Le pensioni degli italiani nel 2012

 L’ INPS, l’ Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale ha recentemente pubblicato la Relazione sul 2012, che riporta i dati relativi alle pensioni erogate nel corso dell’ anno passato, considerate dal punto di vista della spesa totale, sia da quella dei singoli contributi.

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Consigli per mettere al sicuro la propria pensione

 Molto probabilmente a breve saremo interessati da una nuova riforma delle pensioni che dovrebbe mettere un po’ di ordine nel caos esistente al momento. Ma, data la grave situazione nella quale versa l’Inps, l’Istituto che dovrebbe restituirci quanto dato in contributi durante il periodo lavorativo, è meglio provvedere a mettersi al sicuro.

In primo luogo si consiglia di controllare che i contributi maturati con il lavoro dipendente siano stati tutti correttamente versati.

Per farlo basta chiamare l’Inps è usufruire della busta arancione, il nuovo servizio dell’Inps che permette di avere un estratto conto aggiornato della propria storia contributiva.

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Grazie a queste prime informazioni si può così capire se sia il caso di provvedere al riscatto della laurea o del servizio militare.

In secondo luogo, poi, il consiglio degli esperti è quello di aderire ad un fondo pensione. In questo modo si può destinare una parte di quello che si guadagna mensilmente (solitamente si consiglia di investire il 10% di uno stipendio medio) ad un fondo pensione, che deve essere scelto in base alle proprie esigenze di contribuzione e al proprio profilo di investitore.

Le spese sostenute per la contribuzione al fondo pensione, inoltre, sono detraibili dalla dichiarazione dei redditi fino a 5.164,57 euro l’anno.

Come ottenere il rimborso per le pensioni d’oro

 Le pensioni d’oro non si possono toccare. Parliamo delle pensioni che valgono più di 90.000 euro all’anno e che negli scorsi anni sono state oggetto di tagli e prelievi, giudicati incostituzionali dalla Corte che si occupa proprio dell’aderenza delle leggi e dell’operato del governo alle leggi della nostra Costituzione.

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Quindi, dato che il taglio delle pensioni è anticostituzionale, l’Inps ha deciso di iniziare subito con i rimborsi per quanti hanno visto diminuire il proprio rateo mensile.

Lo ha comunicato con il messaggio n. 11243/2013, con il quale chiarisce le modalità per la rideterminazione degli importi delle pensioni e la restituzione di quanto ingiustamente tolto nel 2013, 2012 e 2011.

Ecco, nello specifico, cosa accadrà.

Pensioni della gestione privata

Dalla rata di agosto il rateo della pensione verrà ripristinato alla cifra precedente al Decreto legge n. 98/11 (convertito poi in legge n. 111 del 2011), che ha istituito il contributo di solidarietà. Sempre nello stesso documento, verranno comunicati anche i nuovi importi per le tassazioni in funzione dell’aumento dell’imponibile.

Nella mensilità di agosto, tutti i pensionati della gestione privata troveranno anche il rimborso di quanto trattenuto dall’Inps dall’inizio dell’anno (periodo gennaio – giugno per il contributo di solidarietà).

Pensioni della gestione ex Enpals

Per questi pensionati il contributo di solidarietà è stato sospeso già nel mese di luglio, mese dal quale il totale della pensione tornerà ai livelli pre-contributo di solidarietà e sarà anche maggiorato grazie al rimborso di tutte le cifre versate da gennaio a giugno del 2013. Anche in questo caso la stessa cedola conterrà anche le indicazioni sul nuovo ammontare della tassazione in funzione al ripristino del rateo spettante al contribuente.

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Pensionati della gestione ex Inpdap

Per i pensionati della gestione ex Inpdap il contributo di solidarietà verrà sospeso dalla rata di luglio, nella quale verrà ripristinato il valore originale – senza contributo di solidarietà – del rateo mensile e sarà, come negli altri casi, specificato il nuovo ammontare della tassazione.

