Tavan Tolgoi rinvia il debutto in borsa

 Mentre Piazza Affari si prepara per Moleskine, Moncler e Versace si prende atto di una battuta d’arresto per un’altra azienda molto importante nel mercato azionario come Tavan Tolgoi. Non siamo, come si capisce bene dal nome dell’azienda, nel versante europeo.

 Torna l’entusiasmo sul mercato dei minerali del ferro

Tavan Tolgoi, infatti è un progetto di sviluppo minerario portato avanti in Mongolia che in questo momento, nonostante la volontà di procedere all’estrazione di coke dalla maxi miniera già costruita, si trova in difficoltà finanziarie.

La decisione d’interrompere la fornitura alla Cina con la contestuale richiesta d’aiuto allo Stato, ha fatto drizzare le orecchie agli investitori che hanno dovuto accettare l’ennesimo rinvio alla quotazione in borsa. La Tavan Tolgoi, infatti, sperava in una IPO da 3 miliari di dollari da mettere a segno contemporaneamente nelle borse di Ulan Bator, Londra e Hong Kong.

 I paesi emergenti spingono le quotazioni auree

Purtroppo la debolezza del mercato del carbone ha tarpato le ali dell’impresa. Molti ritengono che la colpa, in gran parte, sia da attribuire al Governo Mongolo che non è riuscito a sfruttare in modo morigerato e programmato una risorsa che poteva risollevare l’economia del paese che ha visto, soltanto l’anno scorso, crescere del 10 per cento il PIL.

Basta pensare che era nelle intenzioni di distribuire un pacchetto di azioni Tavan Tolgoi a tutti i cittadini mongoli. Il populismo è stato deleterio.

Tasso di cambio ed esportazioni sono legati

 Un’interessante analisi di Voxeu.org, a cura di Barry Eichengreen e Poonam Gupta, spiega il legame che può esserci tra tassi di cambio e volumi di esportazione dei servizi.

Il problema nasce dal fatto che le esportazioni dei servizi crescono in modo incredibile, di giorno in giorno. Se il tasso di cambio varia, oltre che sulle esportazioni di beni, si potrebbe avere un effetto sulle esportazioni di servizi. Gli analisti sono concordi nel ritenere plausibile questa corrispondenza ma fanno anche una distinzione tra i servizi.

Prodotto Interno Lordo

Ci sono quelli tradizionali, etichetta sotto la quale sono ricompresi il commercio, i trasporti, il turismo, i servizi finanziari e quelli assicurativi. Ci sono poi i servizi moderni, come le comunicazioni computer e i servizi di informazione. Una variazione del tasso di cambio reale è rilevante soprattutto sul secondo insieme di esportazioni.

Il tasso di cambio nelle esportazioni di servizi, infatti, ha una variazione oscillante tra il 30 e il 50 per cento in più rispetto alle esportazioni tradizionali di merci. Il livello più basso di incidenza del tasso di cambio si lega ai minori costi fissi dell’operazione o all’elasticità dei prezzi.

Programma per aumentare Export prodotti italiani 

L’analisi, che ha preso in considerazione paesi sviluppati e paesi valutati in via di sviluppo, ha assimilato queste realtà rispetto al trend delle esportazioni.

La Germania riparte dall’oro

 La Germania ha deciso di riportare nei suoi forzieri l’oro che attualmente conserva all’estero, perciò, fino al 2020, ci saranno circa 700 tonnellate di lingotti d’oro pronte a tornare tra le mani della Bundesbank. A spiegarlo è la stessa banca tedesca in una nota.

I paesi emergenti spingono le quotazioni auree

Attualmente, nei forzieri tedeschi, ci sono circa il 31 per cento delle risorse aurifere totali della Germania. In meno di dieci anni questa percentuale dovrebbe salire fino al 50 per cento. La questione è importante anche in relazione al fatto che la Germania è il secondo paese al mondo nella classifica dei paesi che hanno accumulato più oro negli anni.

