Le novità sulle pensioni dal 2014

 Con l’anno nuovo entrano in vigore una serie di nuove disposizioni sulle pensioni, contenute nella legge Fornero del 2011, in altre leggi e nella Legge di Stabilità. In quest’ultima, è stata inserita l’indicizzazione delle pensioni, ma con un meccanismo diverso rispetto a quello del passato.
La riforma delle pensioni della Fornero del 2011 prevedeva di bloccare le indicizzazioni per due anni. Da ora, quindi, torna l’adeguamento al costo della vita, ma limitato al parametro delle sei volte il minimo. Le indicizzazioni riguardano le pensioni fino a 2.973 euro lordi al mese è saranno risibili a causa del basso tasso di inflazione. Il meccanismo prevede una indicizzazione di questo tipo: del 100% per le pensioni fino a 3 volte il minimo; del 95% per le pensioni tra 3 e 4 volte il minimo; del 75% per le pensioni tra 4 e 5 volte il minimo; del 50% per le pensioni che superano le 6 volte il minimo.
Vediamo come funzionano quindi gli aumenti, considerando che non c’è un meccanismo progressivo.
  • Pensione fino a 1.487, 100% indicizzazione Istat, aumento del +1,20;
  • Pensione da 1.487 a 1.982, 95% indicizzazione Istat, aumento del +1,14%;
  • Pensione da 1.982 a 2,478, 75%  indicizzazione Istat, aumento del +o,90;
  • Pensione da 2,478 a 2.973, 50%  indicizzazione Istat, aumento del +o,60.
Il meccanismo non è progressivo e quindi chi, ad esempio, ha una pensione lorda di 1.800 euro al mese avrà una indicizzazione dell’1,14%. Egli non avrà un aumento dell’1,20% per la sua pensione fino a 1.487 e dell’1,14% per i 313 euro rimanenti.
Tra le novità sulle pensioni, con il nuovo anno c’è anche il contributo di solidarietà. Questo riguarderà le pensioni da 90 mila euro annui e da 6.936 euro lordi mensili. Nello specifico, il contributo di solidarietà è del 6% per le pensioni comprese tra le 14 e le 20 volte il minimo, da 90 mila 168 euro a 128 mila 811 euro annui, e del 12% per le pensioni comprese tra le 20 e le 30 volte il minimo, da 128 mila 811 euro a 193 mila 217 euro annui. Per le pensioni che superano le 30 volte il minimo, il contributo di solidarietà è del 18%.

Iscritti all’Avis, possibile decurtazione della pensione

 Secondo una norma prevista nella riforma Fornero, i donatori di sangue che si sono assentati dal lavoro per donare dovranno recuperare tutti i giorni di permesso accumulati per questo scopo per poter accedere a pieno titolo all’assegno pensionistico, altrimenti verrà applicata una decurtazione del 2%.

Pensioni dipendenti pubblici: le ultime novità di settembre 2013

Un provvedimento che è in aperto contrasto con quanto previsto dalla disciplina sulla donazione del sangue in Italia come da legge n. 219/05, articolo 8, comma 1, nel quale si stabilisce che i donatori di sangue e di emocomponenti che hanno un rapporto di lavoro dipendente hanno diritto ad astenersi dal lavoro per l’intera giornata in cui effettuano la donazione, che sarà normalmente retribuita e sulla quale verranno versati interramenti i contributi previdenziali.

Con la riforma voluta dal precedente governo, invece, come spiega Ferruccio Giovetti, presidente dell’Avis Cremona, tutti coloro che andranno in pensione entro il 2017 senza aver raggiunto i 62 anni di età dovranno recuperare in sede di conteggio oppure il pensionato subirà una penalizzazione del 2% sull’assegno vitalizio.

Questo vuol dire che il donatore che avesse effettuato 100 donazione nell’arco della sua carriera lavorativa dovrà recuperare tutti i 100 giorni di permesso.

