Governo e parti sociali firmano per la produttività, ma la CIGL rimane fuori

 Ieri sera è stato finalmente raggiunto l’accordo per la produttività. Il primo ministro Monti si è detto soddisfatto dell’accordo e auspica un ripensamento della CIGL, che ieri non ha firmato. E’ proprio Susanna Camusso, segretario del sindacato, a ribadire le sue perplessità sul contenuto dell’accordo.

E’ stata scelta una strada sbagliata per cui il contratto nazionale non tutelerà più il potere d’acquisto dei lavoratori. Il punto più critico dell’accordo è che abbassa i salari reali. Il governo scarica sul lavoro i costi della crisi e le scelte per uscire dalla crisi abbassando i redditi da lavoro.

Di tutt’altro avviso i rappresentanti degli altri sindacati, per i quali, invece, l’accordo sulla produttività è il primo passo importante per uscire dalla crisi in cui si è arenato il paese. Ma allora, perché la CIGL non ha voluto apporre la sua firma?

In primo luogo perché i 21 miliardi di euro stanziati dal governo serviranno a detassare i salari ma non le tredicesime. In secondo luogo i nuovi contratti nazionali previsti dall’accordo gli aumenti salariali saranno legati al raggiungimento degli obiettivi, il che potrebbe portare ad una disparità dei minimi nelle categorie lavorative interessate.

Un altro punto che ha portato la CGIL a non firmare è la nuova flessibilità prevista dall’accordo, secondo il quale le imprese potranno definire nuovi orari e nuove mansioni, il che vuol dire che potrebbe anche essere ridotta la retribuzione, meccanismo questo che ora è impedito da apposite norme del codice civile.

Bilancio sociale dell’Inps: in Italia la situazione continua a peggiore

 La situazione sociale italiana è sull’orlo del collasso. A rivelarlo il bilancio sociale dell’Inps che più della metà dei pensionati percepisce una pensione al di sotto dei mille euro al mese (circa 7,2 milioni di persone).

Il 17% dei pensionati deve riuscire a vivere con una pensione che non arriva a toccare i 500 euro al mese, il 35% può contare su una somma compresa tra i 500 e i 1000 euro, il 24% tra i 1000 e i 1500 e solo il 2’9% ha reddito pensionistico che arriva a superare i 3000 euro mensili.

Ma non sono solo i pensionati a risentire di tagli e manovre. Anche i giovani under 30 sono una categoria che non ha grandi prospettive per il futuro, con una perdita dell’11,3% degli occupati nel settore privato tra il 2009 e il 2011. I giovani al di sotto dei 30 anni devono poi fare i conti anche con il crollo dei contratti di apprendistato: nel biennio 2009-2011 si è registrato un crollo del -14,6% per questa tipologia di contratto.

Anche l’occupazione delle donne ha subito dei profondi cambiamenti: le donne italiane tornano a fare le colf e si uniscono alla lunga fila di immigrati che da anni, ormai, erano molto presenti nel settore. Nel 2008 le domestiche e badanti di nazionalità italiana erano 119.936, fino ad arrivare a 134.037 nel 2009, 137.806 nel 2010 e 143.207 nel 2011 (23.000 in più in tre anni, circa il 20%).

Scritture contabili e atteggiamenti antieconomici

 Il Fisco non è tenuto a dare un’opinione sulle scelte fatte da un imprenditore a patto che queste scelte poi non ricadano sulla gestione contabile o meglio non evidenziano un’incongruenza tra scritture contabili e scelte irragionevoli.

Entriamo nel dettaglio di un interessante pronunciamento della Corte di Cassazione che ha dato qualche indicazione su come le aziende devono gestire le scritture contabili nella sentenza n. 19559 del 9 novembre.

Il Fisco, in pratica, può procedere con l’accertamento dei dati contabili di un’azienda che si sia sottoposta agli studi di settore, se rileva che alcune opzioni esercitate dall’imprenditore sono “antieconomiche” o comunque illustrano una gestione dell’azienda insostenibile nel tempo.

