Governo, nuove regole per il lavoro

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L’esecutivo Renzi desidera rivoluzionare il mondo del lavoro. Conclusosi il capitolo jobs act, il governo si prepara in autunno a dar vita a nuove regole della contrattazione.

“E’ auspicabile che le parti sociali individuino l’accordo tra di loro. Certo, se questo non si verificherà, diventerà inevitabile un intervento ex cathedra ” dell’esecutivo, conferma Pierpaolo Baretta, sottosegretario all’Economia. Al ministero del lavoro sottolineano che, al momento, la materia è delegata a sindacati e organizzazioni degli imprenditori “così come aveva detto lo stesso premier in giugno” incontrando le parti sociali.

Il nodo principale da sciogliere è quello della rappresentanza: chi e quando ha il diritto di trattare con le controparti e firmare accordi che poi riguardano tutti i dipendenti, che siano o no iscritti ai sindacati? Questione importante perché finisce per decidere i sommersi e i salvati nelle fabbriche e negli uffici a partire dai prossimi mesi. Questione che rende decisivo capire quanti siano davvero i tesserati delle diverse organizzazioni sindacali e quale sia, di conseguenza, il consenso di cui godono nei luoghi di lavoro. Sull’argomento le proposte del presidente della Commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano e quella del senatore Pietro Ichino, politicamente spesso distanti pur appartenendo ambedue al Pd, hanno punti di convergenza importanti. Prevedono sostanzialmente una soglia di sbarramento del 5 per cento di rappresentanza per potersi sedere al tavolo delle trattative.

Come si misura? Soprattutto in base ai risultati delle elezioni dei delegati perché molto più difficile è conoscere dalle aziende, attraverso l’Inps, il numero di dipendenti che sono iscritti a questo o quel sindacato. In ogni caso, escludendo le sigle che rappresentano meno del 5 per cento della forza lavoro, si eviterebbe la partecipazione alle trattative di molte piccole organizzazioni.

 

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