Opzioni binarie e fiscal cliff: il nuovo anno

 L’America sta tentando di affrontare nel modo più sereno possibile la prospettiva del baratro fiscale e il fatto che abbia saputo rispondere in modo tempestivo alle richieste degli investitori ha entusiasmato le borse, sia quelle europee sia quella di Wall Street.

Adesso su questa situazione che sta monopolizzando anche la cronaca finanziaria internazionale, si stanno concentrando gli investitori, soprattutto coloro che acquistano in modo prevalente oppure esclusivo le opzioni binarie. Perché a loro, per ottenere un rendimento, è chiesto di interpretare un trend.

Sicuramente c’è molta sensibilità per gli appuntamenti inseriti nell’agenda finanziaria. Il primo è a fine anno, la fine dei tagli fiscali previsti dall’amministrazione di Bush Jr che aprono le porte ad una nuova panoramica per il 2013.

Ecco cosa si prevede per il prossimo anno. Il primo gennaio le famiglie americane vedranno incrementare la loro tassazione del 2 per cento per effetto dell’eliminazione delle agevolazioni. In più, 26 milioni di famiglie dovranno pagare anche le Tasse Alternative Minime che sono destinate alle famiglie più ricche d’America, quelle che superano una quota di reddito definita dallo staff di Obama.

La Casa Bianca, però ha già in mente anche di tagliare il budget di governo, ridurre i finanziamenti per l’Ente federale assistenza statale e tagliare i fondi al dipartimento Istruzione. Così si dovrebbero riportare in cassa circa 800 miliardi di dollari l’anno ma a che prezzo?

Opzioni binarie e fiscal cliff: i tagli fiscali

 Il pericolo del fiscal cliff per l’America e l’eventualità che questo colosso dell’economia internazionale attraversi una fase di stallo negli investimenti all’estero, ha irrigidito temporaneamente gli scambi. Il fatto che l’America si sia dimostrata pronta a fornire una “soluzione” agli analisti e agli investitori, ha poi rasserenato le borse.

Ecco allora che chi investe in opzioni binarie ha osservato un’oscillazione “pericolosa” dei titoli, difficile da prevedere benché contenuta in un range gestibile. Ne è emerso che il tema del fiscal cliff e della sua risoluzione interessa molto il mercato e chi investe in opzioni binarie deve guardare con attenzione ai prossimi eventi in calendario.

Sapere in anticipo quello che l’agenda economica e finanziaria di un paese prevede, aiuta molto nella definizione del trend. Siamo molto al di là della “solita” definizione di “baratro fiscale”, adesso andiamo ad analizzare il primo elemento che potrebbe incider sul fiscal cliff.

Il presidente George W. Bush aveva varato una legge contenente alcuni tagli fiscali in scadenza alla fine dell’anno. In realtà la deadline della normativa era prevista per il 2010 ma poi l’America ha sentito la necessità di prorogare di due anni la legge dopo un lungo braccio di ferro tra il Presidente Obama e la componente Repubblicana del Congresso.

All’orizzonte, dunque, un aumento della tassazione dei lavoratori americani che per il prossimo anno spenderanno molto meno.

La Francia perde la tripla A

 Chi investe in opzioni binarie, in questi ultimi giorni sta sicuramente tenendo sotto controllo la situazione della Francia, visto che dopo il “crollo” dell’economia tedesca, sembra il paese papabile per il prossimo passo falso nella cornice del Vecchio Continente.

Cosa sta succedendo alla Francia. Fondamentalmente Hollande sta provando a rispettare le promesse fatte all’elettorato nella campagna delle presidenziali e al tempo stesso sta provando ad evitare la recessione. Invece quello che è accaduto è stata un’accelerazione del declino dei conti francesi dopo la presa di coscienza dell’avvio della recessione tedesca. 

Alla fine bisogna arrendersi alla fotografia che del paese fanno l’Economist prima e Moody’s subito dopo. Il quotidiano economico aveva dedicato a Parigi un recente approfondimento definendo la Francia la bomba ad orologeria dell’Europa, con possibili effetti, dell’esplosione, anche sui paesi periferici. 

Moody’s sembra continuare il discorso: la Francia non offre speranza per il futuro finanziario del paese, l’outlook è assolutamente negativo. Il fatto è che ha perso competitività rispetto alla Germania, è troppo esposta sui mercati periferici dell’UE e non dà garanzie riguardo lavoro e servizi. In futuro, cioè la rigidità del mercato del lavoro e dei servizi potrebbe risultare bloccante per l’economia intera.

A questo punto, secondo Moody’s, ci sono tutti gli elementi per togliere la tripla A alla Francia che vede assegnata ai suoi titoli di stato la classe AA1.

Il prossimo default è quello francese?

 C’è chi è pronto a scommettere che il prossimo paese a rischiare il default, in Europa, sia proprio la Francia che, insieme alla Germania è considerata uno degli assi portati dell’economia dell’UE. Questa ipotesi è stata sostenuta a motivata dall’Economist.

