Google leader dell’adv mobile

 Il Regno Unito se la prende con Google eppure l’azienda di Mountain View resta leader nel settore degli investimi pubblicitari mobile. Per quanto riguarda la pubblicità online, invece, mantiene una posizione di spicco ma non supera di molto il 30 per cento della raccolta. Vediamo alcune notizie che, dopo quelle riferite all’elusione fiscale di Mountain View, possono influire sul comportamento degli investitori.

Il mercato della pubblicità dedicata ai dispositivi mobile è condizionato o meglio è tenuto in piedi da Google che può vantarsi di una raccolta di 4,6 miliardi di dollari. Si tratta del 52 per cento della raccolta totale. Nell’online non va altrettanto bene ma si conferma leader, visto che si aggiudica il 33,2 per cento della raccolta.

Google leader dell’adv mobile

Dopo Google si posizionano Facebook e Yahoo nell’online, rispettivamente con il 5 e con il 3,1 per cento della raccolta. Insomma, Mountain View ha costruito in questi anni un vero e proprio impero e riesce a catalizzare più della metà degli 8,8 miliardi di dollari investiti nelle inserzioni pubblicitarie mobile. Il riferimento numerico è chiaramente al 2012, anche perché per l’anno in corso i risultati dovrebbero addirittura migliorare.

La quota di raccolta pubblicitaria online ad ogni livello, dal 2012 al 2013, nel caso di Google, salirà dal 31,5 al 33,2 per cento. Secondo e terzo posto resteranno nelle mani di Facebook e Yahoo, mentre al quarto posto si posiziona Microsoft con l’1,8 per cento delle pubblicità.

Il Regno Unito se la prende con Google

 Se fino a qualche tempo fa le industrie tecnologiche erano considerate il galleggiante dei mercati finanziari, adesso anche il comparto ICT deve fare i conti con la crisi, a tutti i livelli. Anche aziende grandi come Google sono bersagliate su più fronti. Sembra quasi che le condizioni di disparità alimentate negli anni, debbano essere limate per ricominciare a crescere.

Le Google elusioni e il capitalismo responsabile

Google, ad esempio, è stata messa sotto la lente d’ingrandimento dalle autorità britanniche. Il Regno Unito, infatti, accusa l’azienda di Mountain View di elusione fiscale. Sembra che Google, tra il 2006 e il 2011 abbia incassato qualcosa come 18 miliardi di dollari ma abbia pagato soltanto le tasse su 16 milioni per via della residenza stabilita in Irlanda.

L’accusa britannica ha comportato una risposta subitanea del management di Google che ha ribadito di aver rispettato tutte le leggi inglesi. In realtà, avendo sede in Irlanda, sembra abbiano pagato molte meno tasse. Il Public Accounts Committee, dunque, parla di evasione fiscale intraprendente.

Youtube lancia i servizi a pagamento

Anche chi in qualche modo vuole difendere Mountain View, non può evitare di notare che i motivi del trasferimento in Irlanda addotti da BigG sono molto poco convincenti. Come se non bastasse, alcuni ex dipendenti di Google hanno spiegato che il personale inglese è stato impiegato proprio nelle vendite, il settore che avrebbe convinto il management a spostarsi. C’è da credere dunque che questa vicenda interferisca con la credibilità di Google sui mercati?

Gran Bretagna di nuovo contro Google

 Il governo inglese non sembra per nulla convinto del fatto che Google abbia pagato il giusto ammontare di tasse per quello che ha fatturato tra il 2006 e il 2001. Il nodo della questione è sempre lo stesso: Google ha sede in Irlanda e utilizzerebbe proprio questo stratagemma per avere delle condizioni fiscali agevolate sugli introiti derivanti dalla pubblicità in terra inglese.

► I ricchi stagisti di Google, Amazone Microsoft

A chiedere una nuova verifica è stato il Public Accounts Committee, commissione interpartitica che controlla le finanze pubbliche, che ha parlato di una evasione fiscale intraprendente. Secondo la Commissione, e la sua teoria è suffragata anche da ex dipendenti del colosso di Mountain View, i dipendenti di Google su suolo inglese si occuperebbero anche della vendita degli spazi pubblicitari sul motore di ricerca e, quindi, per questi guadagni dovrebbero pagare le tasse al fisco inglese, e non a quello irlandese.

Le cifre riportate dalla Commissione parlano di un guadagno di 18 miliardi di dollari tra il 2006 e il 2011, per il quale sono stati pagati solo 16 milioni di dollari in tasse.

► Le Google elusioni e il capitalismo responsabile

La posizione di Google rimane sempre la stessa. Come ha dichiarato una portavoce la società

rispetta tutte le norme fiscali nel Regno Unito, e sono i politici che fanno queste regole. Il rapporto dimostra che la Commissione vorrebbe che le società internazionali pagassero più tasse dove sono i clienti, ma le regole non funzionano così.

