In Grecia è sempre crisi con 1000 disoccupati in più al giorno

In Grecia è sempre crisi economica e austerità con i disoccupati in crescita che sono quantificati intorno a mille in più al giorno. La situazione è sempre difficile nonostante siano arrivati gli aiuti dell’Ue.

Il tasso di disoccupazione è uno degli indicatori che meglio mostra la situazione di crisi in Grecia. I senza lavoro sono il 27% della popolazione e il 61,7% dei giovani tra i 18 e i 24 anni.

L’austerity richiesta dalla Ue per sbloccare i 230 miliardi di aiuti sta creando situazioni difficili nel Paese e gli unici dati incoraggianti sono quelli del turismo con le prenotazioni in crescita. Per quanto riguarda la ripresa, invece, al momento non se ne vedono gli effetti e si prevede che ne possa riparlare dal 2014.

La crescita della disoccupazione fa paura con i dati che parlano di 30 mila disoccupati in più in un mese. Lo studio del Gsee, il principale sindacato privato, quasi 4 milioni di persone saranno sotto la soglia di povertà entro la fine del 2013 con un reddito annuo minore di 7.200 Euro.

Il Pil dell’ultimo trimestre del 2012 è stato negativo. Il 2012 ha portato ad una caduta del Pil del 6% è tornata indietro all’ecoomia del 2001.

La Grecia ha avuto il riconoscimento dell’Ocse come Paese a maggior tasso di riforme tra il 2011 e il 2012, ma ad Atene si vedono serrande abbassate e manifestazioni di protesta che sono quotidiane.

Borse tirate in basso dai dati sul PIL

 Gli investitori si vogliono sentir dire qualsiasi cosa, basta che l’Italia non sia sempre paragonata alla Grecia o alla Spagna. Invece, anche con gli ultimi dati riferiti al PIL, questo parallelismo è stato inevitabile. I mercati si sono addirittura concentrati sui dati macroeconomici combinando le informazioni che arrivavano dall’Istat e dall’Eurostat.

► Germania tra PIL e guerra delle valute

In pratica per il sesto trimestre consecutivo, l’Italia ha visto flettere il PIL, da 18 mesi la tanto sospirata ripresa economica manca all’appello e l’ultima contrazione non è da poco visto che siamo al -2,2% rispetto all’anno precedente. In sostanza l’Italia non è il fanalino di coda dell’UE ma poco manca per il raggiungimento di questo record poco invidiabile, visto che alle nostre spalle ci sono soltanto Cipro e il Portogallo.

 Il fascino del Portogallo colpisce ancora

Cipro ha perso l’1,8 per cento mentre la contrazione del Portogallo si è fermata al -1%. E la Grecia? Atene fa registrare un calo del PIL del 6 per cento ma il dato in sé negativo non è nulla rispetto a quanto si è visto dall’altra parte dell’Adriatico nel 2012. Insomma, anche la Grecia migliora ma, complessivamente, il PIL dell’Eurozona si flette dello 0,6 per cento.

Rischio default anche per Cipro

La BCE ritiene che l’unico modo per dare avvio all’inversione di tendenza sia avviare delle politiche a favore dell’occupazione, con una buona dose di flessibilità salariale. Misure, insomma, volte ad ingrandire la platea dei lavoratori.

Continua a diminuire il Pil italiano

 I dati sul Pil relativo al 2012 sono stati diramati oggi dall’Istat. Nel complesso per il 2012 si è registrato un abbassamento del Pil pari al 2,2%. Solo nel quarto trimestre la variazione è stata del -0,9% rispetto al trimestre precedente, un dato che ha fatto segnare il sesto calo consecutivo del prodotto interno lordo del paese.
► A gennaio il PIL USA cala dello 0,1 per cento

L’Italia si trova ancora in una situazione di profonda debolezza economica. Un calo del Pil di questo livello non si verificava dal biennio 1992-1993. Su base congiunturale, infatti, il Pil ha registrato la maggiore flessione dal primo trimestre del 2009 (-3,6%), mentre, su base tendenziale, il Pil è sceso invece del 2,7% nel quarto trimestre del 2012.

