Attività finanziarie del portafogli di investimento: titoli azionari

 Solo le imprese che si danno la forma di società per azioni possono emettere dei titoli azionari nel momento in cui hanno bisogno di reperire del capitale per i loro investimenti (questa operazione viene solitamente chiamata finanziamento in capitale di rischio).

A differenza dei titoli obbligazionari, che mettono il sottoscrittore in una posizione di forza in quanto diviene creditore dell’ente che ha emesso i titoli, quando si fa un investimento in azioni si partecipa dell’attività dell’ente che le ha emesse, partecipando, quindi, sia dei rendimenti che dei rischi in base alla quota di azioni che sono state acquistate.

E’ ovvio, quindi, che le azioni hanno un rischio maggiore delle obbligazioni, ma, allo stesso tempo, possono anche dare rendimenti più alti.

Per identificare i titoli in cui è più conveniente investire, si ricorre generalmente a due tecniche di analisi:

1. l’ analisi tecnica: ossia lo studio dei prezzi storici del titolo e dei suoi volumi;

2. l’analisi fondamentale: ossia lo studio delle informazioni del mercato che possano dare delle indicazioni sull’andamento futuro del titolo.

I prezzi di scambio delle azioni sono determinati dalla legge della domanda e dell’offerta e dalle aspettative del mercato sui risultati dell’impresa che le ha emesse.

Attività finanziarie del portafogli di investimento: titoli obbligazionari

 I titoli obbligazionari, come dice il nome stesso, sono un contratto in cui vengono specificati gli obblighi del debitore verso il creditore.

In questo caso il debitore è il soggetto pubblico (società o ente) che chiede un prestito ad un soggetto privato (o ad una banca) per finanziare i suoi investimenti e si impegna, a restituire al creditore periodicamente gli interessi maturati sul credito secondo il tasso di interesse che può essere fisso o variabile.

Chi sottoscrive un titolo obbligazionario può decidere se tenerlo fino alla scadenza o può negoziarla prima della scadenza.

Per valutare la convenienza o meno del prezzo di un titolo obbligazionario, è necessario prendere in considerazione i tre parametri fondamentali che li definiscono, che sono:

1. La durata: il periodo di tempo tra la sottoscrizione e la scadenza del titolo. In base alla durata, infatti, varia la quantità degli interessi che si possono maturare sul credito.

2. Il rischio: nel caso dei titoli obbligazionari il rischio dipende dal debitore, che potrebbe non essere in grado di onorare il suo debito alla scadenza della sottoscrizione.

3. Il trattamento fiscale: ossia le aliquote fiscali che devono essere calcolate sul  reddito da interessi generato dai titoli obbligazionari.

Attività finanziarie del portafogli di investimento: la liquidità

 Tutte le attività che rientrano nella categoria della liquidità vengono scambiate in apposti mercati, detti, appunto, mercati monetari. Questo tipo di strumenti finanziari si caratterizza per un basso rapporto rischio/rendimento e sono considerate molto efficaci nella diversificazione del portafogli.

Nel mercato monetario italiano i principali strumenti di liquidità sono:

Titoli di stato a breve termine (BOT): hanno una durata variabile pari a tre, sei o dodici mesi e sono emessi dalle autorità competenti ogni 15 giorni. Sono dei titoli al portatore la cui remunerazione è anticipata, in quanto determinata dalla differenza tra valore nominale e prezzo pagato, e il rimborso avviene in una unica soluzione allo scadere dei termini.

Pronti contro termine (PCT): si tratta di due operazioni di compravendita di titoli. La prima operazione consiste nella vendita dei titoli con pagamento a pronti, la seconda, invece, consiste di un riacquisto degli stessi a termine. Grazie ai PCT le due controparti hanno la possibilità di investire dei fondi (chi compra) e di raccogliere liquidi nel breve termine (chi vende).

Depositi vincolati: questi strumenti finanziari hanno date di scadenza e tassi d’interesse fissi. Un’operazione di deposito vincolante è il deposito di un fondo in un istituto per un periodo e un tasso di interesse sul deposito predeterminato. Il rimborso avviene automaticamente alla scadenza del contratto.

Calcolo della propensione al rischio e allocazione finanziaria

 Quando si decide di investire un patrimonio è necessario, prima di procedere alle contrattazioni vere e proprie, capire quale sia la sua migliore allocazione possibile in base al profilo dell’investitore. In questa decisione entrano in gioco diverse variabili, come il reddito e le spese che l’investitore è chiamato a sostenere.