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Al di là della questione etica che la legge non tiene in considerazione, a fare scalpore è anche la retroattività del provvedimento che, se fosse stato introdotto a partire da ora avrebbe permesso al donatore di regolarsi di conseguenza, ma avendo valenza anche sugli anni passati ricade anche su chi ha donato senza la consapevolezza dell’esistenza di una simile normativa.

Trovate le coperture per altri 6.500 esodati: chi e come può fare richiesta

 Il Decreto 101 del 2013 sulla razionalizzazione delle spese della Pubblica Amministrazione e con il Decreto 103, quello che ha eliminato la rata dell’Imu, entrambi già pubblicati in Gazzetta Ufficiale (31 agosto 2013) sono entrate in vigore delle interessanti novità per i lavoratori esodati e per i dipendenti del settore pubblico.

 Pensioni dipendenti pubblici: le ultime novità di settembre 2013

I Decreti sono serviti, infatti, a trovare le coperture per altri 6.500 esodati, ossia i lavoratori che hanno lasciato il lavoro ma che sono stati privati della possibilità di andare in pensione con l’entrata in vigore della Riforma Fornero, cha ha innalzato i requisiti per l’accesso alla previdenza.

I requisiti per gli esodati

I lavoratori che sono usciti dal mondo del lavoro entro la fine del 2011 e che da allora non percepiscono né stipendio né pensione, potranno accedere al trattamento pensionistico dell’Inps, secondo i requisiti previsti prima della Riforma Fornero solo se:

1. in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi vigenti prima della riforma, avrebbero maturato il diritto ad avere la pensione entro il 2014;

2. l’uscita dal lavoro non è precedente al 1° gennaio 2009 e successiva al 31 dicembre 2011;

3. non sia stato percepito dopo il licenziamento un reddito annuo lordo complessivo per qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente, superiore a 7.500 euro.

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Tempistiche e modalità di presentazione della domanda per gli esodati

Il termine ultimo fissato dal Governo per presentare la domanda di accesso al trattamento pensionistico per chi rientra nei requisiti sopra esposti è il 25 settembre 2013. Le informazioni necessarie, i documenti da presentare e anche maggiori dettagli sui requisiti sono reperibili sul sito del Ministero del Lavoro.

 

Come potrebbe cambiare la riforma Fornero

 Il Consiglio dei Ministri che si terrà il prossimo 21 giugno potrebbe già  trovarsi a discutere del cosiddetto pacchetto – lavoro, ovvero di quell’ insieme di misure che il Governo Letta ha intenzione di varare per modificare alcuni aspetti della precedente riforma del lavoro, quella che porta il nome dell’ ex Ministro Fornero

La Riforma Fornero fa risparmiare, ma chi paga?

 Il report sulla spesa pensionistica stilato dall’Inps – che comprende il periodo che va dallo scorso anno fino al 2021, con proiezioni fino al 2050 – mette in risalto come la Riforma Fornero abbia permesso all’Istituto di Previdenza di risparmiare 80 miliardi di euro in più rispetto a tutte le altre riforme precedenti.

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Con questo risparmio la spesa pubblica subisce una contrazione che arriverà a toccare un punto di Pil nel 2019, dopo il risparmio sarà sempre minore fino a divenire nullo nel 2045.

Come è stato possibile arrivare a questo risparmio? In primo luogo la Riforma Fornero ha portato ad un abbassamento del 15% degli assegni pensionistici più alti lasciando però inalterato l’ammontare delle pensioni che non superano il trattamento minimo di almeno tre volte il suo importo.

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Questo grazie alla riforma del meccanismo di rivalutazione automatico delle pensioni. Ma c’è da segnalare che la Riforma delle pensioni approntata dal ministro Fornero si basa anche su dei meccanismi di stabilità – aumento dei requisiti di pensionamento per vecchiaia, blocco delle uscite per anzianità, calcolo delle pensioni solo con il metodo contributivo – che hanno sì fatto risparmiare ma hanno anche alzato l’età pensionabile e alleggerito gli assegni pensionistici.