Le cause del fenomeno sono da rintracciarsi nella contrazione del valore aggiunto in tutti i comparti di attività economica (agricoltura, industria e servizi).

► Questioni insolute e prospettive future dell’UE

Anche per l’Europa la situazione è pressappoco la stessa: l’Eurostat ha dichiarato la recessione complessiva per il periodo settembre-dicembre a -0,6%.  Anche in questo caso il calo del Pil è un fenomeno che interessa l’Eurozona da circa un anno, in quanto si tratta del terzo trimestre consecutivo in cui i dati relativi al pil sono sempre di più al ribasso. Peggio di così, in Europa, è andata solo nel primo trimestre del 2009, quando arrivò in Europa l’ondata del fallimento di Lehman Brothers, che fece registrare un -2,8%.

Germania tra PIL e guerra delle valute

 Mentre in Giappone il PIL scende ma i tassi restano invariati, anche in Europa sono diffusi i primi dati sul PIL che confermano quanto ancora sia lungo il percorso per uscire dalla crisi “comunitaria”. L’UE stenta a decollare e intanto le economie nazionali confermano delle contrazioni del PIL senza scampo.

 Una lotta valutaria tra Tokyo e Berlino

Nel giorno di San Valentino, generalmente dedicato a discorsi più amorevoli, la finanza va alla corte dei ministri del Tesoro e dei banchieri centrali dei 20 paesi più industrializzati del mondo che adesso si ritrovano a Mosca per dare avvio al G-20. Durante il meeting si parlerà soprattutto delle condizioni economiche e delle prospettive di crescita dell’Europa, ma si dovrà dare una spiegazione alle aggressive svalutazioni decise dalle Banche centrali.

Il dato che maggiormente incide nelle valutazioni del giorno, è sicuramente quello riferito al PIL preliminare tedesco. In Germania, nel quarto trimestre del 2012, c’è stato un calo dello 0,6 per cento del PIL su base trimestrale. Gli analisti si aspettavano una flessione anche superiore a quella riportata e quindi ne ha giovano l’Euro. La moneta unica, dopo i dati del PIL tedesco, è tornata in discesa.

La ripresa c’è ma solo in Germania

La flessione dell’euro ha avuto un effetto positivo sulle coppie EUR/USD e EUR/JPY. Il cambio tra euro e dollaro è calato fino ad 1,34 e quello tra euro e yen, invece, si è portato poco al di sopra della quota 125.

In Giappone il PIL scende ma i tassi restano invariati

 La giornata di San Valentino, la festa degli innamorati, è stata anche la giornata della diffusione dei dati sul PIL delle maggiori economie mondiali. Il Giappone, ancora una volta, si trova sotto i riflettori. Il paese guidato oggi da Shnizo Abe, è alle prese con una politica monetaria molto importante.

► Il rallentamento della Germania è finito

Poiché fare delle riforme strutturali nel paese è un’ipotesi remota e comunque gli interventi studiati non saranno sufficienti ad invertire la tendenza attuale, il governo, d’accordo con la Banca Centrale del Giappone, ha deciso d’insistere sulla svalutazione dello yen.

Questa situazione potrebbe riportare gli investimenti nel terreno asiatico ma la politica adottata dalla Bank of Japan, ha già molti oppositori sullo scacchiere internazionale, prima tra tutti la Germania.

► Continua a diminuire il Pil italiano

I dati sul PIL giapponese, tuttavia, non sono rassicuranti e non fanno pensare ad un allentamento di questa politica monetaria in sé molto aggressiva. Tokyo, infatti, deve fare i conti con una decrescita del PIL dello 0,4 per cento su base annua. Per questo motivo, la Bank of Japan ha pensato di mantenere invariati i tassi tra lo 0 e lo 0,1 per cento, forte del miglioramento del giudizio internazionale sulla condizione economica del paese.

In effetti il calo del PIL nel 2012, è stato inferiore a quello del 2012. Sul versante Forex, il cambio tra euro e yen resta sul livello di 125,50 e quello tra dollaro e yen sul 93,60.

