicativa è fornita su FiscoOggi.

Accordo Erario-CIA sui servizi online

 L’Agenzia delle Entrate ha siglato un accordo con la Confederazione italiana agricoltori, con Coldiretti e con Confagricoltura al fine di monitorare l’attività sul territorio, promuovere l’uso dei servizi online tra gli agricoltori e offrire loro in cambio un canale privilegiato di contatto con l’Erario.

L’obiettivo principale, dunque, è quello di generare meno fila agli sportelli e rispondere più velocemente alle domande poste dagli agricoltori, attraverso l’incentivazione degli strumenti informatici online. Tra tutti gli strumenti deve essere sicuramente spinto quello relativo alla registrazione dei contratti d’affitto dei fondi rustici.

E’ questo il nucleo dell’accordo tra Agenzia delle Entrate, CIA, Coldiretti e Confagricoltura. L’Erario ha preso un impegno con questa categoria di lavoratori: analizzare tutte le istanze di riesame in autotutela, fornite tramite Civis e tramite PEC, e fornire una risposta alle stesse entro 10 giorni. Le Entrate si sono impegnate anche nel miglioramento della procedura di registrazione telematica del contratto di affitto dei fondi rustici ed ha aperto un canale privilegiato di dialogo con gli agricoltori per far sì che usino gli strumenti telematici ed evitino le file agli sportelli.

La CIA, la Coldiretti e Confagricoltura hanno aderito totalmente ai principi dell’accordo e si sono impegnate a promuovere tra gli iscritti l’uso dei servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, sensibilizzando tutti all’uso di canali Civis e Pec per la richiesta di assistenza su cartelle esattoriali e comunicazioni varie. 

Se hai la partita IVA “risiedi in Italia”

 La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 21380 del 30 novembre 2013 ha ribadito che un soggetto straniero che abbia ottenuto la partita IVA, ha in Italia una sua stabile organizzazione. Il concetto, che sembra molto immediato, non era condiviso a livello normativo.

Il fatto che ha reso necessaria la precisazione è una notifica inviata dall’Agenzia delle Entrate ad una società non residente del nostro paese per negarle il rimborso dell’IVA nonostante la regolare richiesta inviata dall’azienda.

La negazione è stata giustificata dal possesso di un codice fiscale e di una partita IVA italiani. Questi particolari hanno consentito all’Erario prima e alla Corte di Cassazione poi di presumere l’esistenza di un’organizzazione stabile nel nostro paese.

Il che vuol dire che non sono posseduti i requisiti elencati nell’articolo 38-ter del Dpr numero 633 del 1972 che dà diritto ai soggetti non residenti di chiedere il rimborso IVA.

Il rimborso Iva è accordato a tutti i soggetti domiciliati e residenti negli stati membri della Comunità UE nel caso in cui non abbiamo un’organizzazione stabile nel nostro paese. La società coinvolta nella diatriba ha presentato ricorso e ottenuto l’avallo della Commissione tributaria provinciale.

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza e il ricorso è stato accolto dalla Corte di Cassazione.

Pagamenti: un “aiuto” alle imprese

 Un nuovo decreto ufficiale è stato pubblicato in Gazzetta ed interessa tutte le aziende italiane perché legifera sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Il decreto non fa altro che recepire una direttiva comunitaria del 2011.

Cosa succederà dunque a partire dal primo gennaio 2013? Tutti i nuovi contratti tra le aziende e tra le aziende e le PA dovranno rispettare i nuovi termini di pagamento per evitare more, risarcimenti o nullità delle clausole. 

Il pagamento di merci e servizi dovrà essere effettuato entro 30 giorni se non sono stati previsti altri termini, oppure entro 60 giorni se esiste un termine definito nel contratto. Se del contratto fanno parte beni e servizi forniti da un’impresa pubblica o partecipata da Stato, Regioni, province ed altri enti locali, o se fanno parte del contratto enti che forniscono assistenza sanitaria, il termine di pagamento è automaticamente di 60 giorni.

Nel caso di ritardo di pagamento, sono previsti degli interessi sulla somma da versare, calcolati giornalmente, equivalente all’8 per cento della somma da versare, ma le imprese possono anche concordare un diverso tasso d’interesse.

In più, chi fa credito ottiene anche 40 euro come risarcimento forfettario del danno e un rimborso dei costi eventualmente sostenuti per il recupero crediti. Regole specifiche sono state definite per le Pubbliche Amministrazioni. Il riferimento normativo è il decreto legislativo 192/2012.

Nuove norme sui pagamenti alle aziende

 Molte aziende che lavorano con la pubblica amministrazione o con imprese molto più grandi si trovano in difficoltà con i pagamenti visto che ottengono in modo molto diluito e spesso in ritardo, il pagamento per prestazioni e servizi erogati.

Ora, questa consuetudine che deprime l’iniziativa soprattutto delle piccole imprese, è stata arginata con il Decreto Legislativo n. 192/2012, inserito nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre, che legifera proprio sui pagamenti nelle transazioni commerciali.

Tutti i nuovi contratti di compravendita di merci e servizi che partiranno dal primo gennaio 2013, dovranno rispettare la nuova normativa.

