Internet diventa a pagamento

 Tutte le volte che trapela un’indiscrezione sulla possibilità che uno dei servizi di Internet disponibili gratuitamente possano diventare a pagamento il popolo degli internauti si mobilita. Ma il marketing ha delle regole ferree alle quali i grandi inventori di app e di piattaforme per il web non possono sfuggire.

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Il caso del giorno è quello di WhatsApp, l’applicazione che permette di chattare gratuitamente con i contatti della propria rubrica telefonica, dopo aver scaricato e installato gratuitamente l’applicazione sul proprio smartphone. In questi giorni è circolata l’indiscrezione sul pagamento di un possibile canone annuale per il suo utilizzo.

Quello che però forse tutti non sanno è che non si tratta di un’indiscrezione: quando si scarica WhatsApp sul proprio telefono si dovrebbero anche leggere le condizioni del servizio in cui è chiaramente indicato che l’applicazione, dopo i primi 12 mesi, diventa a pagamento: 79 centesimi per i possessori di smartphone Android e 89 per quelli Apple.

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Un costo che è davvero molto contenuto rispetto a quello degli sms ma che ha comunque fatto infuriare tutti gli utenti del web. Internet ha il suo valore proprio perché la maggior parte di quello che è disponibile in rete è gratuito, a libero accesso, quindi per i patiti della chat e dei social network (sia Facebook che altri hanno provato a far diventare le loro piattaforme a pagamento) ne fanno una questione di principio, non di denaro.

 

Le banche inglesi dovranno risarcire le PMI

 Sotto accusa alcune delle più grandi banche del Regno Unito (Barclays, Hsbc, Lloyds e Rbs) che sono state accusare di aver venduto titoli swap a piccoli e medi imprenditori che sono risultati irregolari nel 90% dei casi. La Financial Services Autorithy, l’Autorità che vigila sui mercati finanziari, ha indagato su 173 prodotti finanziari, constatando un elevatissimo tasso di irregolarità, ragione per la quale i clienti hanno diritto ad un rimborso.

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La maggior parte di questi prodotti sono interest rate swaps, una sorta di assicurazione contro l’oscillazione dei tassi di interesse. Il problema che è stato riscontrato, così come raccontano alcuni testimoni, è che questi prodotti venivano proposti dalle banche come pre-requisiti fondamentale per avere accesso a prestiti e mutui da parte degli istituti. Altri banche, invece, avrebbero fatto pagare delle commissioni molto pesanti per chi decideva di recedere il contratto.

Il processo di revisione delle procedure è stato supervisionato da analisti indipendenti ed ha portato gli istituti coinvolti nello scandalo (l’ennesimo) a disporre 12 miliardi di sterline come rimborso per tutti coloro che si sono affidati alle banche e si sono trovati, invece, ad essere truffati invece che aiutati.

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Si tratta dell’ennesima batosta al mondo delle banche internazionali, dopo i tanti miliardi che molti istituti hanno già dovuto pagare come multa per lo scandalo sulla manipolazione dei tassi di interesse.

Brusca frenata dell’economia americana

 Nessuno se lo aspettava. Le stime di crescita del Pil americano erano del +1%. E la prima volta che accade dopo circa un anno in cui l’economia americana stava dando segnali, anche se deboli, di crescita.

Ora sul paese si affaccia nuovamente la paura della recessione.

Secondo gli analisti questa brusca frenata è stata causata dalla forte riduzione della spesa pubblica -caduta del 15%, una flessione che non si vedeva dal 1973-  e dal dibattito che ha coinvolto l’amministrazione Obama proprio su temi particolarmente delicati per l’economia come il fiscal cliff e il tetto del debito.

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Tutti sorpresi, a maggior ragione se si pensa che la crescita del terzo trimestre del 2012 è stata pari al 3,1%. Nel complesso, comunque, la crescita degli stati Uniti per il 2012 è stata del 2,2%, in accelerazione rispetto all’1,8% del 2011. Sarà per questo che alla Casa Bianca non si sono visti segni di preoccupazione.

Il capo-economista Alan Krueger, dal suo blog, ha voluto rassicurare il suo popolo, dicendo che questo calo, seppur imprevisto, è stato provocato da eventi straordinari (come l’Uragano Sandy e il dibattito sul Fiscal Cliff) e che, quindi, nel complesso l’economia a stelle e strisce sta reagendo bene alle misure prese dal governo e negli ultimi 14 trimestri l’economia è cresciuta del 7,5%.

