Per Saccomanni le priorità sono gli esodati e la Cig

 Replica prontamente il Ministro dell’ Economia Fabrizio Saccomanni alla pubblicazione dell’ ultimo rapporto Ocse sull’ economia italiana e alle previsioni, di certo non positive, in esso contenute.

> Le stime Ocse sull’ economia italiana

Secondo il Ministro, infatti, i dati riportati dall’ Ocse sono troppo cupi rispetto alla reale situazione del Paese che è sicuramente ormai entrato in una nuova fase che gli permetterà di superare il precedente periodo di incertezza politica e la paralisi istituzionale che aveva reso la crisi economica ancora più acuta.

Meno tasse e più crescita per Saccomanni

Le previsioni Ocse, del resto, non tengono affatto conto dell’ impatto che avrà il decreto per la restituzione dei debiti della Pubblica Amministrazione che avrà luogo a partire dal 2013 e nel 2014.

Ora l’ Italia, secondo Saccomanni, deve uscire dalla crisi il prima possibile, proseguendo, proprio come si è iniziato a fare, sulla strada delle riforme strutturali, che sono un sicuro passo avanti verso la crescita. Una delle prime necessità – magari entro il mese di giugno – in questo senso sarà quella di chiudere la questione della procedura dell’ Unione Europea per eccesso di deficit.

Per quanto riguarda invece le priorità di governo, servono provvedimenti urgenti anche se non improvvisati per la risoluzione del problema degli esodati e per il rifinanziamento della CIG.

Le stime Ocse sull’economia italiana

 E’ stato recentemente presentato il nuovo rapporto Ocse che fa il punto sulla situazione economica italiana.

PIL, debito e deficit sono al centro delle valutazioni offerte dall’ istituzione parigina, che attraverso le voci del capo economista e del segretario generale, offre però anche il suo punto di vista sulla questione IMU.

> L’Ocse contraria alle modifiche all’IMU

Per quanto riguarda il PIL, dunque, l’Ocse prevede che per il resto del 2013 l’Italia potrà incorrere in una nuova contrazione di quest’ ultimo pari all’ 1,5% e che spiragli di crescita non sono auspicabili prima dell’inizio del 2014, in cui sarà forse possibile recuperare uno 0,5%.

> Pressione fiscale in aumento nei paesi dell’Ocse

E per l’incentivazione della crescita, l’Ocse trova utile il programma di riforme che sono state attuate nel Paese, anche se non è favorevole ad una completa interruzione delle politiche di austerity. E’ da escludere, ad esempio, l’interruzione del livello complessivo dell’ imposizione fiscale, perché per l’Ocse resta di fondamentale e prioritaria importanza la riduzione del debito pubblico, per sottrarre una volta per tutte il Paese alle oscillazioni dei mercati finanziari. Il rapporto debito – PIL, infatti, nelle sue previsioni è destinato a salire ancora fino al 134,2% nel 2014.

Per quanto riguarda infine il fronte deficit, anche quest’ ultimo per l’Ocse sarà costretto a subire un incremento fino al 3,8% nel corso del prossimo anno.

L’Ocse contraria alle modifiche all’IMU

 Nonostante l’ex premier Mario Monti l’ abbia recentemente considerata “una questione non degna dell’ attenzione quasi morbosa” che le si va dedicando in questi giorni, la possibilità della modifica o dell’ eliminazione totale dell’ IMU, l’Imposta Municipale sugli immobili, continua ad occupare i pensieri dei vertici di governo italiano e delle Istituzioni che con esso si relazionano.

> L’IMU sarà sospesa a giugno e alleggerita

Dopo le dichiarazioni pubbliche rilasciate sull’ IMU dai due Ministri Graziano Delrio e Dario Franceschini, senza contare poi le repliche piuttosto assertive di altri esponenti di governo, ora a parlare dell’ IMU è l’ Ocse.

> Le dichiarazioni di Franceschini sull’IMU

L’ Organizzazione parigina sostiene infatti che il taglio o la modifica dell’ IMU non sia al momento la questione prioritaria in Italia, dal momento che quest’ ultima deve comunque rispettare il forte vincolo di bilancio che ancora pesa sul suo futuro. In tali condizioni, dunque, non è possibile allentare la pressione fiscale ma è necessario continuare sulla strada della progressiva riduzione del debito e dell’attuazione delle riforme strutturali che servono al Paese.