Questo non vuol dire che l’Erario mette in dubbio la correttezza delle scritture contabili ma non le trova congrue con quanto l’imprenditore dichiara di aver fatto e di voler fare.

Il fatto. Una Srl si era opposta ad un avviso di accertamento per Irpeg ed Iva relativi al 2003. Il giudice di primo grado aveva aveva respinto l’opposizione  anche i giudici di secondo grado avevano fatto lo stesso piegando che nelle scritture contabili era emerso un atteggiamento antieconomico perdurante dell’imprenditore.

Questo ha pensato di rivolgersi allora alla Cassazione lamentandosi per un’irregolarità nella procedura dove sarebbero stati omessi i fatti decisivi del processo. La Cassazione però, ha condannato l’antieconomicità delle scelte dell’impresa spiegando che la correttezza delle scritture contabili non preclude un accertamento del Fisco se si va oltre i criteri di ragionevolezza della gestione economica dell’impresa. 

La simulazione del Redditest

 Del nuovo redditometro abbiamo parlato approfonditamente enucleando nel dettaglio le nove macrocategorie di spesa  previste da questo strumento ed anticipando le polemiche conseguenti alla simulazione del software.

Gli italiani, oggi alle prese con la scadenza più imminente, quella dell’Imu, faticano ad essere sereni sui controlli che potranno ottenere in futuro. Non è servito a niente indugiare sul fatto che il Redditest è sostanzialmente uno strumento di autoanalisi per i contribuenti e comunque uno strumento che punta a stanare gli evasori.

I timori e le perplessità nascono dall’esito di una simulazione che Befera, nella presentazione ai cittadini, ha provato a stemperare. Per la definizione del Redditest sono stati simulati i redditi di alcune famiglie italiane, così come sono stati indicati nella dichiarazione dei redditi.

Ne è emerso che circa 4,3 milioni di dichiarazioni dei redditi già inviate all’Erario risultano irregolari, il che vuol dire che 1 famiglia su 5 non presenta una situazione “reale” congruente con quanto dichiarato. In più è stato notato che 1 milione di famiglie circa ha dichiarato redditi prossimi allo zero.

Queste due “irregolarità”, secondo Befera, sarebbero legate soprattutto al lavoro nero e ad una serie di redditi da canoni d’affitto incassati ma mai dichiarati. Sicuramente un’incongruenza non evidenzia sempre e soltanto un’evasione, ma genera la richiesta di dialogo da parte dell’Erario.

Befera presenta e spiega il temuto Redditest

 Redditest è il nuovo strumento di verifica dei redditi degli italiani, il nuovo redditometro per intenderci che il Presidente dell’Agenzia delle Entrate ha presentato prima alle associazioni di categoria e poi ai contribuenti scatenando già una serie di polemiche.

Il fatto è che i contribuenti potranno usarlo soprattutto come strumento di autoverifica, per capire se quanto dichiarato al fisco corrisponde alla realtà, se cioè è stato speso meno o tanto quanto si è guadagnato. Il fatto di vedersi dare il via libera dall’Erario è sicuramente una soddisfazione, mentre preoccupa quel pallino rosso che potrebbe far scattare una verifica dell’Agenzia delle Entrate.

Simulazioni a parte, avremo modo di affrontare l’argomento, del nuovo Redditest, spiega Befera, devono avere paura soltanto gli evasori che con il loro comportamento fiscale arrecano un danno a tutta l’economia del paese.

Nel Redditest, molto più completo della precedente edizione, sono considerate nove macro categorie di spesa che consentiranno l’accertamento sintetico del reddito degli italiani:

  • acquisti di beni durevoli
  • trasporti
  • abitazione
  • alimenti, bevande, abbigliamento e calzature
  • combustibili d’energia
  • immobili, elettrodomestici e altri servizi per la casa
  • sanità, comunicazioni e istruzione
  • tempo libero, cultura e giochi
  • altri beni e servizi.