Un’altra variabile fondamentale per la scelta dell’allocazione del patrimonio è la propensione al rischio dell’investitore, ossia la sua capacità di tolleranza delle fluttuazioni del valore del patrimonio. Pur essendo una variabile importantissima, la propensione al rischio è molto difficile da definire con precisione, soprattutto per il fatto che gli strumenti a disposizione per il suo calcolo sono aleatori e basati su situazioni ipotetiche.

A questa difficoltà iniziale si aggiunge anche il fatto che l’individuo che vuole investire potrebbe non dare delle informazioni precise e veritiere e la sua propensione attuale potrebbe cambiare nel corso del tempo.

Per questo motivo, prima di procedere alla scelta dell’allocazione finanziaria del proprio patrimonio è necessario essere consapevoli con la maggiore precisione possibile delle conseguenze di ogni allocazione finanziaria sul patrimonio futuro, tenendo conto delle entrate e delle spese. Solo un’attenta pianificazione finanziaria, basata su calcoli specifici delle entrate e delle uscite, è in grado di orientare in maniera precisa la scelta di portafoglio.

Il rischio di un patrimonio finanziario

 Qualunque sia il tipo di investimento che si decide per il proprio patrimonio finanziario, si corre sempre un rischio, che può essere alto o basso. Se il rischio di un investimento è alto anche il rendimento atteso lo sarà, di contro ad un basso rischio si associa un rendimento sicuro ma di piccole dimensioni.

Inoltre, maggiore è l’orizzonte temporale di riferimento, più sarà difficile stabilire con certezza il rendimento di un’attività finanziaria. In finanza si ricorre a determinati strumenti che permettono di misurare, anche se mai in maniera assolutamente precisa, il rischio di un patrimonio in base agli obiettivi che ci si è posti per quel determinato patrimonio.

Per fare una stima del rischio va considerato che, anche se si tratta di investimenti sicuri, la probabilità che gli obiettivi di rendimento non siano raggiunti e, nel caso accada, a quanto ammonta la differenza tra l’obiettivo prefissato e il rendimento reale.

I consulenti del risparmio gestito possono conoscere il livello di rischio con il calcolo dell’indicatore di rischio, che avviene sulla base di modelli di simulazione. Ad ogni modello corrisponde un rendimento atteso in base all’ammontare del capitale investito e alla scelta delle attività finanziarie, che l’investitore può valutare in base alle sue esigenze e al suo profilo.

Scelta del patrimonio finanziario in base al reddito

 Il livello del reddito da lavoro di un individuo, sia quello presente che quello atteso per il futuro, è una delle variabili da tenere in considerazione nella scelta dell’allocazione finanziaria del patrimonio disponibile per gli investimenti.

Il suo ammontare, infatti, determina quanto di questo patrimonio può essere investito in titoli a lunga scadenza (che no danno rendimenti immediati) e quanto, invece, deve essere utilizzato per investimenti più a breve termine (che però possono essere maggiormente rischiosi).

Ad influire sulla scelta del patrimonio finanziario oltre al livello di reddito, concorre anche la tipologia di reddito. Il reddito, infatti, soprattutto alcune sue tipologie, tendono a muoversi in maniera coordinata con le altre variabili dei mercati finanziari. Per coloro che, ad esempio, ricevono una parte di stipendio in titoli azionari, investire nelle stesse attività finanziarie significa sottoporre i propri risparmi e redditi ad un rischio molto alto (al quale corrisponde, di contro, anche un possibile rendimento molto alto).

Lo stesso vale per coloro il cui reddito, invece, rimane stabile nel tempo. Sulla base del principio della differenziazione del portafogli per la diminuzione del rischio degli investimenti, livello e tipologie di reddito (che possono essere definite anche come capitale umano dell’investimento) sono variabili che influiscono in maniera determinante per fare una scelta oculata del patrimonio, che sia stabile e duratura sul lungo periodo.

Cosa tenere in considerazione nella scelta dell’allocazione del patrimonio

 Un qualsiasi patrimonio finanziario è, per sua stessa natura, soggetto ad aumenti e diminuzioni del suo ammontare. Può aumentare quando vi si aggiungono i redditi provenienti dal lavoro e può diminuire per le spese di consumo.

Allo stesso modo ogni capitale è soggetto a delle fluttuazioni quando questo è investito, a causa dei redditi da capitale e dalle variazioni del valore di mercato delle varie attività in cui è suddiviso.

Date queste premesse, è importante che ogni investitore si renda conto che è difficile quantificare il rendimento annuo di un patrimonio con certezza, perché da un lato, a prescindere dal tipo di titoli su cui si è deciso di investire, il reddito e/o il valore di mercato di fine periodo di tali scelte non può essere definito con certezza, dall’altro perché gli investimenti non devono essere programmati solo in base al rendimento alla fine del periodo, ma vanno scelti in un’ottica di più ampio respiro, che vada a considerare anche i rendimenti degli anni futuri.

