Il marittimo che s’imbarca sulle navi straniere

 Capita spesso che un marittimo, iscritto alla gente di mare, che non sia un pescatore autonomo o un armatore, sia imbarcato per guadagnare su navi con bandiera straniera. I marittimi che si trovano in questa situazione, per il fisco, sono dei lavoratori estero-residenti.

L’Agenzia delle Entrate ha provato a chiarire la posizione fiscale di queste persone spiegando che – in linea generale, il reddito del lavoratore dipendente residente in Italia, prodotto all’estero, è regolato dall’articolo 51 del Tuir.

Come di determina il reddito di questi lavoratori? Se l’attività lavorativa è prestata all’estero, in modo continuativo ed esclusivo, per un tempo che deve essere almeno di 183 giorni  nell’arco di 12 mesi, il reddito è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite dal decreto del Ministero del Welfare, senza tenere tenere conto dei compensi effettivamente ottenuti. 

Per il 2012, le retribuzioni convenzionali da prendere come base per il calcolo dei contributi dovuti per le assicurazioni obbligatorie dei lavoratori italiani che operano all’estero si trovano pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2012.

In generale, ricorda FiscoOggi, nel nostro ordinamento è prevista un’esenzione fiscale dei redditi da lavoro prodotti, per l’attività dei lavoratori marittimi imbarcati su navi straniere. E per nave, s’intende qualsiasi costruzione destinata al trasporto per acqua, a scopo di rimorchio, pesca, diporto o altre finalità.

La cessione dei diritti sulle foto

 Di tanto in tanto l’Agenzia delle Entrate affronta temi molto interessanti legati sia alle passioni dei contribuenti che potrebbero essere soggette a tassazione, sia riguardo delle curiosità normative che aiutano ad evitare le liti con l’Erario.

Stavolta, in una articolo presentato su FiscoOggi si cerca di capire quanto può essere “tassata” la passione per la fotografia. Molti contribuenti, infatti, fanno scatti che potremmo definire d’autore e poi li pubblicano su siti interne personali oppure su servizi di raccolta online, come può essere Flickr.

Di recente, un contribuente, ha scritto alla rivista dell’Agenzia delle Entrate per capire se la concessione non per fini commerciali del diritto di utilizzo di immagini fotografiche di carattere artistico, è soggetta all’Imposta sul valore aggiunto.

La risposta parte dalla considerazione dell’articolo 3 comma 4 del Dpr n. 633 del 1972 che già all’epoca aveva escluso l’Iva dalle transazioni – quindi cessioni, concessioni, licenze e quant’altro – che avevano come oggetto i diritti sull’uso di opere dell’ingegno. Queste opere, comunque, sono protette dal diritto d’autore a patto che siano poste in essere dall’autore, dal legatario o dagli eredi dell’autore e a patto che non siano destinate a pubblicità commerciale.

Per tutti questi motivi sono state escluse dall’applicazione dell’Iva le cessioni da parte dell’autore di opere fotografiche, già tutelate dal diritto d’autore.

Calcolo e pagamento dell’acconto di novembre

 Il contribuente che secondo i requisiti definiti dall’Agenzia delle Entrate si trova a dover pagare l’acconto in scadenza al 30 novembre 2012, deve considerare innanzitutto l’importo inserito nella dichiarazione secondo il modello Unico 2012, nel Rigo RN33 (differenza).

In questa losanga si riporta l’imposta dovuta per l’anno fiscale 2011, al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta e delle ritenute subite. L’acconto da pagare entro il 30 novembre è il 96% di questa cifra. Se l’importo calcolato non supera i 52 euro, allora non si deve pagare nulla. 

Se invece l’importo è compreso tra 52 euro e 257,52 euro, occorre saldare senza rateizzazioni. Infine se ci sono acconti di misura superiore ai 257,52 euro, allora è necessario pagare in due rate: la prima è il 40 per cento dell’imposta dovuta e doveva essere pagata entro il 9 luglio, la seconda è il 60 per cento e va pagata entro il 30 novembre.

Sono esonerati dal pagamento dell’acconto anche coloro che nel 2012 percepiscono per la prima volta un reddito, per cui non hanno presentato la dichiarazione relativa al 2011.

Chi ha un guadagno grosso modo stabile non ha problemi e può usare anche un metodo di calcolo storico, ma se ci sono redditi variabili è meglio fare una previsione con calcolo presuntivo. Per coloro che non pagano per tempo è sempre disponibile il ravvedimento operoso.

Acconto: passiamo in cassa

 Per pagare l’acconto Irpef 2012, una volta calcolato l’importo e definito ancor prima il metodo di calcolo, deve essere versata la somma tramite il classico modello F24 in cui deve essere indicato un codice tributo.

Per l’Irpef acconto – seconda rata o acconto in un’unica soluzione, il codice tributo da usare è il 4034. Ma devono essere presi in considerazione anche gli altri acconti.