I ricchi stagisti di Google, Amazone Microsoft

 In Italia la maggior parte dei neo laureati, e non solo, possono ambire al massimo a guadagnare, almeno per i primi tempi, cifre che a malapena sfiorano i 500 euro al mese. Ma succede in Italia, dove sono anche servite delle apposite leggi per evitare che le aziende assumessero stagisti e tirocinanti senza alcun tipo di retribuzione.

► Classifica dei brand che valgono di più al mondo

In altre parti del mondo non funziona così, come ha evidenziato una ricerca del sito di lavoro Glassdoor. Secondo quanto riportato dal sito, infatti, gli stagisti che lavorano in posti come Google, Amazon o Microsoft sono pagati molto di più: i loro stipendi mensili, in base alle specializzazioni e al tipo di lavoro che sono chiamati a svolgere, vanno dai 5.800 ai 6.700 dollari al mese.

Impiegati per un periodo di tempo medio di tre mesi, riescono a guadagnare quello che un lavoratore italiano guadagna in circa un anno.

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Qual è il motivo di questi stipendi da favola per giovani appena usciti dalle università? È molto semplice: accaparrarsi il meglio del mercato, riuscendo a battere la concorrenza delle altre grandi aziende che operano nello stesso settore – la competizione, infatti, si gioca tra Google, Amazon e Microsoft – e riuscire, così, ad avere in azienda i veri talenti del futuro.

Le Google elusioni e il capitalismo responsabile

 Google è senz’altro l’azienda in cui si lavora meglio nel mondo ma questo non vuol dire che siano impeccabili nella gestione dei conti e da qualche tempo continuano a piovere sull’azienda di Mountain View delle accuse di elusione fiscale.

Il problema dell’elusione fiscale che comporta lo spostamento di rami di business dell’azienda nei cosiddetti paradisi fiscali, accomuna diverse importanti aziende. Come Google anche Apple si è dovuta difendere da accuse del genere.

Lavorare per Google

Del problema s’è parlato anche nell’evento annuale organizzato da Google nel Regno Unito nel Hertfordshire ed è intervenuto per l’occasione anche il segretario del partito laburista britannico Ed Miliband. Questo politico inglese ha approfittato per parlare dell’elusione fiscale e del capitalismo responsabile.

L’elusione fiscale è considerato un metodo legale per non pagare le tasse sui ricavi che si ottengono in paesi diversi da quello d’origine dove ha sede l’azienda. Cosa c’è allora di strano? Secondo Miliband è necessario operare una scelta e decidere: non essere cattivi, oppure, approfittare delle condizioni del mercato.

Google ci riprova con la rete delle vendite

Il sito di Europa ha riportato integralmente il discorso di Miliband, ve ne proponiamo un paragrafo, quello che ci sembra più indicativo per gli investitori che devono scegliere se insistere sui titoli Google.

Vi dico come la penso io: fuori posto è mio padre [nelle 4 foto presentate all’inizio del discorso]. Lui è l’unico tra questi ad aver pensato che la strada verso una società giusta non passasse per il capitalismo, ma attraverso un socialismo fondato sulla proprietà pubblica dei mezzi di produzione. Non era il solo a pensarla così, ovviamente. Fino al 1995 questa idea andava insieme con la tessera del partito che ora guido. Tony Blair la cancellò, e fece bene, perché nazionalizzare la grande industria non è la strada giusta verso una società più equa.

Classifica dei brand che valgono di più al mondo

Per l’ottavo anno di fila è disponibile la classifica “BrandZ Top 100“, stilata da “Millward Brown OPtimor“. Al primo posto si piazza Apple, proprio nel giorno in cui il Senato americano ha attaccato l’azienda fondata dal compianto Steve Jobs accusandola di evasione fiscale.

Apple è ancora il marchio che vale di più al mondo. Il suo valore è pari a 185,07 miliardi di dollari. Dietro si piazza, invece, Google. 113,66 miliardi di dollari. Medaglia di bronzo per Ibm, con 112,53 miliardi. Si segnala l’ottima tendenza al rialzo da parte di Samsung, che ha guadagnato posizioni su posizioni rispetto allo scorso anno. E’ ancora presto per arrivare tra le prime 10 posizioni, ma di questo passo i presupposti ci sono tutti. Attualmente, dopo un aumento di valore del 51%, quello del colosso coreano è pari a 21 miliardi di dollari.

L’escalation di Samsung

Proprio Nick Cooper, il managing director di Millward Brown Optimor, si è soffermato sull’escalation del marchio in questione. “La competizione per la leadership nel mercato smartphone ha consentito a Samsung di ottenere una crescita significativa nel valore del suo brand, bilanciando uno straordinario periodo di innovazione con un aumento della quota di mercato”.