La scelta migliore, dunque, secondo l’Ocse, sarebbe quella di ridurre le imposte sul lavoro, operando dei tagli sulle imprese in quel settore, come già fanno altri Paesi Ocse nel mondo.

Italia caso unico: è l’unico dei G7 a essere ancora in recessione

 Dall’Ocse arriva un’altra brutta notizia per l’Italia, e non ce n’era certo bisogno. L’Italia si aggiudica così un altro record negativo: è l’unico dei paesi del G7 che non si è ancora lasciato alle spalle la crisi economica, anzi, la recessione che ci attanaglia sarà presente almeno fino a giugno 2013.

► Secondo l’OCSE cresce il costo del lavoro

Sono i dati riferiti al Pil del paese analizzati dall’organizzazione parigina a far giungere a questa conclusione: dopo che il Pil è nuovamente calato del 3,7% nel quarto trimestre del 2012, nel primo trimestre del 2013 si dovrebbe vedere ancora una discesa, anche se meno pesante, sarà infatti di circa l’1,6%, situazione che perdurerà anche nel trimestre successivo, quando il Pil avrà un ulteriore calo dell’1%.

Ed è proprio questo ultimo dato che pone l’Italia in una condizione unica di recessione, cosa che non accadde agli altri paesi annoverati fra i Grandi 7. Le stime dell’Ocse sono in linea con quelle dell’Istat, che ha previsto l’inizio della ripresa a partire dalla fine del 2013 o all’inizio del 2014.

Secondo l’Ocse è stato raggiunto un nuovo record della disoccupazione

Secondo Bankitalia, però, le stime fatte sulla crescita del Pli per il 2014, pari all’1,3%, sono piuttosto ottimiste e l’incertezza dei mercati internazionali, alla quale in Italia sdi aggiunge anche l’annoso problema dell’occupazione, potrebbe giocare a sfavore e ridurre la crescita prevista di almeno mezzo punto percentuale.

Sempre più pesante il fisco sui salari italiani

 Secondo quanto emerge dal rapporto Taxing Wages del 2012 dell’Ocse, i salari degli italiani sono sempre più sotto la pressione del fisco: il cuneo fiscale, ovvero la differenza tra il salario lordo e quello netto, è arrivata al 47,6% nel caso di un single senza figli e al 38,3% per i lavoratori che hanno a carico una famiglia con due figli.
► Secondo l’OCSE cresce il costo del lavoro

La media dei paesi Ocse per il cuneo fiscale è del 35,6% per un single senza figli e del 26,1% per una famiglia con un reddito e due bambini, L’Italia, quindi, si posiziona ben oltre la media, stessa condizione che si rileva anche per quanto riguarda il salario medio netto degli italiani, ma al contrario, in quanto è molto più basso della media dei paesi Ocse: siamo, infatti, al 22° posto.

Il valore medio di un salario in Italia, infatti, è di 25.303 dollari (dato aggiornato al 2012), posizionandosi così al 22esimo posto sui 34 paesi aderenti all’Ocse: anche la Spagna, paese che si trova in una condizione anche più difficile di quella in cui versa il nostro paese, ha un salario medio netto superiore (27.500 dollari).

► Secondo l’Ocse è stato raggiunto un nuovo record del tasso di disoccupazione

Superiori alla media Ocse anche i dati che riguardano la velocità di crescita del cuneo fiscale sui salari: 0,8 punti percentuali dal 2009 al 2012, contro 0,6, per i single, e di 1,4 punti percentuali, contro 1,1, per le famiglie monoreddito con due figli.

Cresce sempre di più il costo del lavoro

 La Germania è al primo posto della classifica dei paesi per costo del lavoro. Medaglia d’argento all’Italia.Lo rivela uno studio dell’Ocse, che mette anche in evidenza come, dall’inizio della crisi, nei paesi che fanno parte dell’Eurozona il costo del lavoro è aumentato in misura maggiore rispetto alla media dei paesi che aderiscono all’Ocse:  in Europa l’aumento è stato di circa il 10%, 3 punti percentuali in più rispetto agli altri paesi.

► Rallenta l’inflazione, ma anche la crescita dei salari

Nel quarto trimestre del 2012, stando ai dati riportati dal rapporto dell’Ocse, il costo del lavoro per unità (Ulcs) nell’area Ocse è cresciuto dello 0,6%, in aumento dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Le retribuzioni sono continuate a salire, ma in misura minore rispetto ai periodi precedenti (lo 0,3% rispetto allo 0,4% del terzo trimestre), al quale si affianca anche una diminuzione della produttività (-0,3% rispetto al +0,2% nel trimestre precedente).

