Le conseguenze sui mercati finanziari della diminuzione del QE

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 Un veloce sguardo ai grafici della giornata di ieri ci suggerisce uno scenario complessivo di mercato che ci restituisce fondamentalmente due elementi, di cui uno di metodo e uno di merito: il primo è l’assottigliamento dei volumi e quindi potenzialmente uno scenario di maggiore lateralità alla quale possono poi seguire repentini strappi di volatilità. Il secondo è rappresentato dalla dinamica di mercato che vede ancora un dollaro americano in generale rafforzamento e listini azionari in sostanziale sofferenza. L’antefatto lo conosciamo oramai più che bene: i livelli incredibili raggiunti dai listini azionari sono e sono stati totalmente legati all’enorme liquidità nel sistema introdotta in questi anni a suon di Quantitative Easing e tassi radenti lo zero da parte della Federal Reserve.

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Con il QE ridotto a 25 miliardi su base mese, e naturalmente questo è l’elemento di input non di certo quello causale, i listini sono andati a stornare sui supporti più importanti nell’ambito di un contesto di mega-distribuzione e di salite senza volumi legate sostanzialmente ad una quasi assenza dal lato dell’offerta. Nella giornata di ieri ne abbiamo avuto ennesima dimostrazione, con l’ulteriore seppur eterogenea caduta dei benchmark azionari; caduta avvenuta anche in maniera piuttosto tecnica dal punto di vista dell’analisi grafica spiega Davide Marone di Dailyfx. La domanda che ci ponevamo alcuni giorni fa e che lecitamente continuiamo a rivolgerci è ora se tali ribassi possano essere strutturali e dunque portare ad un vero e proprio sgonfiamento dei prezzi nel medio periodo. La risposta è naturalmente difficile, difficilissima e la migliore risiede in un “probabilmente no”. Forzando la sintesi, la liquidità nei mercati è ancora presente e i tassi di interesse sono radenti lo zero e per quello che concerne tensioni geopolitiche e default di paesi e istituti di credito, non è certo la prima volta che ne vediamo.

 

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