Due italiane tra le prime 100 aziende

Tra le prime 100 posizioni ci sono anche due aziende italiane: la prima è Gucci, al sessantottesimo posto. La seconda è Prada, al novantottesimo.

Top 10 

Ecco le prime dieci aziende con più valore al mondo:

1 – Apple 185,07 miliardi dollari

2 – Google 113,66 miliardi dollari

3 – Ibm 112,53 miliardi dollari

4 – McDonald’s 90,25 miliardi dollari

5 – Coca Cola 78,41 miliardi dollari

6 – At&T 75,50 miliardi dollari

7 – Microsoft 69,81 miliardi dollari

8 – Marlboro 69,38 miliardi dollari

9 – Visa 56,06 miliardi dollari

10 –China Mobile 55,36 miliardi dollari

Lavorare per Google

 Google è l’esempio concreto di come da un’idea e dall’impegno profuso nel realizzarla si possa arrivare a costruire un grande impero. E’ quello che hanno fatto Larry Page e Sergey Brin quando erano ancora degli studenti universitari, partendo dell’idea di uno strumento che aiutasse la ricerca delle informazioni su Internet e creando Google, che ad oggi è il motore di ricerca più utilizzo a livello planetario.

Come se non bastasse, Google offre un ambiente di lavoro piacevole e dinamico e i suoi fondatori sono sempre alla ricerca di nuovo personale, sia per la sede centrale di Mountain View che per le altre sparse in tutto il mondo. Proprio adesso è stata aperta una campagna di recruitment per l’Italia.

Le offerte di lavoro di Google Italia

Product Marketing Manager

Industry Manager Local

Customer Solutions Engineer

Head Of Commercialization

Account Executive

Tutte le offerte di lavoro di Google Italia sono per la sede di Milano.

Per tutte le informazioni sui requisiti richiesti per partecipare alle selezioni di Google e per l’invio della propria candidatura consultare la sezione Jobs del sito.

Youtube lancia i servizi a pagamento

 Capire il mondo della tecnologia è importante anche per individuare gli asset d’investimento più remunerativi. Per esempio, se un’azienda ha deciso di lanciare un nuovo servizio e questo servizio risulta gradito agli utenti, allora vuol dire che il titolo in borsa potrebbe subire una bella impennata.

► Google ci riprova con la rete delle vendite

Oggi ci troviamo a parlare delle ultime indiscrezioni legata a Youtube che sembra aver annunciato ai suoi utenti la nascita dei canali a pagamento. Nella prima fase i canali che saranno coinvolti nella sperimentazione sono 53, con riferimento a 30 editori differenti che sono partner di Youtube. Quest’ultimo, lo ricordiamo, è il portale video di Google.

I canali a pagamento, tra l’altro, non sono una novità assoluta poiché negli Stati Uniti funzionano già. Invece, rispetto all’Italia, al momento, non sembra esserci la volontà di attivare canali a pagamenti per gli utenti del Belpaese. Per tutti gli altri, per i quali è lanciato il servizio a pagamento, ci saranno 14 giorni di prova.

Amazon vuole crescere col mobile

Un periodo utile a capire se i canali sono abbastanza interessanti da meritare il pagamento dell’abbonamento che, per ora, a livello indicativo, saranno di 0,99 dollari al mese. Pagando questo piccolo abbonamento si potrà vedere un canale tra i 53 proposti, sia sul computer, sia sui dispositivi mobili. L’importante è iscriversi. Si aspetta di conoscere il parere degli utenti per delineare il trend del titolo Google in borsa.

Google è un aiuto per puntare in Borsa?

 Google è un ottimo aiuto per fare pronostici sull’andamento della Borsa, in virtù di una grande precisione nell’elaborazione dei dati che passano su internet.

Gli analisti finanziari se ne servono perché le indagini di Google sembrano essere particolarmente accurate al fine di predire se le azioni saliranno o scenderanno, e quindi di sapere quando, quanto e come investire sul mercato.

Uno studio effettuato da accademici britannici e americani, citato oggi in prima pagina sul Financial Times, fa presente che un utente digita sul motore di ricerca termini quali “azioni“, “portafoglio“, “economia” quando ha timore per lo stato dei mercati finanziari, e l’aumento di ricerche di questo tipo è generalmente seguita da un calo in Borsa.

Al contrario, un declino delle ricerche di questo genere su Google si configura sovente come un sintomo di ottimismo da parte degli investitori e predice un rialzo della Borsa.

In altri termini, chi volesse puntare tutto in Borsa in virtù delle analisi condotte su Google potrebbe realizzare ottimi guadagni.

Ad esempio, come rende noto il professor Tobias Preis, che insegna scienze comportamentali e finanza alla prestigiosa Warwick Business School, una strategia a breve termine costruita sui saliscendi delle ricerche sul solo termine di “debito” sul motore di ricerca avrebbe realizzato un aumento dei propri investimenti del 326 per cento tra il 2004 e il 2011.