Diversamente dagli altri casi, invece, il rimborso di quanto versato nel periodo gennaio – giugno del 2013, le somme trattenute dall’Istituto saranno rimborsate nell’assegno del mese di agosto, con la seguente tassazione:

– tassazione ad aliquota massima nel caso di titolari di unica prestazione;

– tassazione ad aliquota proporzionale nel caso di titolari di plurime prestazioni pensionistiche.

Le somme già trattenute dal’INPS per gli anni 2012 e 2013 saranno rimborsate in futuro, con tempistiche e modalità ancora da definire.

Come controllare l’ estratto conto della pensione online

 A partire dai primi del mese di Giugno 2013 l’ INPS, l’ Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, ha messo a disposizione dei lavoratori aventi diritto la possibilità di controllare attraverso il sito dell’ istituto il proprio estratto conto online relativo ai contributi pensionistici.

Possibile destinare il TFR ai fondi pensione

 Sebbene gli ultimi dati registrati dalla Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, parlino di una generale sospensione dei versamenti da parte dei titolari dei fondi di previdenza complementare, i risultati per coloro che hanno continuato a versare sono stati senza dubbio positivi.

Pensioni: come interverrà il governo su esodati, perequazione e ricongiunzione?

 Sono numerosi i nodi che devono essere sciolti per quanto concerne il fronte previdenziale inerente decine di migliaia di lavoratori. Esodati, ricongiunzioni e perequazione automatica. Queste sono alcune delle voci che vanno esaminate in maniera urgente. Quella degli esodati, unita al dicorso che verte su ricongiunzioni, totalizzazioni e perequazione automatica, è infatti soltanto una delle que­stioni che il nuovo esacutivo guidato dal Premier Letta ha avuto in ‘omaggio’ dalla gestione precedente.

Siamo dunque di fronte a questioni di elevata caratura sociale. Questioni che, infatti, influenzano in maniera determinante il potere d’acquisto dei pensionati o di coloro che, anche pensando di aver diritto ad una pensione, hanno visto tale diritto sparire quasi all’improvviso per via delle modifiche normative apportate dal Parlamento con il Dl 201/2011 e le precedenti manovre estive.

Esodati

Per quanto concerne gli «esodati» la legge sulla stabilità 2012 ha inserito alcune modifiche, allargando ad altri diecimila lavoratori la possibilità di avere ingresso al pensionamento in base alle regole che hanno preceduto la riforma «Monti-Fornero», e sborsando più di 500 milioni di euro per far fronte, tra il 2013 e il 2020, al pagamento delle pensioni dei lavoratori interessati.

In totale, tra finanziamenti disposti dalla legge n. 214/2011, di conversione del Dl n. 201/2011 («Salva Italia»), in parte modificati dalla legge n. 14/2012, di conversio­ne del Dl n. 216/2011 («Milleproroghe»), poi aggiunti dalla legge n. 135/2012, di conversione del Dl n. 95/2012 («Spending review»), e infine dalla legge n. 228/2012 (Legge di stabilità 2013), il Parlamento ha erogato circa 10 miliardi di euro, per finanziare il pagamento delle pensioni di circa 130mila «esodati», nel periodo compreso tra il 2013 e il 2020.

Per fare in modo che le norme di legge finalizzate alla salvaguardia dei diritti pensionistici dei lavoratori «esodati» vengano applicate, sono stati necessari tre decreti ministe­riali attuativi: il «Dm 1° giugno 2012», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2012, che stabilisce le modalità operative per il pensionamento di 65.000 lavoratori, e il «Dm 8 ottobre 2012» pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 gennaio 2013, che detta le medesime modalità relativamente ad altri 55.000 lavoratori e il Dm 22 Aprile 2013 che stabilisce la disciplina per ulteriori 10.130 lavoratori

Per quanto riguarda i primi dei due decreti, tali modalità si sono rivelate assai farraginose, al punto che il Ministero del lavoro sta ancora provvedendo al monitoraggio delle domande presentate dai lavoratori alle Direzioni territoriali del lavoro, che saranno successivamente inviate all‘Inps per la compilazione della graduatoria dei lavoratori aventi diritto. Per effetto di tale mancata definizione, ci sono lavoratori che, pur avendone effettiva­mente diritto, non possono ancora vedersi liquidata la pensione. Altri invece hanno già ricevuto la comunicazione di essere nel contingente.