Per il pagamento unitario o per la seconda rata dell’acconto Irap 2012, per cui valgono le stesse indicazioni su obbligo, esonero e metodo previsionale di calcolo che ci sono per l’imposta principale, si deve usare un codice diverso che è il 3813.

L’acconto Irap, se in carico a persone fisiche o a società di persone è uguale al 99 per cento di quel che si indica nel Rigo IR22 della dichiarazione Irap. Se invece devono pagare questo acconto i soggetti Ires, questi devono corrispondere il 100 per cento. Per l’acconto Ires il codice tributo da usare nell’F24 è il 2002.

L’Ires va versato in due rate soltanto se l’imposta da corrispondere è superiore a 103 euro, mentre non è previsto alcun pagamento per chi calcola di dover dare meno di 21 euro.

Per il versamento dell’acconto 2012 è possibile anche compensare alcuni crediti tributari o contributi. L’Agenzia delle Entrate ricorsa che i titolari di partita Iva devono presentare in via telematica l’F24.

Gli acconti da ricontare

 Non si può dire che i contribuenti non vogliano pagare l’acconto se per caso fanno ritardo oppure devono avvalersi del ravvedimento operoso. Può capitare infatti che delle novità a livello normativo, abbiano determinato il ricalcolo dell’imposta.

Un’utile guida dell’Agenzia delle Entrate ha spiegato cos’è l’acconto di novembre, chi deve pagarlo e chi no, i termini del pagamento e le sanzioni previste per chi arriva alla cassa con un calcolo errato o con un po’ di ritardo.

Per i ritardatari, purtroppo, non abbiamo alcuna giustificazione, mentre possiamo scagliare una freccia a favore di chi è stato costretto a ricontare l’acconto. Tutto parte dalla manovra di ferragosto del 2011, passata agli annali come Decreto legge n. 138 del 2011.

Questo decreto legge, infatti, ha introdotto diverse novità riguardo la tassazione, soprattutto in riferimento alle società non operative, vale a dire alle società di comodo e a quelle in perdita sistemica.

Se si verificano alcune condizioni, dunque, l’Ires che si deve versare nell’acconto è leggermente più alta e pari al 38 per cento dell’importo dovuto. Le nuove norme introdotte dalla manovra di ferragosto prevedono che si possa applicare una maggiore imposta a partire dall’anno successivo a quello dell’entrata in vigore della legge, quindi proprio nel 2012.

Gli acconti delle società devono quindi essere ricalcolati applicando l’aliquota maggiore al dato storico.

Le prime curiosità sul ReddiTest

 Dopo la presentazione ufficiale è apparso sul sito dell’Agenzia delle Entrate il link per accedere al Redditest che, per ovvie ragioni, molti confondono ancora con il Redditometro. Il Sole 24 Ore ha provato a fare qualche precisazione spiegando in cosa sono simili e in cosa differiscono.

Il Redditest è un software di autodiagnosi che serve a preparare i contribuenti all’incontro con l’Erario. Un domani, qualora il termometro fosse “rosso”, si potrebbe avere un controllo più approfondito da parte dell’Agenzia delle Entrate. Resta ancora da dirimere una questione importante: i risparmi pregressi.

Se una famiglia ha ottenuto prestiti dai famigliari tanto da potersi permettere delle spese al di là del reddito conseguito, non si verifica un illecito, ma è chiaro che “i risparmi” devono essere dichiarati. Il Redditest però è rivolto alle famiglie e in effetti non si sa se poi il Redditometro userà gli stessi parametri. L’Agenzia delle Entrate potrebbe usare criteri differenti di misurazione della ricchezza dei contribuenti.

Allora sul Forum dedicato al Redditest si scorge già una divisione tra due gruppi di cittadini: quelli che usano il Redditest con scetticismo perché convinti che poi non sarà così anche il Redditometro e coloro che invece sono assolutamente restii a fare simulazioni per paura di essere colti in fallo, nonostante i criteri del Redditometro potrebbero cambiare.

Quando non si può accedere al patrocinio gratuito

 Ci sono dei casi in cui un cittadino, pur dovendo partecipare ad un procedimento penale o comunque dovendo pagare delle spese obbligatorie, non ha a disposizione i soldi necessari per il saldo, o almeno questo è quello che si evince dalla dichiarazione dei redditi.

Insomma, ci sono tanti cittadini che per l’Erario e per lo stato risultano nulla tenenti e per questo possono chiedere l’accesso al patrocinio a spese dello Stato. La legge però, quando parla di regole per l’ammissione a questo beneficio, porta in campo il concetto di reddito famigliare.