Brusca frenata dell’economia americana

 Nessuno se lo aspettava. Le stime di crescita del Pil americano erano del +1%. E la prima volta che accade dopo circa un anno in cui l’economia americana stava dando segnali, anche se deboli, di crescita.

Ora sul paese si affaccia nuovamente la paura della recessione.

Secondo gli analisti questa brusca frenata è stata causata dalla forte riduzione della spesa pubblica -caduta del 15%, una flessione che non si vedeva dal 1973-  e dal dibattito che ha coinvolto l’amministrazione Obama proprio su temi particolarmente delicati per l’economia come il fiscal cliff e il tetto del debito.

► Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

Tutti sorpresi, a maggior ragione se si pensa che la crescita del terzo trimestre del 2012 è stata pari al 3,1%. Nel complesso, comunque, la crescita degli stati Uniti per il 2012 è stata del 2,2%, in accelerazione rispetto all’1,8% del 2011. Sarà per questo che alla Casa Bianca non si sono visti segni di preoccupazione.

Il capo-economista Alan Krueger, dal suo blog, ha voluto rassicurare il suo popolo, dicendo che questo calo, seppur imprevisto, è stato provocato da eventi straordinari (come l’Uragano Sandy e il dibattito sul Fiscal Cliff) e che, quindi, nel complesso l’economia a stelle e strisce sta reagendo bene alle misure prese dal governo e negli ultimi 14 trimestri l’economia è cresciuta del 7,5%.

► Obama preoccupato per il rischio default

Anche se, sottolinea Krueger, il Congresso deve cercare di darsi un budget maggiormente sostenibile e compiere investimenti per la promozione della crescita e dell’occupazione.

Shinzo Abe approva bilancio record

 Il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha deciso di cambiare il Giappone e il suo futuro. Il paese, da tempo ormai in fase di regressione economica, ha necessità di un intervento deciso e decisivo per tornare ad essere la tigre di qualche tempo fa.

Così Abe, dopo aver deciso un piano di stimolo all’economia giapponese pari a 10.300 miliardi di yen (90 miliardi di euro) tra sgravi fiscali e progetti per la realizzazione di grandi infrastrutture, ha anche messo a punto e approvato un bilancio statale di previsione per l’anno fiscale 2013/2014 da record: 92.610 miliardi di yen (mille miliardi di dollari).

Le prospettive economiche del Giappone

Le misure previste sono riduzione delle spese del welfare e aumento, invece, di quelle per la difesa e un ulteriore piano di stimoli fiscali all’economia da 10.300 miliardi di yen. A questo si aggiungono altri 4.400 miliardi di yen per la ricostruzione delle zone distrutte dal terremoto e dallo tsunami del 2011.

Questa manovre porteranno il debito pubblico del Giappone a livelli record, ma Abe non sembra preoccupato, neanche di fronte alle raccomandazioni dell’Ocse.

Con Abe cambia il Giappone e il suo futuro

I finanziamenti per questo bilancio arriveranno in parte -46,3% del budget ordinario dello Stato- dall’emissione di nuovi titoli di Stato e il restante grazie alle maggiori entrate fiscali previste per l’anno in corso -stimati circa 750 miliardi di yen- grazie alla ripresa dell’economia.

Per realizzare tutto ciò, Abe ha anche rivisto la stima di crescita del paese, portandola, per l’anno fiscale in corso, da un +1,7 a +2,5%.

2013 anno di pressione fiscale record

 In campagna elettorale tutti parlano di riduzione delle tasse e anche gli analisti economici e finanziari, ai quali i processi del consenso politico non interessano, sono concordi nel dire che per la ripresa dell’Italia il primo passo da fare è quello della riduzione delle tasse.