Al primo posto ci sono gli Stati Uniti. Poi c’è la Germania che conta su 3396 tonnellate di oro che in termini di euro sono 133 miliardi. La stima è stata fatta dai giudici contabili tedeschi. Il rimpatrio dei lingotti, comunque, nasconde anche una strategia politica e finanziaria.

Abn Amro sulle quotazioni auree

Basta pensare che l’11 per cento del totale dei lingotti tedeschi, è detenuto in Francia, si parla di circa 374 tonnellate. Non sarà invece toccato il patrimonio tedesco aurifero nelle mani della Bank of England, pari al 13% del totale. Scenderà infine lo stoccato depositato a New York dove si passerà dal 45 al 37 per cento. La Bundesbank spiega tutto come un sistema di difesa dalla crisi.

Abn Amro sulle quotazioni auree

 La rincorsa all’oro è usata come discriminante per le previsioni, perché indica il grado di rischio e stress cui è sottoposta l’economia a livello globale. Se si teme per il peggio, ad esempio, saranno molti i governi stimolati a fare incetta di lingotti d’oro. Incrementare le riserve auree, infatti, protegge dalle oscillazioni troppo violente del mercato.

Negli ultimi mesi, dell’oro, si è detto di tutto e di più. Per esempio si è detto che i paesi emergenti spingono le quotazioni auree, si è ascoltata la voce delle banche, come la Saxo Bank e si sono fatte previsioni sul raggiungimento della soglia massima dei 1900 dollari l’oncia nel primo semestre del 2013.

Oro, petrolio e cereali: le previsioni Saxo Bank

Sul finire del 2012, il trend dell’oro nel 2013, l’ultimo, in ordine cronologico è il gruppo olandese Abn Amro che pensa che la quotazione aurea, nell’anno in corso, potrebbe crollare fino ai 1500 dollari per oncia.

L’aumento dell’offerta sarà moderato ma soprattutto ci sarà una domanda inferiore alle aspettative e questa discesa potrebbe durare continuare anche nel 2014, anno in cui l’oro potrebbe rompere la resistenza dei 1400 dollari l’oncia.

Quotazioni di frumento e mais di nuovo in corsa

 Il mercato dei cereali, fino a questo momento, era stato caratterizzato da una quiete, seguita ad un periodo piuttosto burrascoso nelle quotazioni, legato alla pubblicazione dei dati sull’agricoltura a livello mondiale. Adesso sembra sia di nuovo arrivato il momento delle oscillazioni.

 Cresce la domanda di cereali

A farlo pensare sono le quotazioni di mais e frumento che erano scese ai minimi semestrali al Cbot ed attualmente sono tornate in ascesa ed hanno guadagnato il 3 per cento. Tutto è seguito alla pubblicazione delle stime giudicate estremamente rialziste da parte del dipartimento USA per l’agricoltura.

Questo nuovo trend preoccupa un po’ gli analisti che si affrettano a sottolineare come la tensione sul prezzo dei creali sarà duratura e i rincari alimentari potrebbero presto essere di nuovo protagonisti del mercato. Questo accadrà non soltanto in Cina dove l’inflazione sembra aver toccano un altro punto massimo al 2,5 per cento dopo sette mesi, ma anche in altri paesi.

Oro, petrolio e cereali: le previsioni Saxo Bank

Valgono a poco le raccomandazioni della Fao che spiega i rischi alimentari collegati alla risalita dei prezzi. A far temere, comunque, restano le condizioni degli Stati Uniti, considerati una potenza agricola mondiale, oggi in difficoltà a causa della scarsità di precipitazioni che ha inaridito il terreno danneggiando le coltivazioni di frumento. L’aridità del terreno fa pensare già ad una nuova annata difficile.

Chiesto un passo indietro sull’Etf sul rame

 A farsi promotori della protesta sono gli utilizzatori del rame che chiedono alla Sec di fare un passo indietro rispetto alla recente decisione di dare il via libera alla quotazione del primo Eft sul metallo fisico negli Stati Uniti. Secondo gli operatori del settore questo non è altro che un capriccio.