E’ evidente che in questo caso, rispetto a quanto accadeva in passato, il Redditest si basa sulle spese realmente sostenute e sulle situazioni di fatto enucleate dall’Istat. In più si considera area geografica di residenza della famiglia e la classificazione Istat conseguente.

Indicatori, redditest e difese future

 Il nuovo redditometro è pronto, adesso ai contribuenti devono soltanto imparare a conoscerlo ma online sono già pronte le guide per difendersi in futuro dalle spie rosse che il software accende per dimostrare che c’è una qualche irregolarità.

Sono mesi che il nuovo redditometro è promosso dall’Agenzia delle Entrate e il software in questione, adesso, sembra arrivato al capolinea. I rappresentanti delle categorie produttive ne hanno già preso visione ma i contribuenti potranno visionarlo soltanto a partire da oggi.

I tempi di realizzazione e sperimentazione del prodotto sono stati abbastanza lunghi: si parla di circa due anni e mezzo visto il redditest era stato presentato con la manovra estiva del 2010. Il programma in questione sarà a disposizione dei contribuenti che indicando redditi e spese potranno sapere se il fisco valuta congrue le dichiarazioni rilasciate.

A livello visivo non ci saranno dubbi: spia verde per le dichiarazioni conformi, spia rossa per quelle che presentano una qualche irregolarità. Il bello è che il nuovo redditometro è soprattutto uno strumento di autodiagnosi e i risultati forniti ai contribuenti non potranno essere usati dal fisco.

Il fisco è molto preciso, ha raggruppato in macrocategorie qualcosa come 100 indicatori, le spese per la casa da una parte, quelle per i figli dall’altra e via dicendo. Ma se la ricchezza aggiuntiva di cui si dispone deriva dalla donazione dei famigliari (per esempio quel bonifico di papà per comprare casa), il contribuente non sarà considerato più ricco ma dovrà presentare traccia dei trasferimenti di denaro se l’Erario gliene chiederà conto.

Il fisco guadagna con la mediazione

 Evitare mille liti tributarie al mese. Se questo era l’obiettivo del nuovo istituto di mediazione del fisco italiano, allora si può festeggiare per il compimento dell’opera. La mediazione tributaria è in piedi, per così dire dall’aprile di quest’anno e le prime stime sul lavoro realizzato parlando di un bel successo.

In prima fila tra le Regioni che hanno rasserenato i rapporti tra fisco e contribuenti ci sono la Sicilia e la Campania. In sette mesi, la mediazione messa in campo dall’Agenzia delle Entrate per dirimere questioni legate ad accertamenti, contestazioni e altre “piccole” beghe di valore non superiore ai 20 mila euro, ha riportato una buona quantità di soldi nelle casse dell’Erario.

Il 31 ottobre i dati aggiornati parlavano di 27 mila istanze di reclamo, un passaggio necessario affinché i contribuenti possano poi avviare il ricorso alle Commissioni tributarie competenti. Le istanze di reclamo analizzate da aprile alla fine di ottobre sono state circa 13.550.

Di queste, ben 7 mila, che possono essere considerate mini-liti, hanno portato ad un accordo con il contribuente. La risoluzione è stata fissata a metà tra le richieste dell’Erario e quelle dei contribuenti. Un altro 25 per cento di domande, invece, sono state analizzate dall’amministrazione finanziaria che ha effettuato una proposta d’intesa ai contribuenti ed ora è in attesa di un feedback.

4 domande per aspiranti mutuatari

 Mutuisupermarket, un noto intermediario online per chi intende sottoscrivere un contratto di mutuo, propone un aiuto per chi di mutui, proprio è a digiuno. Il tentativo è quello di spiegare in poche parole cos’è un mutuo immobiliare, quali sono l’importo e la durata ideali di un mutuo, quale scegliere tra tasso fisso e tasso variabile e quali sono i costi del mutuo stesso.

