L’oro difeso in momenti di crisi

 Chi investe in opzioni binarie e soprattutto nel particolare settore delle opzioni binarie legato alle materie prime, ha sicuramente osservato la tendenza dell’ultimo periodo che mira a proteggere le risorse e i risparmi aurei. Tutto dipende dalle condizioni globali dell’economia.

Il panorama economico. La premessa è tutte nelle condizioni economiche mondiali dove molti paesi del Vecchio Continente sono alle prese con piani d’austerity impopolari, tra tagli della spesa pubblica ed aumento delle tasse. La Grecia, poi, sembra davvero troppo lontana dalla rinascita. Sul versante opposto l’America sembra aver trovato la soluzione al fiscal cliff ma i dati positivi sono ancora troppo timidi.

Si capisce che sul fronte finanziario ci potrà essere molta incertezza e qualche oscillazione di troppo per l’anno prossimo. La soluzione è affidarsi a quei beni che anche sul lungo periodo possono garantire un buon rendimento. Chi ha almeno 44 mila euro da parte può acquistare degli ottimi lingotti d’oro, gli altri dovranno accontentarsi di fondi legati al metallo giallo, opzioni binarie e altri bene inseriti nei cosiddetti portafogli aurei.

Anche le banche propongono ai loro clienti di mettere al sicuro i risparmi investendo nell’Oro. Il responsabile del Servizio Oro della Banca dell’Etruria, per esempio, difende con sicurezza l’idea dell’oro in crescita anche per il 2013 senza dare dettagli sulla quota raggiunta ($ per oncia).

Fiscal cliff, le borse chiudono con entusiasmo

 Il fiscal cliff è stato considerato bloccante per gli affari degli Stati Uniti, sia per i traffici verso questo paese, penalizzato dall’apprezzamento del dollaro, sia per i traffici in uscita dall’America che ha frenato gli investimenti stranieri per paura di dover far fronte a gravi dissesti interni.

Oggi il precipizio fiscale, ad un giorno dalla soluzione trovata dall’amministrazione Obama, sembra un ricordo vago, soprattutto se si considera la reazione delle borse che già a metà mattinata erano fiduciose, benché in attesa di conoscere l’esito della riunione europea dedicata al caso greco.

Wall Street, alla fine della giornata può contare sul rialzo di tutti i suoi maggiori indici: il Dow Jones guadagna l’1,65 per cento, il Nasdaq cresce del 2,21 per cento e lo S&P 500 fa registrare un buon +1,98 per cento.

In Europa è molto interessante il progresso di Milano. Piazza Affari è incoronata migliore borsa europea nella giornata di ieri con una crescita del Ftse Mib del 3,05 per cento. Vanno bene anche Parigi il cui Cac 40 recupera il 2,93 per cento, Londra con un Ftse 100 al +2,36%, Francoforte che cresce del 2,49 per cento e Madrid che segna un balzo in avanti di 2,31 punti percentuali.

Interessante anche la reazione di Atene che alla fine della giornata fa registrare un +5,54 per cento.

Fiscal cliff, le borse si riprendono

 Sembra quasi un controsenso: il pericolo del fiscal cliff incombe e le borse si riprendono. In realtà questo accade perché i mercati e gli investitori sono convinti del fatto che gli Stati Uniti, presto, raggiungeranno un accordo sulla questione.

Le borse europee, dunque, nella giornata di ieri, fino a metà mattina si sono dimostrate molto vivaci. In America si vociferava che l’accordo sarebbe stato raggiunto in pochissimo tempo. In realtà a fare da traino ai listini del Vecchio Continente ha contribuito anche l’attesa per la riunione europea in cui i ministri delle finanze degli stati membri dovranno decidere sul pacchetto di aiuti da “versare” alla Grecia.

Interessante, quindi, il balzo in avanti di 1,5 punti percentuali del Ftse Mib che si è riportato prossimo a quota 15 mila punti. Le altre borse europee sono apparse comunque in rialzo, grazie ad esempio al +1,5 per cento di Parigi.

Le buone notizie sul fiscal cliff hanno influito sulle contrattazioni perché nel momento in cui l’America troverà una tregua sotto il profilo fiscale, dovrebbero riprendere le spese e gli investimenti degli USA.

Riguardo Piazza Affari che c’interessa più da vicino, osserviamo con piacere che lo spread è fermo nel range dei 350-355 punti che erano quelli della chiusura di venerdì. L’euro è scambiato a 1,276 dollari.

2013: prezzi degli immobili in ripresa

 Adesso, per essere al top, resta che si convincano soltanto gli italiani: il mercato tricolore è in ripresa e lo testimonia l’andamento del settore immobiliare che sembra essersi riedificato sulle ceneri di una crisi che ha depresso i prezzi delle case e le compravendite.

Gli italiani, in questi giorni, hanno soltanto un pensiero: pagare l’Imu che potrebbe impoverire il budget delle famiglie alle prese con le spese di fine anno. Eppure, se si considera la situazione dell’Italia e la si paragona a quello che sta succedendo in Spagna o in Olanda, si capisce subito che il nostro paese ha una marcia in più.