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Anche se, sottolinea Krueger, il Congresso deve cercare di darsi un budget maggiormente sostenibile e compiere investimenti per la promozione della crescita e dell’occupazione.

Barroso lancia allarme lavoro per l’Europa

 Il lavoro è la priorità di tutte le istituzioni politico sociali italiane ed europee. Senza lavoro non può esserci crescita e senza crescita non può esserci ripresa economica. Ma, nonostante i tanti sforzi che si stanno facendo in questo ultimo periodo, la situazione rimane molto preoccupante.
200 milioni di disoccupati

A confermare l’importanza di questo problema e la necessità di prendere delle misure ancora più mirate, è Manuel Barroso, presidente della Commissione Europea che è intervenuto questa mattina al Parlamento Europeo. Si tratta di una vera e propria emergenza sociale, in cui sono 12 i paesi dell’Unione -su un totale di 27- in cui la disoccupazione giovanile è superiore al 25% del totale.

Servono misure europee più forti, per continuare sul percorso già intrapreso dalla Comunità Europea, che fino ad ora, hanno portato a degli ottimi risultati. In questo caso Barroso si rivolge agli scettici che avevano preventivato la morte dell’euro.

Da fine 2012 la Ue e l’Eurozona hanno iniziato a uscire dalla crisi, gli indicatori sono migliorati, ma dobbiamo dire che non ci possiamo fermare perché la situazione resta molto grave, soprattutto quella della disoccupazione.

Dati Ilo su occupazione mondiale

Il lavoro della Comunità Europea e degli stati membri non deve, quindi, essere considerato terminato, ma la strada è quella giusta e sono state già messe in funzione delle squadre d’emergenza per aiutare i paesi che si trovano a fronteggiare le situazioni più difficili.

 

 

 

 

Un rinnovato ottimismo percorre le borse europee

 Bene Wall Street, migliorano le borse europee, il mercato immobiliare va riprendendosi dal suo stato comatoso e i titoli di Stato si riprendono una parte del mercato.

Sono gli indici borsistici a dare misura di come il sentiment degli investitori stia cambiando e non solo verso quelle economie che hanno dato dimostrazione di avere delle basi su cui poter costruire la ripresa, ma anche verso quei paesi che, fino a poco tempo fa, erano considerati impossibili da salvare.

Parliamo dei Piigs, acronimo che racchiude in un nome che connotati non certo positivi i nomi di PortogalloItalia IrlandaGrecia e Spagna, nei cui mercati si stanno riversando fondi e risparmi in quei comparti che danno alti rendimenti.

Come definire questo cambio di rotta? Bene, in America è stato definito esuberanza razionale, ossia un ottimismo verso i mercati dato da delle evidenze di fatto -gli indici azionari, appunto- che si contrappone a esuberanza irrazionale, ossia alle tanto temute bolle speculative. Mario Draghi l’ha voluto chiamare contagio positivo.

Qualunque sia il termine che si vuole utilizzare, rimane l’evidenza e, come sottolinea anche il Financial Times, questa nuova ondata di capitali che ha investito le borse italiane, spagnole, portoghesi e greche è particolarmente importante perché per la prima volta dall’inizio della crisi non si tratta di denaro immesso ad opera delle banche centrali, ma di denaro reale che proviene da investitori (perlopiù extraeuropei) che credono possibile un alto ritorno del proprio investimento. Si tratta di un nuovo ottimismo che si spande per l’Europa proprio grazie al progetto dell’Europa Unita.

► Dove si corre il rischio c’è più gusto

Il segnale più forte di questo ottimismo arriva dalla salita dei tassi di interesse dei titoli di Stato, in modo particolare di quelli tedeschi e di quelli americani. Al momento della crisi questi bond sono stati considerati da tutti gli investitori un bene rifugio, nel quale investire anche se i rendimenti erano piuttosto bassi. Il fatto che nell’ultimo periodo si sta assistendo ad un rialzo dei loro tassi di interesse, indica che le persone decidono di investire in titoli di stato che rendono di più, come quelli italiani o spagnoli.