Quanti sono gli esodati?

Il succedersi di norme è stato molto spesso accompagnato da polemiche, nello specifico causate dalla circostanza che il decreto “Salva Italia”, per via delle frettolosità della sua emanazione e conversione in legge, non aveva completamente contemplato l’esatto numero di tutti i lavoratori che potessero essere considerati «esodati». Ancora oggi questo numero non è del tutto chiaro, oscillando tra stime minimali 200.000, e massimali di 300.000 lavoratori ma comunque ben oltre la cifra attualmente oggetto della salvaguardia (130mila persone). Se le cose sono così, rimangono da emanare ancora norme che consentano di ammettere al pensionamento, secondo le regole previgenti la riforma «Monti-Fornero», un numero di lavoratori oscillanti tra 70.000 e 170mila.

I programmi di quasi tutti i partiti che supportano il governo di “salvezza” nazionale guidato da Enrico Letta sembrano orientati a risolvere una volta per tutte il problema ma ancora ad oggi non è dato sapere se e in che misura il governo interverrà.

Perequazione

Altro problema ereditato dal Governo Letta: il blocco della perequazione. Nello specifico, per il 2013 rimane vigente il blocco della perequazione automatica delle pensioni di importo che supera tre volte il trattamento minimo: si tratta di pensioni di importo di poco inferiore a 1.500 euro al mese, che già lo scorso anno non hanno usufruito dell’aumento base pari al 2,7%, e che quest’anno non vengono incrementate nella misura base del 3%.

Per capire meglio la portata della norma occorre considerare che l’85% delle pensioni Inps erogate dall’Inps nel 2012 non oltrepassava la somma di 1.500 euro al mese. Di fronte a tale cifra, è evidente che non si possono considerare pensioni «d’oro» quelle di importo non molto superiore a tale soglia, tanto più che si tratta di importi al lordo delle ritenute fiscali.

Anche se è complicato individuare il livello «dell’asticella pensionistica» sopra la quale imporre sacrifici ai pensionati, non si può non tenere in considerazione, per esempio, che si sarebbe potuta prevedere una diversa modulazione del blocco dell’aumento perequativo, stabilendo a priori una percentuale gradualmente diversificata in ragione del progredire dell’importo pensionistico, salvaguardando in tal modo una più ampia area di ceti che dispongono della pensione come unico reddito fisso.

La legge di stabilità 2013 sembra essere diretta al punto di elevare ‘il livello’, prevedendo una norma in applicazione della quale nel 2014 la rivalutazione automatica non sarà applicata sulle fasce di importo pensionistico superiore a sei volte il trattamento minimo: si tratta di poco meno di 3.000 euro al mese.

Questa norma, di fatto, stabilisce che nel medesimo anno 2014 l’aumento perequativo automatico non sarà corrisposto sui trattamenti vitalizi erogati alle persone che hanno ricoperto, o ricoprono, cariche elettive regionali e nazionali: in questo caso il blocco perequativo opera su tutto il trattamento, senza che sia prevista alcuna «asticella».

Ricongiuzione e totalizzazione

La legge di stabilità del 2013 si esprime anche in merito alla ricongiunzione e alla totalizzazione dei periodi contributivi. Per quanto concerne la ricongiunzione sono chiari i termini del problema.

Gli oneri sono eccessivi, in parte derivanti anche da una nonna emanata nell’estate del 2010 che, abrogando una legge del 1958, ha cancellato la possibilità di costituire gratuitamente la posizione assicurativa presso l’Inps da parte di persone che avevano lavorato per pochi anni nel pubblico impiego senza aver maturato il diritto a pensione in tale forma lavorativa.