Oggi si sa, la composizione dei nuclei famigliari è un po’ cambiata e capita sicuramente di trovare molte coppie conviventi o famiglie di fatto, allargate a genitori soli. E’ questo il caso preso in esame dalla Cassazione che si è pronunciata nella sentenza n. 44121 contro un cittadino che aveva chiesto di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

Il contribuente in questione era stato ammesso nel 2004 al patrocinio in due procedimenti penali poi riuniti e il difensore di fiducia gli aveva chiesto la liquidazione della parcella. Il tribunale ha rigettato l’istanza del cittadino spiegando che il reddito dell’assistito, nonostante la dichiarazione dei redditi, era molto più ampio.

Lavoro nero? No, il reddito generato dalla suocera convivente con lui e la compagna. In pratica per definire il reddito  massimo per accedere al beneficio bisogna contare tutti i redditi della famiglia convivente, compresi genitori, suoceri e quant’altro.

IVA per cassa, si fa poi si comunica

 Con il DL 83 del 2012 è stato introdotto un nuovo regime IVA che l’Agenzia delle Entrate può desumere dal comportamento concludente del contribuente che poi, nella dichiarazione dell’anno successivo, può indicare nell’apposito spazio.

Facciamo un esempio pratico. Dall’anno fiscale 2012 avete capito di dover optare per uno dei regimi fiscali, tra ordinario e semplificato perché non avete più i requisiti per far parte del regime dei minimi. La vostra scelta va comunicata attraverso il quadro o modello VO che prima occorreva inviare entro la fine di gennaio ed ora può essere inserito nella dichiarazione dei redditi che segue la vostra scelta.

In pratica vince l’atteggiamento concludente del contribuente. A spiegarlo è stato un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate pubblicato il 21 novembre che ha fissato alcune indicazioni e regole per i lavoratori autonomi e per le imprese che hanno un volume d’affari che non supera i due milioni di euro. Tutti i contribuenti che rientrano nell’insieme possono scegliere la liquidazione per cassa dell’imposta sul valore aggiunto.

Le porte del nuovo regime, come spiega la rivista ufficiale dell’Erario, sono aperte a tutti coloro che nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume d’affari inferiore alla soglia stabilità L’opzione, va prima messa in pratica e quindi l’Agenzia delle Entrate desumerà dal comportamento la scelta del contribuente, poi comunicata nella dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si esercita l’opzione.

 

Emendamento “contrasto d’interessi”

 Come combattere l’evasione fiscale? Chi amministra la nostra politica si rivolge frequentemente la domanda e talvolta, con un serie di emendamenti, sono portate avanti delle idee interessanti. Una di queste è il contrasto d’interessi proposto dal PD.

L’emendamento del PD è stato presentato dal relatore del partito, Giuliano Barbolini che ha spiegato per bene cosa s’intende per contrasto d’interessi e come si potrebbe usare questo strumento per combattere l’evasione fiscale.

La proposta è quella di portare in detrazione sulle tasse anche gli scontrini delle spese sostenute. In questo modo le spese documentate con le opportune ricevuto, consentono di ottenere uno sconto e il contribuente sarà il primo a chiedere che gli sia fatto uno scontrino a fronte di una spesa sostenuta.

I cittadini si trasformano così in piccoli esattori ma ne ottengono un buon beneficio. Fino a questo momento, la richiesta della ricevuta non portava vantaggi reali al richiedente che così di accontentava anche di prezzi battuti inferiori o non richiedeva affatto lo scontrino.

Il nome “contrasto di interessi“, dunque, nasce dalla considerazione che da un lato ci sono gli interessi di commercianti ed erogatori di beni e servizi di evitare il pagamento di “troppe” tasse, dall’altro gli interessi dei contribuenti a ricevere uno sconto sulle imposte.

Installazione dei pannelli solari

 Una casa più calda con un impegno economico ridotto e con un impatto ambientale contenuto, è questo il senso delle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico previste dal governo.

Una volta considerati i destinatari delle agevolazioni, la cumulabilità degli stessi e una panoramica generale delle attività oggetto di sconto, abbiamo poi approfondito sia gli interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, sia gli interventi sugli involucri degli edifici.

Adesso passiamo in rassegna le detrazioni d’imposta previste per chi decide d’installare i pannelli solari. Per questo tipo d’interventi la detrazione fiscale massima prevista è di 60 mila euro.

Per pannelli solari s’intendono sia quelli per la produzione dell’acqua calda per usi domestici o industriali, sia quelli per la copertura del fabbisogno di acqua calda delle piscine o delle strutture sportive, sia quelli per le case di ricovero e cura, per gli istituti scolastici e per università.

E’ chiaro quindi che la produzione di acqua calda tramite pannelli solari può essere richiesta anche in ambito commerciale, ricreativo e socio assistenziale. 

Sono considerati assimilati ai pannelli solari i sistemi termodinamici a concentrazione solare usati per la produzione di acqua calda e quindi son anch’essi ammessi alla detrazione. Al contrario se s’installa un sistema per la produzione di energia elettrica ed energia termica si può chiedere la detrazione soltanto per la parte relativa all’energia termica.