E’ questo quello che ci dice Bankitalia che ricorda come il rischio di una bolla immobiliare nel nostro paese sia ormai remoto. Il settore immobiliare, dunque, diventa emblematico nel discorso sulla stabilità finanziaria dell’Italia che è stato redatto in occasione della pubblicazione sul rapporto omonimo.

Il crollo delle compravendite immobiliari nei primi nove mesi dell’anno non ha inciso, secondo Panetta di Bankitalia, sulla riduzione dei prezzi delle case che sono calati soltanto del 7 per cento. Anche per il prossimo anno potrebbe continuare questa leggera discesa per poi arrivare ad una nuova stabilizzazione.

Non si andrà oltre perché il mattone potrebbe non essere più il terreno d’investimento privilegiato dagli italiani.

Il prossimo default è quello francese?

 C’è chi è pronto a scommettere che il prossimo paese a rischiare il default, in Europa, sia proprio la Francia che, insieme alla Germania è considerata uno degli assi portati dell’economia dell’UE. Questa ipotesi è stata sostenuta a motivata dall’Economist.

La rivista economica, le cui parole sono state riportare in Italia anche da Il Post, spiega che l’economia francese ha i minuti contati e sta per esplodere. Se questo dovesse accadere ci potrebbero essere delle serie ripercussioni su tutta l’economia europea.

All’argomento l’Economist ha dedicato la copertina della settimana, sembra infatti che i conti che si trova oggi a gestire Hollande con il suo staff, siano più preoccupanti di quelli della Grecia, del Portogallo, della Spagna e dell’Italia stessa.

Secondo l’Economist la Francia ha fatto un grande errore: battersi per il rafforzamento dell’euro e per l’istituzione del fondo Salva Stati permanente. Economicamente, infatti, non può permetterselo, almeno fino a quando non approverà le riforme strutturali che servono per ravvivare l’economia.

La prima manovra economica di Hollande è stata molto corposa, ben 30 miliardi di euro in due anni, di cui, due terzi sono estratti dalle nuove tasse e solo 10 miliardi dai tagli alla spesa pubblica. La previsione per l’ultima parte dell’anno è la recessione anche se per il 2013 si prevede una crescita dello 0,8 per cento e un rapporto debito/PIL vicino al 91,5 per cento.

Il caso dell’Islanda è emblematico?

 Chi investe in opzioni binarie deve sempre tener presente le interpretazioni che gli analisti forniscono della situazione di alcuni paesi. Sotto la lente d’ingrandimento, dopo il discorso del presidente dell’Ecuador Correa in un convegno a Milano, ci sono i casi dell’Ecuador, chiaramente, dell’Argentina e dell’Islanda.

Abbiamo visto la scelta dell’Ecuador di non pagare i debitori e poi di ricomprare i bond non giudicati irregolari. Abbiamo anche considerato il percorso molto diverso dell’Argentina che, preoccupata soprattutto di costruire il consenso elettorale, si è lanciata verso una spesa pubblica ormai fuori controllo.

L’Islanda, a livello “interpretativo” somiglia molto all’Ecuador e in qualche modo s’allontana dal caso argentino. Ecco qualche elemento utile ai fini interpretativi.

L’Islanda, per prima cosa, è considerata all’avanguardia dal punto di vista della democrazia elettronica dopo la scelta del nuovo governo di farsi aiutare dai cittadini a riscrivere la costituzione. Gli analisti dicono che è stata agevolata dal fatto che non ci sono poi così tanti abitanti nel paese ma ai fini interpretativi è marginale.

Quello che c’è da considerare è che in primo luogo la crisi dell’Islanda è riconducibile al fallimento delle banche del paese e, in secondo luogo, bisogna ricordare che i responsabili della crisi sono finiti sotto processo. Il virtuosismo islandese, dunque, è fuori discussione.

La situazione Argentina

 L’Argentina, come l’Ecuador e l’Islanda, è considerato un caso di studio in materia di risanamento del debito pubblico. In realtà il metodo scelto dai vari paesi non è proprio ortodosso e molti analisti restano scettici sulla validità del percorso definito.

Abbiamo visto cos’è successo in Ecuador dove il presidente Correa ha ben pensato di non pagare più i suoi debitori, poi ha comprato il 91 per cento dei bond giudicati irregolari ed ha iniziato una nuova vita. Correa è intervenuto in un convegno e le sue proposte sono state molto apprezzate da chi si occupa di opzioni binarie perché suggeriscono un punto di vista di verso per analizzare i trend di mercato.

Riguardo l’Argentina, ecco qualche elemento interessante per capire se ci sono casi analoghi in Europa. L’Argentina, più che usare metodi economicamente poco ortodossi come l’Ecuador, ha pensato invece di azzardare qualcosa, di rischiare ma oggi deve fare i conti con gli effetti devastanti delle sue scelte.

In pratica l’Argentina ha scelto di aumentare la spesa pubblica con agevolazioni, sussidi e aumenti sugli stipendi pubblici. Ogni mossa è stata finalizzata alla costruzione del consenso elettorale ma, diversamente rispetto all’Ecuador, l’Argentina non aveva più soldi in cassa.

