Le aziende che tornano in Italia, devono avere l’appoggio dello Stato

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 Il manifatturiero italiano ha bisogno di tornare a crescere e per farlo è necessario ripartire dalla fabbrica. Portare lavoro in Italia si può, ma le aziende che decidono di farlo non devono essere lasciate sole. 

È questo il messaggio che è emerso dall’Assemblea Annuale di Anie Confindustria. I tre temi fondamentali affrontati nell’evento sono stati : reshoring, innovazione ed education. L’evento è stato aperto dal Presidente di Anie, Claudio Andrea Gemme, alla presenza di Lisa Ferrarini, Comitato Tecnico per la Tutela del Made In e la Lotta alla Contraffazione di Confindustria; Maurizio Pernice, Direzione Generale per la Tutela del Territorio e delle Risorse Idriche, Diana Bracco, Presidente di Expo 2015 Spa e Commissario per Padiglione Italia, e del Sindaco di Milano Giuliano Pisapia.

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Il back reshoring, che significa il rientro in Italia dei siti produttivi in passato delocalizzati all’estero, è stato il fulcro di uno studio conseguito dalla Federazione con il contributo di Luciano Fratocchi, professore di Ingegneria economico-gestionale all’Università de L’Aquila e portavoce del gruppo di ricerca italiano Uni-Club MoRe Back Reshoring. Dallo studio viene fuori che i settori Anie raffigurano quasi il 20% del totale del caso italiano, collocandosi in seconda posizione solo dopo abbigliamento e calzature. Est Europa (38,5% dei casi) e Cina (30,8%) sono le aree geografiche da cui si rientra maggiormente, per un evento che inizia nel 40% dei casi dalle piccole e medie imprese. Tra le motivazioni più importanti per il rientro, il minore controllo della qualità della produzione all’estero, il bisogno di vicinanza ai centri italiani di R&S (25%) e i maggiori costi della logistica (22%).

 

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