L’appello alla Securities and Exchange Commission, arriva stavolta dall’avvocato Robert Bernstein che rappresenta un gruppo d’imprese che fino a questo momento hanno sempre criticato la scelta della Sec. Della cordata fanno parte SouthWire Co, Encore Wire Corp, Luvata, Amrod e Red Kite (londinese). Tutte insieme, queste imprese, raccolgono il 50 per cento circa della domanda USA di rame.

► I segni ambigui del mercato del lavoro USA

Nel momento in cui la Sec decidesse di non tenere conto della protesta, è molto probabile che queste imprese facciano ricorso alla Corte d’appello federale e questo particolare giudiziario non avrebbe altro effetto se non quello di ritardare i piani di JP Morgan.

► Come e dove è meglio investire nel 2013

Questi ultimi infatti, dall’ottobre del 2010 chiedono di quotare presso il Nyse Jpm Xf Physical Copper Trust. Problemi molto simili a quelli raccontati, potrebbero interessare anche la Blackrock, visto che la Sec ne ha autorizzato un Etf analogo che andrebbe a contenere 121.200 tonnellate di rame, il doppio circa delle 62 mila richieste da Jp Morgan.

A dicembre le materie prime sono stabili

 Chi fa trading online, anche con le opzioni binarie sa quanto è importante conoscere i trend del mercato delle materie prime. Gli ultimi dati a disposizione, sono stati tirati fuori dall’indice Prometeia e raccontano di una certa stabilità del settore.

In genere i prezzi delle materie prime dipendono molto dagli accordi internazionali (come nel caso del petrolio), dalle scelte delle banche centrali (parliamo ad esempio dell’oro), oppure dalle condizioni meteo (siamo nel comparto alimentare.

Ad ogni modo, a dicembre, i prezzi delle materie prime risultano pressoché stabili ma molto di questo stabilità, si deve all’apprezzamento del cambio con il dollaro che è cresciuto del 2,3 per cento.

Possibili oscillazioni del dollaro alla fine del QE

Ci sono stati dei rincari ma questi riguardano il settore della meccanica e il comparto alimentare dove si parla di un incremento dell’1 per cento. Altri settori, come quello delle imprese chimiche ha un costo in calo mentre è caratterizzato da prezzi invariati il settore della moda e quello della filiera del legno e della carta.

 Produzione agroalimentare in calo

Se si entra più nel dettaglio si scopre che i rincari del settore meccanico sono dovuti all’aumento del prezzo dell’alluminio che ha fatto registrare il +4,4% e ai rincari degli acciai piani (+1,9%). Per il comparto alimentare, invece, all’origine dei rincari troviamo un aumento del prezzo del grano, in crescita dell’1,2 per cento.

I paesi emergenti spingono le quotazioni auree

 Acquisire una buona riserva d’oro, per gli Stati, è un modo per proteggersi dalle oscillazioni troppo insistenti del mercato. In un momento di crisi la ricerca di beni di rifugio è praticamente normale ma scoprire chi predilige le risorse auree, aiuta a comprendere lo stato di salute di un paese.

► Oro: in vista il sell-off di fine anno

In questo momento, secondo il Gold Council che è l’associazione internazionale delle aziende minerarie aurifere, i protagonisti della rincorsa all’oro sono i paesi emergenti. Nel periodo compreso tra gennaio e novembre dell’anno scorso, in pratica, quasi tutte le banche centrali hanno aumentato le loro riserve d’oro fino a 350 tonnellate.

Se diamo uno sguardo all’Italia scopriamo che è rimasta ferma e pur non facendo una vera e propria scorta di oro, è comunque al terzo posto tra i paesi con il maggior numero di riserve auree in tutto il mondo visto che nei forzieri tricolore ci sono ben 2451,8 tonnellate di lingotti.