► 600 euro di stipendio perso ogni anno a causa delle tasse

E sono stati proprio l’aumento dei salari e la contemporanea diminuzione della produttività a causare questo aumento del costo del lavoro, non solo in Europa -Germania (+1,3%), Italia (+1,0%), Francia e Portogallo (+0,6%), mentre in Spagna è diminuito del 3,1 %-  ma anche negli Stati Uniti (+1% )  in Canada (+0,4%).

Secondo l’Ocse è stato raggiunto un nuovo record del tasso di disoccupazione

 Nella zona dell’Euro è di nuovo allarme per il numero dei disoccupati. Secondo i dati dell’Ocse, infatti, il tasso di disoccupazione ha raggiunto un nuovo record, attestandosi all’11,9%.

► Disoccupazione italiana record a gennaio 2013

Il miglioramento del tasso di disoccupazione verificatosi alla fine del 2012, quindi, è stato solo momentaneo, tanto che nei primi mesi del 2013 si è registrato un ulteriore aumento di 500mila tra i senza lavoro. Un aumento che porta il tasso di disoccupazione nei paesi della zona dell’Ocse dall’8% registrato a dicembre del 2012 all’8,1% del mese di gennaio dell’anno in corso.

Lo scorso mese i disoccupati nei 34 Paesi aderenti all’Organizzazione erano 48,8 milioni, il che vuol dire un aumento di 14 milioni di unità rispetto al luglio 2008. Secondo l’analisi dei dati armonizzati dell’Ocse, nei paesi della zona dell’Euro la disoccupazione ha toccato una serie continua di nuovi record, che hanno fatto salire il tasso all’11,9% (+0,1 punti) a livello complessivo e al 24,2% (+0,2) tra i giovani.

Tra i paesi che più soffrono di questa condizione l’Italia, dove il tasso di disoccupazione è balzato all’11,7% dall’11,3% di dicembre, peggiorando al 38,7% dal 37,1% di dicembre nella fascia di età 15-24 anni. L’Italia è terza nella classifica dei paesi per numero di disoccupati, dopo la Grecia (59,4% a novembre) e la Spagna (55,5%, +0,1).

► Mario Draghi su occupazione e euro

Bene la Germania, dove il tasso complessivo è rimasto stabile al 5,3% (7,9% per i giovani). Buona anche la tenuta della Francia con il tasso che è  salito al 10,6% dal 10,5%, (26,9%, +0,1 per i giovani)

 

La ricetta OCSE per salvare il mondo del lavoro italiano

 Oltre a dare indicazioni all’Italia su come potrebbe essere risolto il grave problema della corruzione in Italia, nel rapporto Going for Growth 2013 l’Ocse dà anche delle chiare indicazioni su come si può risollevare il mercato del lavoro e dare una nuova speranza ai giovani italiani.

► In Italia ogni giorno si perdono 480 posti di lavoro

Il succo del discorso è semplice: servono assunzioni e licenziamenti più flessibili. Il paese deve

proseguire la riforma del mercato del lavoro rendendo più flessibili le assunzioni e i licenziamenti e accorciando i tempi dei procedimenti giudiziari, realizzando contemporaneamente la rete universale di protezione sociale già in programma.

Nel capitolo del rapporto biennale dell’Ocse dedicato all’Italia l’organizzazione si concentra sull‘importanza delle riforme strutturali che devono tendere al riequilibrio della tutela del lavoro, ma non, come si potrebbe pensare, alla tutela del singolo posto di lavoro, ma spostando l’attenzione sulla tutela del reddito del lavoratore.

► Previsioni di assunzione per i giovani

Il problema italiano, infatti, sono questa eccessiva concentrazione sul singolo posto e una rete sociale di protezione frammentata che hannoostacolato una distribuzione efficiente della forza lavoro. Solo una migliore formazione e un sostegno reale ai programmi di apprendistato possono aiutare ad incrementare il capitale umano e migliorare la distribuzione del reddito.

Le indicazioni dell’OCSE all’Italia

 Nel rapporto “Obiettivo crescita” l’Ocse raccomanda all’Italia le strategie e le modalità di intervento per riuscire ad mettere la parola fine alla crisi che ha investito il paese e anche per cercare una soluzione definitiva ai problemi endemici della nostra penisola.
► Dati OCSE su occupazione

L’Ocse si concentra, innanzitutto, sul problema della corruzione, che, secondo l’organizzazione parigina, non può essere risolta attraverso i condoni fiscali, ma solo con la riduzione delle distorsioni e degli incentivi all’evasione diminuendo le alte aliquote fiscali.