La rivista economica, le cui parole sono state riportare in Italia anche da Il Post, spiega che l’economia francese ha i minuti contati e sta per esplodere. Se questo dovesse accadere ci potrebbero essere delle serie ripercussioni su tutta l’economia europea.

All’argomento l’Economist ha dedicato la copertina della settimana, sembra infatti che i conti che si trova oggi a gestire Hollande con il suo staff, siano più preoccupanti di quelli della Grecia, del Portogallo, della Spagna e dell’Italia stessa.

Secondo l’Economist la Francia ha fatto un grande errore: battersi per il rafforzamento dell’euro e per l’istituzione del fondo Salva Stati permanente. Economicamente, infatti, non può permetterselo, almeno fino a quando non approverà le riforme strutturali che servono per ravvivare l’economia.

La prima manovra economica di Hollande è stata molto corposa, ben 30 miliardi di euro in due anni, di cui, due terzi sono estratti dalle nuove tasse e solo 10 miliardi dai tagli alla spesa pubblica. La previsione per l’ultima parte dell’anno è la recessione anche se per il 2013 si prevede una crescita dello 0,8 per cento e un rapporto debito/PIL vicino al 91,5 per cento.

Il caso dell’Islanda è emblematico?

 Chi investe in opzioni binarie deve sempre tener presente le interpretazioni che gli analisti forniscono della situazione di alcuni paesi. Sotto la lente d’ingrandimento, dopo il discorso del presidente dell’Ecuador Correa in un convegno a Milano, ci sono i casi dell’Ecuador, chiaramente, dell’Argentina e dell’Islanda.

Abbiamo visto la scelta dell’Ecuador di non pagare i debitori e poi di ricomprare i bond non giudicati irregolari. Abbiamo anche considerato il percorso molto diverso dell’Argentina che, preoccupata soprattutto di costruire il consenso elettorale, si è lanciata verso una spesa pubblica ormai fuori controllo.

L’Islanda, a livello “interpretativo” somiglia molto all’Ecuador e in qualche modo s’allontana dal caso argentino. Ecco qualche elemento utile ai fini interpretativi.

L’Islanda, per prima cosa, è considerata all’avanguardia dal punto di vista della democrazia elettronica dopo la scelta del nuovo governo di farsi aiutare dai cittadini a riscrivere la costituzione. Gli analisti dicono che è stata agevolata dal fatto che non ci sono poi così tanti abitanti nel paese ma ai fini interpretativi è marginale.

Quello che c’è da considerare è che in primo luogo la crisi dell’Islanda è riconducibile al fallimento delle banche del paese e, in secondo luogo, bisogna ricordare che i responsabili della crisi sono finiti sotto processo. Il virtuosismo islandese, dunque, è fuori discussione.

La situazione Argentina

 L’Argentina, come l’Ecuador e l’Islanda, è considerato un caso di studio in materia di risanamento del debito pubblico. In realtà il metodo scelto dai vari paesi non è proprio ortodosso e molti analisti restano scettici sulla validità del percorso definito.

Abbiamo visto cos’è successo in Ecuador dove il presidente Correa ha ben pensato di non pagare più i suoi debitori, poi ha comprato il 91 per cento dei bond giudicati irregolari ed ha iniziato una nuova vita. Correa è intervenuto in un convegno e le sue proposte sono state molto apprezzate da chi si occupa di opzioni binarie perché suggeriscono un punto di vista di verso per analizzare i trend di mercato.

Riguardo l’Argentina, ecco qualche elemento interessante per capire se ci sono casi analoghi in Europa. L’Argentina, più che usare metodi economicamente poco ortodossi come l’Ecuador, ha pensato invece di azzardare qualcosa, di rischiare ma oggi deve fare i conti con gli effetti devastanti delle sue scelte.

In pratica l’Argentina ha scelto di aumentare la spesa pubblica con agevolazioni, sussidi e aumenti sugli stipendi pubblici. Ogni mossa è stata finalizzata alla costruzione del consenso elettorale ma, diversamente rispetto all’Ecuador, l’Argentina non aveva più soldi in cassa.

Oggi l’inflazione è alle stelle e il paese, per gli investitori, si qualifica come inaffidabile.

Il discorso di Correa fa discutere

 Gli investitori che vogliono affidare i propri risparmi al sistema delle opzioni binarie per ridurre i rischi d’investimento ai minimi termini, sono sicuramente a conoscenza del problema del debito pubblico che oggi ossessiona l’Europa, ma che in passato è stato al centro dei problemi di Ecuador, Argentina e Islanda.

In questi giorni ha fatto molto discutere il discorso che ha tenuto il presidente dell’Ecuador Rafael Correa all’università Bicocca di Milano. Il suo paese infatti, ha assaggiato il default nel 2008 ed oggi sembra essersi ripreso.

In realtà non tutti sono d’accordo sul fatto che non pagare il debito accumulato sia la soluzione per superare questo problema. Il discorso di Correa fa temere per le scelte future dei paesi dell’UE maggiormente in difficoltà. Ma come potrebbero essere influenzati dall’esperienza dell’Ecaudor?

