Regolarizzazione dei capitali all’estero, le critiche al decreto

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 In una intervista all’Ansa di questa mattina, Daniele Capezzone, presidente della Commissione Finanze della Camera, ha annunciato che il provvedimento relativo alla voluntary disclosure, ovvero la regolarizzazione spontanea dei capitali detenuti all’estero non in regola con il Fisco italiano, potrebbe subire un processo di riscrittura totale.

Il provvedimento, infatti, così com’è sembra essere poco efficace nel convincere chi ha capitali al di fuori dei confini italiani a dichiararli. Vediamo perché.

Cosa prevede il provvedimento sulla voluntary disclosure

Il provvedimento per la regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero prevede che chi farà rientrare spontaneamente i soldi o dichiarerà al Fisco immobili e altre disponibilità non sarà punito per i reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione, e potrà, inoltre, usufruire di una riduzione della metà della pena prevista in caso di dichiarazione fraudolenta.

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Le critiche al provvedimento sulla regolarizzazione dei capitali all’estero

Capezzone, e come lui anche altri deputati, lamentano una mancanza di efficienza di questo provvedimento che da un lato deriva dalla poca convenienza per chi ha capitali all’estero di riportarli in Italia, nel senso che uno sconto di pena non sembra essere un vantaggio comparabile con la convenienza di non farsi tassare in Italia, e, dall’altro lato, il decreto non prevede delle tutele ad hoc per chi ha aiutato a trasferire i soldi fuori dall’Italia.

Nello specifico si tratta di avvocati, commercialisti e intermediari finanziari che per forza di cose verrebbero coinvolti nella voluntary disclosure senza però avere dalla loro, come accade invece per chi ha capitali all’estero, delle tutele convenienti.

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