Cos’è un mutuo immobiliare? A questa domanda si risponde in modo molto tecnico: si tratta di un prestito che la banca offre ai richiedenti, privati o famiglie, usando come garanzia l’immobile acquistato sul quale viene iscritta un’ipoteca di primo grado. Il prestito è rimborsato in un tempo variabile, generalmente, tra i 10 e i 30 anni, che comprende la restituzione della somma erogata e degli interessi calcolati con il tasso concordato dalla banca.

Importo e durata ideali di un mutuo? Secondo Mutuisupermarket il  miglior mutuo è quello “sostenibile”, quello la cui rata non supera il 35 per cento del reddito netto dei richiedenti, quello che non supera l’80 per cento del valore dell’immobile, generalmente rimborsato in 20 o 30 anni.

Tra tasso fisso e tasso variabile non si può sapere quale sia meglio, molto dipende dalla durata del piano d’ammortamento e dal momento della sottoscrizione del contratto. Sui costi del mutuo, invece, si può essere più precisi citando istruttoria, perizia e quant’altro. Il consiglio è sempre quello di riferirsi al TAEG che è comprensivo di tutte le spese.

Crescono le detrazioni sui bebè

 Il testo della Legge di Stabilità presentato in commissione Bilancio della Camera è stato sottoposto ad ulteriori modifiche che hanno portato ad una soglia di maggiore entità la somma delle detrazioni per i figli a carico che non hanno ancora compiuto 3 anni.

Per i cosiddetti bebè, le giovani coppie hanno a disposizione non più agevolazioni per 900 euro ma il monte complessivo degli sconti sale a 1220 euro. Aumenta anche il limite massimo delle detrazioni per i disabili che arriva a 400 euro.

La situazione attuale prevede che le detrazioni per i figli fino a 3 anni siano pari a 900 euro e per i figli che superano i 3 anni siano pari ad 800 euro. Il primo emendamento alla Legge di Stabilità proponeva un aumento di 150 euro per entrambe le detrazioni. Mentre l’ultima versione del testo propone un aumento di 320 euro per i figli under3 e un aumento di 150 euro per i figli che superano i tre anni. Per il figlio disabile si ottiene un’ulteriore detrazione di 400 euro.

Oltre alle detrazioni sui figli, tra i temi caldi discussi in parlamento c’è quello delle pensioni di guerra e degli assegni di reversibilità per chi ha un reddito che supera i 15000 euro annui. In più sembra che sarà proposto l’abbassamento della no tax area Irap.

Indagine Confesercenti sulla tassazione

 Uno studio molto approfondito di Confesercenti offre una panoramica sulla tassazione operata nel nostro paese e in Europa, spiegando come l’Italia sia il posto più caro per i contribuenti. Ecco una breve presentazione dei risultati del rapporto.

Il primo dato interessante riguarda l’aumento netto dell’imposta calcolato nel periodo che fa dal 2001 al 2012, sembra infatti che sia stata una crescita di 9 miliardi di euro di tasse in più, mediamente, ogni anno, fino a raggiungere 103 miliardi di aumenti nell’intero periodo. 

L’incremento della tassazione è legato alla maggiore pressione fiscale introdotta progressivamente dalle manovre di finanza pubblica dalla fine del 2000 ad oggi. Il gettito complessivo è di 204 miliardi e la metà di questa quota arriva proprio dalle tasse.

Rispetto all’Europa, l’Italia è un paese molto caro, dove la pressione fiscale è cresciuta di 3,4 punti percentuali ed oggi il divario rispetto alla media UE è cresciuto fino a 5 punti. I dati ufficiali per il 2012 raccontano di una tassazione al 44,7 per cento, che vuol dire 2,2 punti in più rispetto a quanto abbiamo visto nel 2011.

In pratica, le tre manovre economiche, dalla metà del 2011 alla Legge di Stabilità, peseranno sulle tasche delle famiglie del Belpaese per ben 1450 euro. Confesercenti spiega che se l’Italia si allineasse con la tassazione all’Europa, ogni famiglia avrebbe in tasca circa 3400 euro in più ogni anno.