Nello specifico l’Ocse plaude ad alcuni degli aumenti fatti sulle imposte indirette (Imu) e prosegue, però, dicendo che è il momento di tassare una più ampia gamma di esternalità ambientali e riaffermare la volontà di evitare i condoni fiscali. Le tasse per il lavoro, prosegue l’organizzazione, devono essere assolutamente ridotte.

Il lavoro è uno degli altri argomenti che l’Ocse sembra avere a cuore. In Italia esiste una situazione che non permette, infatti, di sfruttare tutto il potenziale presente nel paese, come dimostra la crescita della produttività del lavoro e la stessa partecipazione al lavoro che rimangono basse.

► Dati OCSE su occupazione

Il primo settore di intervento deve essere diretto ad un bilanciamento del mercato del lavoro, con una maggiore protezione non del singolo posto di lavoro ma del reddito dei lavoratori. Oltre a ciò è necessario migliorare i programmi di istruzione e di apprendistato.

Ocse paradisi fiscali

 Urge un’azione globale per eliminare la sistematica elusione fiscale contemplata dalle multinazionali, le quali sfruttando cavilli normativi, seppur tenendosi ai confini della legalità. Le multinazionali riescono sempre a spuntare livelli di tassazione di appena il 5 per cento, laddove piccole e medie imprese devono sobbarcarsi fino al 30 per cento.

Il vantaggio delle multinazionali

A sostenerlo è l’Ocse, tramite uno studio pubblicato in vista del G20 delle finanze, che si terrà questa settimana a mosca, in cui evidenzia la sempre più frequente pratica delle multinazionali di fare ricorso a strategie che permettono loro di pagare anche solo il 5% in tasse societarie mentre le aziende più piccole, tipicamente nazionali, pagano il 30%. “Molte delle regole in vigore mirate a proteggere le multinazionali dal pagare due volte le tasse, troppo spesso permettono loro di non pagarle affatto”, in ogni caso non mettono in evidenza l’integrazione economica globale e conferiscono alle big corporation un considerevole vantaggio competitivo rispetto alle Pmi, danneggiando oltretutto la crescita e l’occupazione, sottolinea l’Ocse.

Come diminuire la tassazione

Ma non finisce qui: le pratiche alle quali le multinazionali fanno ricorso per diminuire la tassazione sono diventate più aggressive nell’ultimo decennio. Basta creare numerose filiali off shore in qualche paradiso fiscale dove finiscono opportunamente gli utili, mentre alle sedi nei paesi con alta tassazione rimangono immancabilmente spese e aggravi.

I dati Ocse

La ricerca messa in nuce dall’Ocse evidenzia che con questo stratagemma alcuni piccoli Stati ricevono una quota di investimenti esteri diretti (Fdi) del tutto sproporzionata in confronto ai paesi maggiori. Nel 2010, volendo fare un esempio, le Barbados, le Bermuda e le Isole Vergini hanno ricevuto più Fdi (5,1% del totale mondiale) della Germania (4,7%) o del Giappone (3,7%) e durante lo stesso anno i tre paradisi caraibici hanno fatto più investimenti (4,54%) nel mondo della Germania (4,28%).

Il paradosso delle Isole Vergini

Secondo lo studio pubblicato dall’Ocse, le Isole Vergini appaiono essere il secondo investitore mondiale (14%) in Cina, dopo Hong Kong (45%) e di gran luga davanti agli Usa (4%), mentre le mauritius sono al top come investitore in India (24%) e Cipro non ha rivali negli investimenti in russia (28%).

Vi sono poi i casi degli Stati europei, fiscalmente vantaggiosi, all’interno dei quali si aprono veicoli societari ad hoc, con pochissimi o senza dipendenti, il cui unico ruolo è quello di fungere da holding.

Ad esempio lo stock degli investimenti in Olanda nel 2011 riportava nel complesso 3.207 miliardi di dollari usa e di questi ben 2.625 miliardi facevano capo a veicoli societari speciali, mentre gli investimenti in uscita dal Lussemburgo sono stati pari a 2.129 Miliardi, di cui 1.987 con i veicoli speciali.