Chiaro segno che la paura del default è finita. Quali sono le cause di questo cambiamento. Gli analisit e gli esperti ne hanno indicate tre:

1. la vittoria di Barack Obama alle elezioni e la risoluzione, anche se solo temporanea, del Fiscal Cliff e del tetto del debito;

2. la Cina che ha ripreso a crescere dopo gli allarmi sul rallentamento di quella che è considerata la nuova tigre dell’economia mondiale;

3. la politica monetaria delle banche centrali

Elusione fiscale Apple

 Apple elude le tasse? Da qualche mese tiene banco la questione delle “evasioni legalizzate”. Ad esempio in Gran Bretagna, aziende come Apple, Google, Amazon e Starbucks pagano pochissime tasse in virtù delle scappatoie fornite dal governo.

Adesso, però, Apple è anche nel mirino dell’America.

Pare che il New York Times stia indagando già da tempo sulla questione. La Apple ha sede in California ma ha spostato in Nevada la sua sede legale.

Con questa mossa la casa fondata da Steve Jobs risparmia milioni di dollari ogni anno di imposte.

Aliquote

In California l’aliquota è dell’8,8%. E in Nevada? Dello zero per cento!

Con lo stesso metodo, Apple ha generato filiali in Irlanda, Olanda, Lussemburgo, Isole Vergini britanniche, con il solo obiettivo di versare meno tasse.

Secondo l’inchiesta portata avanti dal quotidiano americano Apple è riuscita ottimamente nel suo intento.

Metodo Apple

Nel 2012 mentre ha guadagnato profitti globali per oltre 34 miliardi di dollari, Apple ha versato 2 miliardi e 400 milioni di tasse. Lo dice il dipartimento del Tesoro americano, che segnala un’aliquota del 9,8 per cento.

Per fare un paragone, Wal-Mart, gigante del commercio al dettaglio Usa, nello stesso anno ha pagato 5 miliardi e 900 milioni di dollari di tasse a fronte di 24 miliardi e 400 milioni di fatturato, con un’aliquota del 24 per cento.

Il trucco? Avere i commercialisti e gli avvocati migliori sulla piazza fa risparmiare un bel po’ di soldi detraendoli allo stato.

Icebank vince ricorso contro Olanda e Inghilterra

 Tutto ha inizio nel 2009 quando l’Islanda subì il crack finanziario. Banche al collasso e l’Isola che rifiuta di restituire i soldi ai 350mila correntisti olandesi e inglesi che avevano affidato i loro risparmi ad Icesave, la banca on line figlia di Landesbanki, colpevole di aver sottratto ben 4,5 miliardi di euro dai depositi dei correntisti stranieri, grazie all’applicazione di tassi d’interessi molto alti.

 La ripartenza dall’Islanda

Subito un lungo contraddittorio che portò le banche inglesi ed olandesi a decidere di rimborsare loro stesse i correntisti derubati, per poi andare a battere cassa direttamente a Reykjavik. Ci hanno provato, soprattutto dopo che l’Islanda ha iniziato e portato avanti con successo il percorso di riassetto bancario e finanziario, per poi trovarsi, però, con molto meno di quanto avessero già sborsato (i correntisti furono rimborsati al 100%).

► Il caso dell’Islanda è emblematico?

Icebank, infatti, appellandosi al diritto comunitario, decise di rimborsare solo 20mila per ogni correntista come previsto dagli accordi Ue. Ovviamente Olanda e Gran Bretagna non hanno accettato questa decisione e hanno fatto ricorso alla Corte per il libero commercio, riuscendo, per la seconda volta, a ottenere un nulla di fatto.

La corte, infatti, ha dato ragione all’Islanda che, quindi, ha saldato il suo debito e può tornare tranquillamente a crescere come previsto dopo il risanamento. Per quest’anno l’isola artica dovrebbe crescere del 2,9%.

 

Shinzo Abe approva bilancio record

 Il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha deciso di cambiare il Giappone e il suo futuro. Il paese, da tempo ormai in fase di regressione economica, ha necessità di un intervento deciso e decisivo per tornare ad essere la tigre di qualche tempo fa.

Così Abe, dopo aver deciso un piano di stimolo all’economia giapponese pari a 10.300 miliardi di yen (90 miliardi di euro) tra sgravi fiscali e progetti per la realizzazione di grandi infrastrutture, ha anche messo a punto e approvato un bilancio statale di previsione per l’anno fiscale 2013/2014 da record: 92.610 miliardi di yen (mille miliardi di dollari).