► Oro, petrolio e cereali: le previsioni Saxo Bank

A capitanare questa speciale classifica troviamo Stati Uniti e Germania, rispettivamente al primo e al secondo posto ma sono i paesi emergenti a sorprendere. Al primo posto, in questo caso c’è la Turchia che ha comprato 118,8 tonnellate di oro soltanto nel 2012, seguita dalla Russia, dalle Filippine, dal Brasile e dal Kazakhstan anche se la cosa più sorprendente è il sesto posto dell’Iraq che ha comprato ben 27,2 tonnellate d’oro.

Oro, petrolio e cereali: le previsioni Saxo Bank

 Saxo Bank, come ogni anno, propone le sue previsioni shockanti, una serie di anticipazioni forti del mercato che, se si dovessero realizzare, potrebbero sconvolgere l’economia e la finanza internazionali.

Abbiamo visto come in generale Saxo Bank insista sulla noncuranza dei governi rispetto all’impatto sociale delle politiche economiche. I giovani potrebbero fare la rivoluzione e l’anno della frattura sembra avvicinarsi. Sarà già il 2013? Staremo a vedere, intanto Saxo Bank immagina gli scenari del ForEX, proponendo due visioni sulle coppie EUR/CHF e USD/JPY, ma parla anche delle materie prime.

L’oro. Sulle quotazioni dell’oro incideranno il rallentamento dell’economia cinese e di quella indiana che diminuiranno la domanda di lingotti, nonché le prospettive economiche degli Stati Uniti che dovranno far fronte ad una serie di difficoltà finanziarie. Si potrebbe quindi arrivare ad una serie di liquidazioni sull’oro che spingerebbero verso i 1200 dollari l’oncia il prezzo di questo metallo.

Il petrolio. Il prezzo del petrolio calerà fino a quota 50 dollari per barile visto che aumenta la produzione dell’oro nero negli Stati Uniti, per via del rallentamento della crescita globale ci sarà una riduzione dei consumi e i paesi fornitori dell’OPEC, più la Russia, reagiranno con ritardo alla richiesta di riduzione della produzione di petrolio.

La soia. In aumento il prezzo della soia perchè le condizioni meteo ridurranno il raccolto, così com’è avvenuto nel 2012, accadrà anche nel 2013 che i raccolti saranno più esigui. Contestualmente aumenta la domanda di biocombustibile basato proprio sulla soia e questo comporta un aumento dei prezzi del 50 per cento circa.

Torna l’entusiasmo sul mercato dei minerali del ferro

 Il settore dei minerali del ferro torna ad essere caratterizzato dal forte entusiasmo per la risalita dei prezzi tanto che gli annunci della Fortescue Metals sono accolti con molto piacere dalla borse. La Fortescue Metals, infatti, nei mesi addietro ha praticamente sfiorato il collasso aziendale.

Poi, sul finale del 2012, ha annunciato di voler raddoppiare la produzione di minerali ferrosi, innalzandola fino a quota 155 milioni di tonnellate entro la fine del 2013. La prospettiva in questione ha avuto lo stesso effetto di un’iniezione di fiducia.

Nella settimana scorsa, quindi, il titolo Fortescue Metals ha subito un rafforzamento immediato crescendo del 2,43 per cento. Tutto nasce dal fatto che l’azienda ha dichiarato di volersi espandere tornando a sfruttare il giacimento di Kings situato nella regione Pilbara. Le operazioni partiranno già a gennaio.

I lavori di espansione, tra l’altro hanno un costo. L’investimento economico nell’operazione ammonta ad 1,1 miliardi di dollari australiani che in euro vuol dire 860 milioni. I lavori di espansione erano comunque stati avviati già nel 2012, per poi subire una brusca interruzione a settembre quando i l prezzo dei minerali ferrosi è sceso sotto i 90 dollari americani per tonnellata.

Il titolo Fortescue Metals, in questo stesso periodo, aveva toccato di livelli minimi.