La legge «di stabilità 2013» ha affrontato in parte il problema prevedendo che i lavoratori, appartenenti alle quattro Casse pensionistiche poi confluite nell’Inpdap, già interessati dalla norma abrogata, che abbia­no cessato l’attività lavorativa entro il 30 luglio 2010, possono, a domanda, costituire la posizione assicurativa presso l’assicurazione generale obbligatoria dell’Inps, «Me­diante versamento dei contributi determinati secondo le norme della predetta assicura­zione». L’ammontare dei contributi viene poi portato in detrazione dell’eventuale «inden­nità una tantum»: è comunque esclusa dalla legge la possibilità di percepire arretrati pensionistici.

Tre facili strumenti per costruire la propria pensione integrativa

 Pensioni ridotte all’osso già da adesso e la previsione che, in futuro, continueranno ad abbassarsi, grazie alla Riforma Fornero che prevede il solo standard contributivo per il calcolo del rateo mensile. Età pensionabile sempre più alta e impossibilità di accedere alla pensione anticipata, se non con importanti tagli dell’assegno pensionistico.

Dagli ultimi calcoli, infatti, si prevede che le pensioni del futuro potranno essere anche la metà di quanto il lavoratore ha percepito mensilmente di stipendio negli ultimi anni della sua carriera.

► Cosa succede se si smette di versare i contributi del fondo pensione integrativo?

Diviene quindi necessario per tutti i lavoratori provvedere alla creazione di un piccolo gruzzolo per il futuro, iniziando già da adesso a mettere da parte e far fruttare almeno un po’ di quanto si percepisce ogni mese. Si deve ricorrere alla pensione integrativa, il cosiddetto secondo pilastro, che per gli italiani rimane ancora un qualcosa di poco conosciuto, in quanto più predisposti verso gli investimenti a breve termine e non, come serve in vista della pensione, su quelli a medio e lungo termine.

Secondo un recente sondaggio del gruppo di consulenza Accenture, infatti, anche se il 90% degli italiani pensa che sia necessario ricorrere ad investimenti a lungo termine in vista della vecchiaia, ben il 61% degli intervistati ha dichiarato di non avere sufficienti informazioni e competenze per potervi accedere.

Qui proponiamo tre delle soluzioni più semplici per avere la sicurezza di una rendita aggiuntiva alle pensioni pubbliche erogate dall’Inps.

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Fondi Pensione o PIP (piani individuali pensionistici)

Uno dei modi più semplici per avere una pensione di scorta, è quella di aderire ad un piano individuale pensionistico. È uno strumento semplice che dà la possibilità a tutti i lavoratori – sia dipendenti che autonomi – di contribuire alla loro pensione con un versamento periodico (nel caso di lavoratori dipendenti questo versamento può essere costituito anche dal TFR, il trattamento di fine rapporto).

I soldi che il lavoratore accumula nel proprio piano pensione sono gestiti da professionisti del risparmio e dell’investimento, che li faranno fruttare, impiegandoli sui mercati finanziari secondo il profilo di rischio scelto dal risparmiatore.

Il capitale accumulato con i versamenti e i rendimenti che si maturano dagli investimenti sarà accessibile al momento del pensionamento del lavoratore, che però, in caso di necessità, può anche scegliere di riscattarlo prima, per una quota pari ad almeno il 75% fino ad arrivare al 100%.

Dopo 8 anni di versamenti periodici, il lavoratore può anche decidere di ritirare fino al 30% del capitale accumulato.

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Buoni Fruttiferi Postali (BFP)

I Buoni Fruttiferi Postali sono distribuiti da Poste Italiane e gestiti dalla Cassa Depositi e Prestiti. Il lavoratore può acquistare i  buoni con versamenti, per ognuno di loro, di 250 euro, ed è proprio questo il primo pregio di questo strumento finanziario, ossia la sua economicità, anche perché sul capitale investito nell’acquisto di Buoni Fruttiferi Postali non sono previste commissioni di alcun tipo.