La prima variabile può essere controllata in modo più o meno efficace attraverso la scelta dei titoli: quelli meno rischiosi danno un rendimento minore ma più sicuro, quelli più rischiosi, per contro, hanno maggiori possibilità di alti rendimenti, come anche possibilità di perdita totale del patrimonio investito.

Il migliore investimento, quindi, è quello in cui le due variabili sono entrambe prese in considerazione e valutate in base all’ammontare del patrimonio investito, alle esigenze di spesa dell’investitore e al suo specifico profilo rischio/rendimento.

Il risparmio gestito e i mercati finanziari

 Quando un individuo si trova a gestire un patrimonio si trova, nel caso in cui decida di investirlo per aumentarne l’ammontare, a doversi confrontare con i mercati finanziari. Attraverso le contrattazioni finanziarie, infatti, l’individuo che è in possesso di un patrimonio può fare in modo che questo cresca, nonostante gli esborsi che si devono fare per la gestione delle spese.

Il problema fondamentale, quindi, per chi vuole investire i patrimoni, è quello di trovare la giusta allocazione finanziaria che deve essere decisa in base alla situazione patrimoniale, di reddito e di consumo del singolo individuo e del suo nucleo famigliare.

L’allocazione finanziaria, quindi, non può essere una scelta basata solo sulle informazioni che può avere l’investitore privato, che potrebbe anche non essere in grado di decifrare le informazioni che vengono dai mercati. La soluzione migliore, quando si decide per l’investimento, è quella di delegare la gestione del patrimonio a organismi (che possono essere di diversa natura, come i fondi pensione o i fondi immobiliari) gestiti da professionisti del settore.

Saranno loro, quindi, a fare la scelta migliore dell’allocazione del patrimonio nei mercati finanziari, in modo che si possano ottenere determinati flussi di cassa futuri in determinati scenari futuri, grazie ad una scelta razionale e cosciente  della composizione del portafogli di investimento.

Gli strumenti alternativi del risparmio gestito: materie prime

 Chiamate anche commodity, le materie prime sono uno dei più importanti strumenti finanziari di investimento. La loro caratteristica principale è di essere dei beni per i quali l’offerta non prevede delle differenze qualitative sul mercato, in quanto le materie prime (vedi, ad esempio, i metalli o il petrolio) sono sempre le stesse indipendentemente dal produttore.

Inoltre, le materie prime, per definizione, devono essere facilmente stoccabili e conservabili nel tempo (non perdono le loro caratteristiche o il loro valore nel tempo). Le commodities più comuni sono i prodotti agricoli o i prodotti non lavorati come oro, sale, caffè e zucchero.

Le commodity,  che si dividono in alcune tipologie principali a cui appartengono, poi, le varie materie (agricole, coloniali o tropicali, metalli, energetiche e carni) sono negoziate principalmente attraverso i contratti futures in appositi mercati (i più famosi sono New York Mercantile Exchange Chicago Board of Trade e, in Europa, il London Metal Exchange).

I fondi che investono in materie prime sono solitamente caratterizzati da attività scarsamente correlate fra di loro. Questo rende l’investimento in commodity uno dei principali metodi per la stabilizzazione di un portafogli finanziario di investimenti.

Gli strumenti alternativi del risparmio gestito: private equity

 Private equity è un temine di ampio respiro che racchiude al suo interno tutti i tipi di investimento azionario che, per le loro caratteristiche, non possono essere scambiati nei mercati azionari comuni. Sono fondi gestiti a cui si ha accesso solo mediante sottoscrizione di quello che è chiamato fondo di private equity, ceh sono generalmente organizzati come general partner.

Chi decide di parteciparvi deve avere un ingente capitale da investire (le quote sono fisse e in genere sono anche molto alte). Le quote degli investitori, chiamati generalmente limited partner del fondo, sono raccolte e amministrate dal fondo.

Si tratta di fondi di investimento chiusi, per questo l’investitore, una volta sottoscritto, non può gestire liberamente le sue quote, ma può disporne, per la liquidazione o per la vendita, solo a scadenze predeterminate, ecco perché i private equity sono dei fondi ad elevato rischio di liquidità.

Un altro rischio a cui si sottopone chi sottoscrive un fondo di private equity è quello della aleatorietà del rendimento, in quanto la gestione del patrimonio è totalmente affidata al general partner e alle sue capacità decisionali e di competenza nel settore degli investimenti.

La maggior parte di questi fondi ha una durata massima di dieci anni e le quote degli investitori sono sfruttate per investire in società non quotate, ognuno dei quali non può superare un ammontare massimo al 10% del totale da investire.