Buona l’asta dei Btp a 5 e 10 anni

 Si è tenuta ieri un’asta molto importante dei titoli Btp a 5 e 10 anni e si è notato che i rendimenti sono scesi, per gli uni e per gli altri, ai minimi che non si registravano dall’ottobre del 2010. Il mercato obbligazionario, quindi, è stato tutto dedicato, soprattutto nella mattinata alle aste a medio e lungo termine.

Il Tesoro ha fatto un buon lavoro, arrivando a collocare l’importo massimo previsto, vale a dire 6,5 miliardi di euro di titoli  a breve e medio termine, con rendimenti bassissimi.

► Il rendimento dei BTp sotto la soglia del 4,3%

Un commento molto interessante riguardo l’asta, è stato riportato da Reuters ed appartiene allo strategist di ING Alessandro Giansanti, il quale sostiene che:

“C’è stata una nuova discesa dei rendimenti e questo è ovviamente positivo. I bid-to-cover non sono stati eccezionali, probabilmente perché gli spread a questi livelli hanno tenuto lontane un po’ di richieste speculative.”

► Il BTp a 15 anni piace molto agli inglesi

Nello specifico il Btp che scade nel novembre del 2017 è stato assegnato con un rendimento medio del 2,94 per cento mentre un’asta analoga alla fine di dicembre aveva passato gli stessi titoli con un rendimento del 3,26%. In generale, fino a questo momento, il ministero del Tesoro è riuscito a collocare ben 22 miliardi di titoli. Indifferente a tutti questi flussi lo spread che resta sui valori medi, intorno ai 260 punti base.

Il BTp a 15 anni piace molto agli inglesi

BTp di lungo periodo se le condizioni migliorano.

L’ultima asta di titoli italiani a 15 anni ha attirato ben 11 miliardi di euro di domanda, coinvolgendo nell’operazione ben 250 investitori. La maggior parte della quota di titoli di stato è finita nelle mani di asset manager e fondi d’investimento che hanno accumulato il 35% delle emissioni.

Le banche, invece, si sono aggiudicate il 26% dell’ammontare complessivo dell’emissione. Poi c’è da distribuire un 30% di titoli agli investitori che si dice abbiano un orizzonte di lungo periodo, quindi fondi pensione, assicurazioni, banche centrali e istituzioni governative. Infine c’è un 8 per cento da menzionare sottoscritto da hedge fund.

Il rendimento dei BTp sotto la soglia del 4,3%

I BTp a 15 anni scadono il primo settembre 2028 e promettono un rendimento annuo del 4,75%. In tutto, spiega il ministero dell’Economia, sono stati collocati 6 miliardi di euro. A livello geografico, la maggior parte dei titoli è stata sottoscritta da investitori residenti in Gran Bretagna dove sono finiti il 29% dei titoli di stato. Il resto è andato in Germania, in Francia, nei Paesi scandinavi e nel Benelux.

Perché conviene acquistare Bonos

 La tendenza europea sull’emissione di titoli di stato rispetta in un certo senso le attese degli investitori che non stanno deludendo con gli acquisti nel mercato dei titoli nazionali. In questo momento è molto interessante la situazione della Spagna tanto che diversi analisti si spingono a considerare i Bonos un investimento interessante.

La domanda è: conviene davvero comprare i titoli di stato spagnoli? La risposta è affermativa perché negli ultimi mesi la Spagna ha dato una prova di carattere ed ha deciso di non chiedere aiuto al fondo Salva-Stati. E’ stato provvidenziale l’intervento di Mario Draghi sull’euro.

Sul Come Draghi ha cambiato la BCE abbiamo già speso molte parole, sicuramente è stato decisivo il discorso in relazione al salvataggio dell’euro a tutti i costi. Questo “stimolo”, per così dire, ha entusiasmato gli investitori e il differenziale tra i titoli di stato spagnoli e i Bund tedeschi si è abbassato vertiginosamente.

La Spagna ha potuto allora risparmiare sui rendimenti dei titoli emessi e questo risparmio le ha consentito di non accedere al fondo ESM. La reazione dei mercati è stata molto positiva ma questo non vuol dire che la crisi del sistema bancario spagnolo sia stata risolta.

Potrebbe perciò esserci una nuova turbolenza, ma gli analisti sono concordi nel ritenere che avrà un effetto positivo.

Il BTp a 15 anni fa “strage di cuori”

 Se l’obiettivo del ministero del Tesoro era quello di attirare investimenti sull’Italia, possiamo dire che l’obiettivo sia stato raggiunto visto che sono stati collocati 6 miliardi di euro di BTp a 15 anni e gli ordini per questo nuovo prodotto d’investimento sono stati di ben 11 miliardi di euro.

► Il rendimento dei BTp sotto la soglia del 4,3%

Il ministero del Tesoro è emesso la prima tranche di BTp a 15 anni e li ha collocati facendoli pagare circa 100,017 euro, che vuol dire che i titoli in questione sono stati piazzai sul mercato con un rendimento lordo annuo del 4,805 per cento al momento dell’emissione.