Termini di pagamento. Il pagamento di merci e servizi deve essere effettuato entro 30 giorni se il contratto non prevede alcun termini, entro 60 giorni se le parti si sono accordate per questo lasso di tempo. Per i rapporti tra imprese e PA, il termini massimo applicabile per i pagamenti è automaticamente di 60 giorni.

Se i tempi non sono rispettati intervengono i cosiddetti interessi moratori da corrispondere secondo il tasso legate di riferimento aumentato di 8 punti percentuali. Gli interessi per il ritardato pagamento vanno calcolati su base giornaliera. Le imprese, tra loro, possono concordare anche interessi diversi.

Al creditore, in più, spetta anche un importo forfettario di 4o euro per il risarcimento del danno e il rimborso dei costi sostenuti per il recupero dei crediti.

Appalti e subappalti a rischio paralisi

 Da un mese circa è in vigore una normativa che impone alle imprese di pretendere il controllo su imposte e contributi pagati dai loro fornitori, al fine di saldare il conto dei servizi erogati. Tanti i dubbi, una volta riconosciuta la bontà degli intenti.

Abbiamo già visto il caso dell’imprenditore che si rivolge ad un artigiano per il lavoro e prima di saldare il conto chiede che oltre alla fattura l’artigiano gli fornisca anche la certificazione relativa a imposte e contributi correttamente versati durante la sua attività.

Questa legge, però, come espresso da più parti, rischia di paralizzare il sistema di concessione degli appalti e dei subappalti.

Il problema fondamentale è che gli operatori economici hanno moltissime scadenze da rispettare. Da un lato chi fornisce la fattura e deve fornire una documentazione aggiuntiva, è incalzato dalla necessità di incassare la fattura stessa.

Chi invece la fattura la riceve deve ricordarsi di chiedere la certificazione dell’adempimento degli obblighi contributivi ed erariali ad un fornitore e allo stesso tempo deve fornire la stessa certificazione al committente in un circolo che sembra fatto più di scartoffie che di reale lotta all’evasione.

Le nuove disposizioni sono contenute nell’art.13-ter del Decreto Legge n. 83 del 2012 e si riferiscono alla responsabilità solidale negli appalti. Le disposizioni sono operative dall’11 ottobre.

Le imprese aiutano il fisco, ma come?

 Tutto ruota attorno al concetto di “responsabilità solidale per le imposte e i contributi non versati” e questo argomento è stato oggetto di un accordo molto interessante che ha visto uniti nella lotta all’evasione fiscale, l’Agenzia delle Entrate e l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.

Tutti gli imprenditori, gratuitamente, possono collaborare con il fisco accertando nella loro attività che il cliente o il fornitore abbia un rapporto regolare con l’Erario e con l’INPS, abbia cioè versato contributi e imposte per l’attività erogata.

Facciamo un esempio, riportato anche da Italia Oggi. Un imprenditore ha la necessità di riparare il cancello d’ingresso della sua azienda e per farlo ha deciso di rivolgersi ad un fabbro che dopo aver effettuato la riparazione offre all’imprenditore la sua fattura.

Al momento del pagamento l’imprenditore chiede al fabbro anche la certificazione del versamento delle imposte e dei contributi perché senza quell’attestato non può saldare il conto. Il fabbro che svolge la sua attività alla luce del sole, si rivolgerà al commercialista o al Caf e in poche ore metterà a disposizione dell’imprenditore la certificazione richiesta.

In caso contrario l’imprenditore non può saldare il conto, altrimenti rischia sanzioni che vanno dai 5000 ai 20o mila euro, oltre alla responsabilità per le imposte e i contributi non versati. Questa legge è in vigore da un mese ma molti criticano l’operato del Fisco che rischia di paralizzare l’attività artigianale.

Adempimenti del datore di lavoro per usufruire degli sgravi contributivi

La circolare contiene le norme sulla gestione dell’apprendista e dell’apprendistato da part delle aziende soprattutto a riguardo delle agevolazioni previste a partire dal I gennaio 2013, di seguito gli aspetti principali.

Tutela previdenziale e assistenziale

Gli apprendisti passeranno, per quanto riguarda assicurazione e contribuzione, alla ASpI (Assicurazione sociale per l’impiego), con un piccolo aumento del carico contributivo aziendale (1,6%)

Limiti quantitativi delle assunzioni

Ogni azienda potrà assumere con contratti di apprendistato un numero di persone che deve rientrare in un rapporto numerico di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate già in servizio. Per le aziende fino a 10 dipendenti, invece, viene mantenuto il rapporto del 100%, come previsto dalla precedente normativa.

Sgravio contributivo per gli apprendisti assunti dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2016

Per le aziende fino a un numero di addetti pari o inferiore a nove, è previsto lo sgravio totale dei contributi a loro carico per i periodi contributivi maturati nei primi tre anni di contratto di apprendistato.

Condizioni e durata degli sgravi contributivi

Le agevolazioni contributive previste dall’Inps sono operative per i primi tre anni di contratto. Dopo il terzo anno, se ancora sussiste tra datore di lavoro e dipendente il contratto di apprendistato, l’azienda è tenuta a contribuire con aliquota del 10%.