Oggi l’inflazione è alle stelle e il paese, per gli investitori, si qualifica come inaffidabile.

Il discorso di Correa fa discutere

 Gli investitori che vogliono affidare i propri risparmi al sistema delle opzioni binarie per ridurre i rischi d’investimento ai minimi termini, sono sicuramente a conoscenza del problema del debito pubblico che oggi ossessiona l’Europa, ma che in passato è stato al centro dei problemi di Ecuador, Argentina e Islanda.

In questi giorni ha fatto molto discutere il discorso che ha tenuto il presidente dell’Ecuador Rafael Correa all’università Bicocca di Milano. Il suo paese infatti, ha assaggiato il default nel 2008 ed oggi sembra essersi ripreso.

In realtà non tutti sono d’accordo sul fatto che non pagare il debito accumulato sia la soluzione per superare questo problema. Il discorso di Correa fa temere per le scelte future dei paesi dell’UE maggiormente in difficoltà. Ma come potrebbero essere influenzati dall’esperienza dell’Ecaudor?

Il metodo usato da Correa è stato il seguente: il presidente ha messo in pratica quanto promesso nella campagna elettorale, cioè ha valutato prima come irregolari 3,5 miliardi di dollari di bond emessi; poi, quando gli stati esteri hanno iniziato a chiedere risarcimenti sequestrando i beni dell’Ecuador fuori dai confini di stato, la nazione ha provveduto a ricomprare dai suoi creditori il 91% dei bond emessi.

Il paese, c’è da dirlo, aveva un bel po’ di soldi da parte ed avrebbe potuto saldare i conti. Il metodo poco ortodosso ha consentito al paese di riemergere e Fitch, oggi ha modificato l’outlook da stabile a positivo. Il paese cresce, infatti, anche se deve recuperare ancora 6 livelli dell’investment grade per essere considerato affidabile.

Lagarde: trovare un’intesa sulla Grecia

 Queste ultime ore sono diventate cruciali per la Grecia che nonostante gli aiuti ottenuti fino ad oggi, non è riuscita a mettere in sicurezza i conti dello Stato ed oggi chiede un nuovo finanziamento e un tempo maggiore per restituirlo.

Diventa così fondamentale l’intervento delle istituzioni internazionali. La prima a prendere parola sulla Grecia è Christine Lagarde, il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale che – in un’intervista rilasciata alla Reuters, spiega l’importanza di raggiungere un accordo tra i creditori della Grecia.

Un accordo reale e non più promesse ed illusioni. Secondo la Lagarde la Grecia e l’Europa hanno bisogno di questo per raggiungere una tranquillità economica duratura evitando periodi lunghi, come quello attuale, pieni d’incertezza e di episodi che possono incrinare ancora l’economia greca.

Le parole del direttore del Fondo Monetario Internazionale arrivano dopo una dichiarazione un po’ pessimistica di Junker che la settimana scorsa ha espresso i suoi dubbi sulla possibilità che la Grecia riesca a portare il debito al 120 per cento entro il 2020. Il presidente dell’Eurogruppo ha previsto un rinvio almeno di due anni di questa scadenza ma è stata la dichiarazione di sfiducia a fare la differenza.

Si rischia così di posticipare ancora la tranche di aiuti richiesti dalla Grecia. Atene è in attesa di 31,5 miliardi di euro per sbloccare la situazione.

Offerta e prezzi dello zucchero

 Lo zucchero, anche per questa stagione, si avvia verso un deprezzamento che non ha precedenti, non tanto per le oscillazioni del mercato, quanto piuttosto per l’abbondanza del raccolto. Le grandi quantità di zucchero disponibili, eserciteranno delle pressioni al ribasso sui prezzi del prodotto in questione.

Nella scorsa settimana di contrattazioni sono già stati registrati i livelli minimi che non si riscontravano da due anni a questa parte, ma si va verso ribassi ancora più consistenti. La settimana scorsa lo zucchero grezzo ha raggiunto i 18,84 cents per libbra, mentre lo zucchero raffinato costa oggi 525,9 dollari per tonnellata.

In Europa, il prezzo dello zucchero resta alle stelle, basta pensare che una tonnellata di “dolcificante” arriva ad essere pagato anche 800 dollari. Questo dipende dal fatto che le scorte di zucchero nell’UE sono troppo poche. Per gli investitori appaiono cruciali le previsioni dell’ISO, l’International Sugar Organization che spiega come tra il 2012 e il 2013 ci sarà un’offerta eccessiva di zucchero, 6,2 milioni di tonnellate più del necessario.

A fronte di un incremento dell’1,4 per cento della produzione di zucchero da parte del Brasile che è il primo produttore mondiale di questo prodotto, ci sarà un aumento dei consumi previsto del 2 per cento. Nonostante ciò il periodo delle cosiddette scorte basse che ha caratterizzato il periodo dal 2008 al 2009 e dal 2011 al 2012 sembra sia stato archiviato.