Il titolo emesso, dunque, ha la scadenza fissata per il primo settembre 2008, con il godimento al 22 gennaio 2013 e il tasso annuo, pagato con cedole semestrali e fissato al 4,75%. Il collocamento dei BTp a 15 anni è stato fatto tramite sindacato e nell’operazione hanno partecipato dei lead managers molto importanti quali Banca IMI, Barclays Bank, Credit Agricole, Goldman Sachs, JP Morgan Securities e una serie di specialisti italiani di titoli di stato, come co-lead.

► BTp di lungo periodo se le condizioni migliorano

Interessante l’entusiasmo degli investitori che hanno fatto richiesta per 11 miliardi di BTp a 15 anni. Il rendimento di questi titoli, dicono gli esperti, è di 30 punti base superiore a quello dei BTp che scadono nel marzo del 2026. Molto importante la richiesta enorme di BTp che è arrivata dall’estero.

Il rendimento dei BTp sotto la soglia del 4,3%

 I buoni del tesoro decennali sono quelli su cui si calcola il tanto famoso spread che misura le differenza tra i BTp a 10 anni e i Bund dello stesso periodo. Nelle ultime settimane il rendimento dei BTp a 10 anni è sceso molto andando a finire sotto la soglia del 4,3 per cento. Tutto dipende dal fatto che le tensioni attorno alla condizione dei paesi periferici dell’Europa, si è di molto alleggerita.

► Spread ai minimi

Chi ci guadagna in tutta questa storia? Coloro che hanno provato a scommettere sulla buona sorte del nostro paese nel momento di crisi maggiore, che coincide con la fine di novembre del 2011. Questi investitori, oggi, fanno i conti con un guadagno a doppia cifra.

► Cala lo spread: che guadagno?

E’ chiaro che il discorso cambia per chi soltanto adesso può permettersi d’investire i risparmi in qualche titolo del debito visto che con i BTp i guadagni non sono più gli stessi quindi è meglio volgere lo sguardo verso terreni più redditizi quali possono esserlo i titoli azionari che distribuiscono dividendi medio alti.

In genere si tratta delle azioni legate ad aziende e realtà industriali molto solide dal punto di vista patrimoniale. Gli analisti, quindi, spingono molto verso le azioni che nel 2013 possono regalare soddisfazioni maggiori rispetto ai BTp.

► BTp di lungo periodo se le condizioni migliorano

Spread ai minimi

 Per spiegare la questione dello spread ai livelli minimi, occorre partire da un concetto molto importante che è quello del flight to quality. Gli operatori finanziari usano questa espressione per indicare un trend di vendite su alcuni asset considerati ad alto rischio con il conseguente acquisto di beni rifugio.

Per fare un esempio si parla di flight to quality quando si scatenano le vendite sui bond al alto rendimento e si acquistano parallelamente bund tedeschi o treasuries americani.

Il fenomeno che abbiamo descritto ha avuto proporzioni ed effetti che possiamo considerare anche devastanti in corrispondenza della crisi dei debiti sovrani, adesso, invece, sembra che si vada in controtendenza e stia tornando nel mercato la cosiddetta propensione al rischio.

Sicuramente hanno influito alcuni eventi su questa situazione: l’accordo sul fiscal cliff, ma anche la decisione d’invertire la tendenza della politica ultraespansiva della FED. A questo punto è successo che si sono attivate le vendite dei beni rifugio e ad avvantaggiarsene sono stati i titoli dei paesi periferici.

I BTp a due anni hanno sperimentato il calo dei rendimenti di 32 punti base, ma anche i rendimenti dei titoli decennali   si sono contratti passando dal 4,5 al 4,26 per cento, con il conseguente assestamento dello spread sui livelli minimi di 272 punti.

Nelle prossime due aste di giovedì e venerdì, dedicate ai titoli a 12 mesi e a medio-lungo termine, questo “mini-spread” subirà il primo test reale.

Bond spazzatura, rendimenti al 6%

 Si chiamano junk bond e, come dice il titolo stesso, sono dei titoli spazzatura, delle obbligazioni a basso rating ed lato rischio. Attualmente rappresentano una bolla speculativa molto interessante, da studiare che non sembra volersi sgonfiare nell’immediato.

Tutto è stato portato a termine nella settimana in cui i mercati hanno espresso la loro euforia dopo l’accordo raggiunto sul fiscal cliff. Sicuramente si può parlare di performance record, ma record è anche il rendimento dei cosiddetti titoli high yield calcolato dagli indici Barclays, visto che per la prima volta sono scesi sotto la soglia del sei per cento.

Perché si parla tanto di bond spazzatura in questo periodo? Perché siamo di fronte ad uno degli effetti collaterali delle cosiddette politiche anticrisi non convenzionali messe in campo soprattutto dalla FED che ha anticipato di pochissimo le scelte delle altre banche centrali.

Il fatto è che azzerando i tassi d’interesse, mettendo tanta liquidità sul mercato, gli investitori si sono sentiti costretti a cercare nuovi strumenti d’investimento dal rendimento elevato. I bond corporate e i titoli di stato hanno subito la pressione del Quantitative Easing, sono stati oggetto di una “repressione finanziaria”.