Da evidenziare, però, che i rendimenti da Buoni Fruttiferi Postali sono sottoposti ad una tassazione pari al 12,5%.

I migliori BFP per chi vuole un investimento a lungo termine sono i Bfp indicizzati all’inflazione che garantiscono un rendimento annuo che cresce parallelamente al costo della vita.

Titoli  Inflation Linked

Anche in questo caso, come per i Buoni Fruttiferi Postali, investendo parte del proprio reddito in BTPI (Buoni del Tesoro poliennali inflation linked) si avrà la sicurezza che il proprio rendimento sia al riparo dall’effetto dall’inflazione. In questo caso il punto di riferimento è il tasso di inflazione europeo Europa.

Al rendimento di mercato dei Buoni del Tesoro poliennali inflation linked, si deve anche aggiungere un rendimento fisso, calcolato con una percentuale tra il 2 e il 2,6% all’anno.

Diversamente dai BFP, poi, questi strumenti finanziari hanno un costo maggiore, in quanto per la loro sottoscrizione è necessario il versamento di un capitale minimo di 1000 euro.

Cosa succede se si smette di versare i contributi del fondo pensione integrativo?

 E’ notizia di questa mattina che circa 1,2 milioni di persone che sono iscritte ad un fondo pensione integrativo – circa un quinto dei 5,8 milioni di possessori di previdenza integrativa italiani – nel corso dello scorso anno hanno smesso di pagare i contributi richiesti dai fondi stessi.

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Sono tutti coloro che, perché in cassa integrazione o per perdita del lavoro, non possono più permettersi di pagare quanto richiesto. Ma cosa accade a chi non paga?

In primo luogo va evidenziato che, dato che la previdenza integrativa in Italia è facoltativa, non si incorre in nessuna sanzione, né pecuniaria né amministrativa.

Gli effetti di questo mancato pagamento si vedranno su quanto riceveranno di pensione integrativa: maggiore sarà l’interruzione del pagamento dei contributi integrativi e minore sarà l’importo della rendita al momento della cessazione del versamento dei contributi.

Ma non tutto è perduto. Infatti, essendo la previdenza integrativa non obbligatoria e flessibile, il lavoratore, nel caso in cui si presentino le condizioni che permettono di riprendere il pagamento dei contributi volontari, potrà ricostituire la sua pensione.

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Inoltre, nel caso di ritorno al pagamento dei contributi integrativi si potrà accedere anche alla deduzione fiscale di questa spesa fino entro la soglia dei 5164,57 euro annui.

La Riforma Fornero fa risparmiare, ma chi paga?

 Il report sulla spesa pensionistica stilato dall’Inps – che comprende il periodo che va dallo scorso anno fino al 2021, con proiezioni fino al 2050 – mette in risalto come la Riforma Fornero abbia permesso all’Istituto di Previdenza di risparmiare 80 miliardi di euro in più rispetto a tutte le altre riforme precedenti.

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Con questo risparmio la spesa pubblica subisce una contrazione che arriverà a toccare un punto di Pil nel 2019, dopo il risparmio sarà sempre minore fino a divenire nullo nel 2045.

Come è stato possibile arrivare a questo risparmio? In primo luogo la Riforma Fornero ha portato ad un abbassamento del 15% degli assegni pensionistici più alti lasciando però inalterato l’ammontare delle pensioni che non superano il trattamento minimo di almeno tre volte il suo importo.

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Questo grazie alla riforma del meccanismo di rivalutazione automatico delle pensioni. Ma c’è da segnalare che la Riforma delle pensioni approntata dal ministro Fornero si basa anche su dei meccanismi di stabilità – aumento dei requisiti di pensionamento per vecchiaia, blocco delle uscite per anzianità, calcolo delle pensioni solo con il metodo contributivo – che hanno sì fatto risparmiare ma hanno anche alzato l’età pensionabile e alleggerito gli assegni pensionistici.