Tasse cruciali luglio e dicembre

Ma, secondo quanto riportato da uno studio condotto da Prometeia, questo non accadrà nel 2013, anno in cui, invece, è previsto il record della pressione fiscale su imprese e famiglie italiane, stimata al 45% del prodotto interno lordo del paese.

nello specifico, a gravare di più sul portafogli degli italiani, saranno le imposte indirette: in primis l’Iva, le cui aliquote saranno portate dal 21 al 22% a partire dal primo luglio, poi c’è la Tobi tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, e, in ultimo, la Tares, che sarà molto più cara delle precedenti tasse sui rifiuti.

La Tares sarà più alta della Tarsu

Se aumentano le tasse, poi, diminuiscono i consumi e, di conseguenza, diminuisce il Pil. Lo studio di Prometeia ha rivisto al ribasso, infatti, le stime di crescita del paese  (-0,6%) e anche quelle dei consumi (-1,5%).

In linea con quanto già detto a proposito di ripresa economica e di crescita del paese da Bankitalia e FMI, quindi, anche Prometeia ritarda la comparsa dei primi segni di miglioramento all’ultima parte dell’anno in corso.

Per il Fmi l’Italia può tornare a crescere

 La speranza che l’Italia possa tornare a crescere e ad essere un paese competitivo, al pari dei suoi colleghi europei, è ben riposta, e lo conferma anche l’autorevole voce del Fondo Monetario Internazionale.

L’Italia può crescere, anche di tanto. Secondo lo studio condotto dal FMI, infatti, il prodotto interno lordo del paese può arrivare a toccare 5,7% sul medio periodo e 10,5% sul lungo percorso. Ma, per riuscirci, è necessario che siano messe in atto delle riforme strutturali e del mercato del lavoro.

Tagliate le stime di crescita per l’Italia

E’ inoltre di fondamentale importanza che venga riformato anche il fisco, in modo da poter alleggerire la pressione sulle imprese con la riduzione delle imposte dirette e con l’aumento di quelle indirette, se si vuole arrivare a raggiungere un tasso di crescita ancora più alto, stimato dell’8,6% dopo 5 anni e al 21,9% nel lungo periodo.

Le riforme, quelle finora attuate e quelle che verranno in futuro, devono essere atte a contrastare i tre fattori di debolezza economica del nostro paeseconcorrenza limitata, rigidità del mercato del lavoro e inefficienza dei servizi pubblici.

Fmi rivede stime di crescita del pil globale

Quindi, si dovrà dare il via a nuove liberalizzazioni, all’abbassamento dei costi per le imprese del settore energetico e provvedimenti mirati per eliminare la precarietà del lavoro.

Indice Pmi dà i primi segnali di ripresa

 Il PMI (Purchasing Managers Index) è un indicatore dell’attività manifatturiera di un Paese che riflette la capacità dell’acquisizione di beni e servizi da parte di un paese. Questo indice è prodotto da Markit Group che, in queste ultime ora, ha anche reso noto alcune stime di quello che sta succedendo in questo primo periodo del 2013.

FMI rivede le stime di crescita del Pil globale

A dispetto di molte altre stime, quella fatta da Markit Group sembra essere in controtendenza: gli analisti, infatti, evidenziano che, secondo i dati relativi al PMI, già dalla fine del 2012 sono stati avvistati i primi segnali di uscita dalla recessione economica, che porteranno ad una ripresa dell’attività economica a partire dalla seconda metà dell’anno in corso.

A trainare le vendite e gli acquisti è il mercato cinese, paese in cui l’attività manifatturiera ha raggiunto il livello massimo degli ultimi due anni proprio a gennaio. Stesso discorso anche negli Stati Uniti con l’indice PMI manifatturiero che è salito a 56,1 punti dai 54 di dicembre. Le buone performance di questi due paesi stanno positivamente contagiando anche la situazione della zona euro, in cui la Germania fa da protagonista, con un indice PMI globale pari a 47,5 punti ((a dicembre segnava 46,1).

Confindustria contro la crisi

Certo, non si può parlare di fine della crisi, per quello ci vorrà ancora del tempo, ma gli analisti di Markit sono convinti che questo rialzo tendenziale dell’indice PMI sia un chiaro segno di una incipiente, seppur lenta, stabilizzazione economica.