Le prospettive economiche del Giappone

Le misure previste sono riduzione delle spese del welfare e aumento, invece, di quelle per la difesa e un ulteriore piano di stimoli fiscali all’economia da 10.300 miliardi di yen. A questo si aggiungono altri 4.400 miliardi di yen per la ricostruzione delle zone distrutte dal terremoto e dallo tsunami del 2011.

Questa manovre porteranno il debito pubblico del Giappone a livelli record, ma Abe non sembra preoccupato, neanche di fronte alle raccomandazioni dell’Ocse.

Con Abe cambia il Giappone e il suo futuro

I finanziamenti per questo bilancio arriveranno in parte -46,3% del budget ordinario dello Stato- dall’emissione di nuovi titoli di Stato e il restante grazie alle maggiori entrate fiscali previste per l’anno in corso -stimati circa 750 miliardi di yen- grazie alla ripresa dell’economia.

Per realizzare tutto ciò, Abe ha anche rivisto la stima di crescita del paese, portandola, per l’anno fiscale in corso, da un +1,7 a +2,5%.

Olli Rehn parla di Italia e Europa

 Olli Rehn ha parlato diffusamente al Parlamento europeo dell’Italia, in una lunga analisi che vede il nostro paese preso sia come esempio di ciò che non andrebbe fatto e anche come esempio, invece, di ciò che tutti dovrebbero fare per accompagnare l’Europa fuori dalla crisi.

Rehn attacca Berlusconi e difende Monti

Nel secondo esempio, com’era prevedibile, Rehn ha citato quanto fatto dal governo tecnico presieduto da Mario Monti, per il primo la stoccata è arrivata direttamente a Silvio Berlusconi.

Secondo il Commissario, infatti, il Cavaliere non ha rispettato gli impegni presi per il consolidamento di bilancio previsti per l’estate del 2011 (il consolidamento era fondamentale per l’acquisto dei titoli di Stato italiani da parte della BCE).Il mancato rispetto dei termini ha fatto sì che il costo del finanziamento diventasse molto più pesante per lo Stato e questo ha provocato il soffocamento della crescita dell’Italia, fino a che, come dichiarato dallo stesso Rehn, l’Italia non ha fatto passi da gigante, riguadagnando la fiducia dell’Europa, con l’arrivo di Monti.

Per il Fmi l’Italia può tornare a crescere

Oltre al caso Italia, Rehn è anche intervenuto sulla situazione dell’Europa e dell’euro, definendo la situazione buona, ma ancora insicura. Ciò che gli stati membri devono fare, ora, è consolidare il mercato del lavoro con riforme atte a rimuovere gli ostacoli all’occupazione.

 

Scandalo tassi Euribor ora tocca alle banche tedesche

 Nel mirino degli inquirenti sono finite Deutsche Bank, Portigon e altri due istituti importanti con la stessa accusa che era stata fatta, ad esempio, a UBS, il colosso svizzero, e Barclays, ossia il maneggiamento dei tassi di scambio interbancari (Libor ed Euribor) che regolano il costo dei prestiti da una banca all’altra, riuscendo così ad ottenere una maggiorazione degli introiti.

► Scandalo Libor: UBS pronta al patteggiamento che le costerà un miliardo di dollari

Quindi i banchieri di Angela Merkel saranno messi sotto la lente di ingrandimento della Bafin -l’autorità federale di controllo del sistema bancario- con particolare attenzione a Anshu Jain, co-numero uno della Deutsche Bank insieme a Juergen Fitschen.

Il suo posto è a rischio, così come quello degli altri manager che potranno risultare coinvolti nella faccenda. Per ora la Bafin sta mettendo in pratica una sorta di strategia della sorpresa, con visite non programmate nelle sedi degli istituti coinvolti alla ricerca di materiale e documentazioni che possano o scagionare o accusare in modo definitivo le banche e i loro quadri.

► Scandalo tassi interbancari: come cambierà la situazione?

A dare la notizia in anteprima è stato lo Sueddeutsche Zeitung, il quotidiano liberal di Monaco nella sua versione on line, ma,ancora, nessuno degli istituiti coinvolti o presunti tali ha dichiarato nulla. La paura, infatti, è quella di screditarsi agli occhi del mercato internazionale.