Standard and Poor’s conferma BBB e outlook negativo

 Questa mattina Standard and Poor’s ha confermato che la valutazione per l’Italia con un rating a lungo termine BBB. Per l’agenzia di rating l’outlook rimane negativo e il rating di breve termine è a A-2.
Nella nota di Standard and Poor’s si legge che le prospetive di crescita dell’Italia sono ancora contraddistinte dalla debolezza e che il debito pubblico continua a essere uno dei più alti tra tutti i Paesi su cui si ha un rating. Inoltre, il meccanismo di trasmissione monetaria viene definito come indebolito. Da questo dipendono le condizioni più chiuse nel credito per i privati e il rischio del peggioramento della situazione a livello finanziario.
Per Alessandro Tentori di Citi, la crescita è sempre bassa e la stabilità politica sempre in discussione. Inoltre, la liquidità che la Banca centrale europea (Bce) ha passato alle banche non si è tradotta in finanziamenti e investimenti sia per le banche stesse sia per un problema strutturale di domanda. Il fatto che le piccole e medie imprese non vogliono più investire influenza in maniera negativa l’occupazione e la crescita.
Standard and Poor’s afferma che sono necessarie le riforme nell’ambito lavoro, servizi, energia e fisco e dice anche che è difficile che le stesse possano essere realizzate nei prossimi due anni. La situazione dipende anche da quella politica e da come questa evolverà in questi mesi e in questo anno.
L’agenzia di rating afferma anche che la legge di stabilità del governo Letta è un primo passo verso la realizzazione di queste riforme, in quanto contiene l’abbassamento delle tasse sul lavoro e le imprese, ma l’effetto di questi per Standard and Poor’s è limitato allo 0,2% del Pil.
Le agendie di rating Moody’s e Fitch hanno anch’esse per l’Italia un outlook negativo. Il rischio è che il governo non riesca a realizzare le politiche per la crescita e a evitare il peggioramento superiore alle previsioni degli indicatori finanziari.

Per la Corte dei Conti il debito pubblico e il fisco limitano la crescita

 La Corte dei Conti lancia un monito al governo su debito pubblico e tasse che non permettono la crescita economica del Paese. Il presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri nel discoso sul suo insediamento ha prlato dell’eccessivo peso del fisco che è arrivato al 45% del Pil. Un aspetto che limita la crescita economica soprattutto se le risorse sempre più alte del prelievo fiscale non saranno spese meglio. Il presidente Raffaele Squitieri ha affermato: “Poiché ormai nella nostra economia il prelievo fiscale ammonta a circa il 45% del prodotto non si potrà avere un consistente miglioramento nell’allocazione delle risorse, e con esso un rilevante accrescimento della produttività totale e, dunque, una sensibile accelerazione della crescita economica, se non sapremo spendere, meglio di quanto ora facciamo, le ingentissime risorse derivanti dal prelievo fiscale”.
La Corte dei Conti sottolinea l’importanza del debito pubblico che in Italia è a un livello che non ha pari nel mondo. Il debito pubblico è quindi tra i principali responsabili della scarsa crescita, in quanto tiene l’Italia in una sorta di circolo vizioso da quale è sempre più difficile uscire.
Il presidente Squitieri sul debito pubblico del nostro Paese ha detto: “può essere lieve da portare, e può essere più agevolmente ridotto, nel contesto di una economia che cresce. Perchè nelle espansioni economiche la domanda di interventi pubblici che sostengano i redditi si fa meno pressante e perchè l’espansione economica genera, di per sè, aumenti delle entrate fiscali”.
Tra gli aspetti più importanti per superare questa condizione i magistrati contabili indicano la battaglia contro la corruzione. Viene rilevata la leggera ripresa economica, ma anche sottolineato il rischio di deflazione che potrebbero portare a recessione e all’aumento del debito.

Inflazione, nuova minaccia sui mercati?

 Trainati dai guadagni ciclici di mercato, i prezzi delle commodity sono molto vicini ai livelli del 2010  alcuni, come il Nickel, sono addirittura più alti.

Unione Europea, non vuole l’Austerity

 Jan In’t Veld, economista della Commissione europea, ritiene assurda sia l’austerity che il suo mantenimento. Ha calcolato gli effetti dei tagli imposti a molti paesi dell’Ue traendone solo conclusioni negative. La Francia tra il 2011 e il 2013 avrebbe perso 4,8 punti di crescita, e altrettanti l’Italia (-4,9% del Pil). A rimetterci anche la Germania con una perdita di crescita stimata al 2,61%.

Ocse, Italia crescita lumaca

 Il debito pubblico italiano continua a salire in rapporto al Pil per cui potrebbero essere necessarie nuove manovre. Lo dice l’Ocse nel suo “Economic Outlook”.

Cina, un’economia in forte crescita

 Continua a crescere con tenacia l’economia cinese anche se sono presenti fattori di rischio che potrebbero in futuro non garantire la ripresa. Da qui il ritorno dell’ interesse per i mercati azionari presenti in tale area che dopo una lunga fase ribassista potrebbero tentare ora una inversione di tendenza.