Di conseguenza si è moltiplicata l’emissione di titoli spazzatura, particolarmente ricercati dai cacciatori d’investimenti. Nel 2012 ci sono state emissioni pari a 397 miliardi di dollari che sono il 38% in più rispetto al 2011.

La Cina usa i bond per sostenere le imprese locali

 Siamo talmente abituati a pensare che i titoli come bond e buoni del tesoro, debbano essere usati per vendere quote del debito pubblico di un paese, che dimentichiamo gli usi alternativi che si possono fare dei soldi raccolti.

La Cina, ancora una volta, c’illustra l’alternativa. Nel 2012, infatti, questo paese ha insistito molto sul mercato dei corporate bond che sono aumentati in modo esponenziale. Nell’anno 2012 le emissioni di bond sono diventate 14 volte più numerose delle azioni.

È chiaro ormai che sono lo strumento privilegiato dal governo pechinese per il finanziamento dell’economia. A livello quantitativo si nota che le obbligazioni emesse nel 2012 sono state il 54% in più di quelle emesse nel 2011 ed hanno raggiunto al quota record di 4,1 miliardi di yuan che equivalgono a 657 miliardi di dollari.

A riportare questi dati ci ha pensato Bloomberg che ha evidenziato anche il calo dei collocamenti azionari che hanno subito complessivamente una contrazione del 14 per cento arrivando a quota 277 miliardi di yuan alla Borsa di Shanghai.

Quest’ultima, ha chiuso l’anno con un modestissimo incremento delle contrattazioni pari allo 0,7 per cento. Un aumento risibile se paragonato ai rendimenti dei corporate bond fissati al 4,69 per cento che è sempre il doppio del rendimento medio mondiale del 2,59 per cento.

La tendenza europea sull’emissione di titoli di stato

 I titoli di stato servono ai paesi dell’Europa e non solo, per vendere quote del debito pubblico in modo da dilazionarne il pagamento negli anni. In genere gli stati che emettono titoli a breve termine in grandi quantità, hanno bisogno di liquidità.

Sognare titoli di stato di lunga durata, mettiamo anche 15 e 30 anni, vuol dire avere il coniglio nel cappello, la soluzione alla crisi, aver trovato un modo per assicurare la governabilità del paese. I titoli a 10 anni, invece sono generalmente indicati per capire il sentiment di uno stato e pesare l’influenza della situazione politica su quella finanziaria ed economica.

L’Italia ha archiviato di recente le ultime due aste dell’anno e sogna di poterne fare di  nuove dedicandosi ai BTp di lungo periodo, ma in Europa la pensano tutti allo stesso modo? Praticamente sì. Soltanto l’Italia si era concentrata sui titoli più brevi ed ora pensa a ridurre lo stock di quest’ultimi lasciando spazio ai titoli a medio e lungo termine.

Anche per Spagna e Francia, si può fare un discorso analogo. Madrid ha ridotto i titoli di stato in asta con scadenza oltre i 10 anni. Oggi i Bonos a 2 e 3 anni sono il 46 per cento del totale. Gli OaT francesi con scadenze superiori ai 10 anni sono stati ridotti nelle aste del 2012 passando dal 15 all’11 per cento del totale.

Soltanto la Germania, nel periodo 2008-2011 ha visto aumentare i titoli di stato di medio e lungo termine.

BTp di lungo periodo se le condizioni migliorano

 L’ultima asta dei BTp italiani ha dato la possibilità al governo, agli italiani e agli investitori di riflettere sulla situazione politica dei paesi dell’Eurozona. Molti titoli, per esempio i BTp decennali, sono molto sensibili rispetto alla politica dei paesi.

Basta pensare ai BTp decennali italiani che hanno ingolosito sicuramente gli investitori dimostrando almeno due cose: che l’Italia è più affidabile rispetto a due anni fa, tanto che l’interesse su questi strumenti d’investimento è maggiore; che è giusto usare i titoli decennali per il calcolo dello spread.

Ma non basta. L’interesse rinnovato per i BTp con scadenza più lunga, ha fatto riflettere il Tesoro italiano sull’opportunità di mettere nel calendario delle aste dell’anno prossimo dei BTp ancora più lunghi, per esempio a 15 o addirittura con scadenza a 30 anni.

La situazione dell’Eurozona, confermandosi positiva, consolidata dalle prossime elezioni politiche che potrebbero allontanare il concetto di ingovernabilità, potrebbe giustificare investimenti di lungo periodo. Questo vuol dire che si prevede una nuova crescita del PIL, una situazione economica e finanziaria sicuramente migliore.

Resta soltanto un piccolo problema: se l’Italia continua ad emettere titoli, anche di lungo periodo, con 410 miliardi di euro all’asta sotto forma di BTp di diverso taglio, si conferma al primo posto tra i paesi che emettono titoli del debito pubblico nell’Eurozona. Sotto il profilo della gestione del bilancio non si tratta di una buona notizia.