Il metodo usato da Correa è stato il seguente: il presidente ha messo in pratica quanto promesso nella campagna elettorale, cioè ha valutato prima come irregolari 3,5 miliardi di dollari di bond emessi; poi, quando gli stati esteri hanno iniziato a chiedere risarcimenti sequestrando i beni dell’Ecuador fuori dai confini di stato, la nazione ha provveduto a ricomprare dai suoi creditori il 91% dei bond emessi.

Il paese, c’è da dirlo, aveva un bel po’ di soldi da parte ed avrebbe potuto saldare i conti. Il metodo poco ortodosso ha consentito al paese di riemergere e Fitch, oggi ha modificato l’outlook da stabile a positivo. Il paese cresce, infatti, anche se deve recuperare ancora 6 livelli dell’investment grade per essere considerato affidabile.

La paura della recessione deprime gli investimenti

 La zona Euro soffre molto per i dati sulla crescita economica che arrivano non solo dall’Italia, dalla Spagna e dalla Grecia ma anche dalla Germania e dalla Francia che rappresentano il fulcro dell’attività economica dell’Eurozona.

Il problema dei dati trimestrali dell’economia UE è che non lasciano intravedere alcuno spiraglio per cui viene da pensare che la performance negativa sia destinata a deprimere i flussi per lungo periodo. Minori scambi vuol dire anche minori investitori e mercati spaventati dalla recessione.

Effetti immediati di questa situazione si possono avere anche sul popolo dei lavoratori e dei contribuenti. Vediamo nel dettaglio i dati sul Prodotto Interno Lordo di Francia, Germania, Italia e della Zona Euro in generale.

Per quanto riguarda i nostri vicini, il dato precedentemente registrato era una flessione dello 0,1 per cento  e si attendeva un pareggio, mentre è stato rilevato un +0,2 per cento.

Per la Germania invece, il dato precedente era una crescita dello 0,3 per cento, si attendeva uno 0,1% e ci si è dovuti arrendere allo 0,2 per cento.

Per l’Italia, l’ultimo dato rilevato era un -0,7%, ci si aspettava un -0,4 per cento e ci si è sorpresi con una rilevazione al -0,2 pe cento.

Per tutta l’Eurozona ci si aspettava una flessione dello 0,2 per cento e ci si trovati a fare i conti con una flessione dello 0,1 per cento.

Scommettiamo sui dati dell’export italiano

 I dati dell’export italiano non fanno sicuramente piacere a quanti pensavano di far svoltare la propria attività incrementando le vendite all’estero. I numeri dell’ultimo periodo, infatti, sono deprimenti e per trovare un quadro altrettanto deprimente bisogna andare indietro fino all’inizio della crisi.

Questo non vuol dire che non si possa fare tesoro dei dati economici che riguardano il nostro paese che sono uno strumento fondamentale per chi si occupa ed investe i risparmi in opzioni binarie. In tal senso sono fondamentali i numeri precisi.

L’export italiano ha subito un calo tendenziale del 4,2 per cento a settembre e questo vuol dire che il trend si conferma al ribasso e il miraggio dell’uscita dal tunnel della crisi si allontana vistosamente. L’Italia fatica a rimettersi sul binario della crescita ma stavolta non dipende certo dalle forze nostrane.

Gli italiani producono e vogliono esportare ma è crollata la domanda dei mercati stranieri e soprattutto di quelli europei. Il dito è puntato contro la Germania che ha ridotto l’import dall’Italia del 10,3 per cento con una diminuzione mensile degli acquisti che in euro si traduce in 453 milioni.

Alla situazione tedesca si aggiunge la flessione degli acquisti di Francia e Spagna mentre fa respirare un po’ l’export verso il Regno Unito che si assesta al +1 per cento.

Rinnovabili: il mercato è in crisi

 Chi investe nelle opzioni binarie vuole essere sempre al corrente delle tendenze del mercato, vuole sapere se ci sono settori dell’economia che, più degli altri, stanno mostrando un’inaspettata vitalità. Oggi, sotto osservazione c’è il mercato delle energie rinnovabili.

Secondo una buona parte degli analisti, infatti, ancora scettici sulla diffusione massiccia di questo stile energetico, le energie rinnovabili stanno vivendo un momento di gloria ma è solo una bolla economica, come quella che interessato internet e l’ICT in generale all’inizio del 2000.

I toni euforici con cui sono state salutate le aziende che si occupano di energie rinnovabili, oggi, si sono attenuati per due motivi fondamentali: per lo stallo nella ricerca della green economy e per il taglio di tantissimi incentivi e sovvenzioni. 

Il legame con gli incentivi statali determina tra l’altro lo spostamento continuo verso terreni d’investimento più redditizi. Un caso emblematico è quello dell’azienda danese Vestas che si occupa di energia eolica.

L’azienda ha annunciato che presto taglierà ben 5 impianti di produzione localizzati nei paesi scandinavi. Ci saranno circa 3000 posti di lavoro vacanti e la possibilità di essere riallocati sì, ma altrove, in particolare in Spagna dove l’energia eolica è in espansione e dove, soprattutto lo stato prevede numerosi incentivi.