Prezzi in calo per le commodities agricole

 La produzione agricola, per quanto si possano fare stime dettagliate, dipende in gran parte dalle condizioni meteo e se la siccità di fine estate aveva indotto gli analisti a fare stime pessimistiche sul raccolto, le piogge autunnali hanno invertito l’overview.

Il Dipartimento USA dell’Agricoltura, alla fine della scorsa settimana di contrattazioni, ha sorpreso un po’ tutti gli investitori che si sono concentrati sul mercato delle commodities agricole, con delle previsioni che sono andate oltre le attese.

L’effetto iniziale è stato un sell-off sui futures trattati dal Chicago Board of Trade. Nel dettaglio si è registrato un calo del 2 per cento dei contratti a termine sui semi di soia che sono scesi ai livelli minimi registrati dalla fine di giugno.

I futures sul frumento hanno fatto registrare perdite altrettanto consistenti mentre si parla di flessione anche se marginale per i futures sul mais. Questa situazione è stata scatenata dai dati sulla produzione che sono stati migliori delle attese.

Maggiori scorte, però, vuol dire anche calo dei prezzi. Un mese fa ci si aspettava di fare i conti con una produzione molto più risicata. Basta pensare ai dati sulla soia: fino all’ultimo comunicato non ci si aspettava assolutamente un incremento del 4 per cento sui raccolti americani di questo prodotto.

Il mercato delle conifere

 L’Organizzazione europea delle segherie e l’European Timber Trade Federation hanno da poco concluso un appuntamento molto importante, l’International Softwood Conference tenutasi a Stoccolma. Ne è emerso un miglioramento delle condizioni del mercato delle conifere in Nord America e un peggioramento della situazione europea.

La produzione di segati di conifere, all’interno dei paesi dell’Organizzazione europea delle segherie è stato valutato in calo del 5,3% alla fine dell’anno in corso e per il 2013 la stima è di un calo dell’1 per cento della produzione.

Questa situazione è diametralmente opposta a quanto sta succedendo in America, soprattutto nel mercato settentrionale del paese dove i segati di conifere fanno registrare un 7,2% di aumenti per il 2012 e si prevede una chiusura in positivo, del +2,2 per cento anche per il prossimo anno.

Si passerà dunque da 88,9 milioni di metri cubi di segati di conifere prodotti nel Nord America a ben 90,8 milioni di metri cubi.

Al di là della produzione occorre valutare anche il consumo di questi prodotti e la situazione risulta però speculare: a fronte di un aumento dei consumi di segati di conifere del 6,6% in Nord America, si deve prendere atto di una riduzione dei consumi del 3,4 per cento nell’area dell’Organizzazione europea delle conifere e nei Paesi europei Isc.

 

Dollaro forte, mercati depressi

 Tutto resta com’era in America ma il dollaro subisce delle variazioni che fanno deprimere i mercati. Obama resta l’inquilino della Casa Bianca e i democratici ottengono la maggioranza al Senato nonostante una leggera perdita di terreno nella Camera del Congresso.

Il primo dato a livello finanziario che si deduce è che la cacciata di Bernanke dalla Fed, che era nei piani dei repubblicani di Romney, deve aspettare ancora un po’. Per Obama si prevedono comunque periodi complessi in cui dovrà gestire al meglio l’ostruzionismo dei Repubblicani al Senato e l’opposizione degli stessi alla Camera.

A livello fiscale, il cosiddetto baratro, passato alla storia con l’espressione fiscal cliff anche in Italia, è ancora nell’aria: Wall Street perde il 4 per cento dopo la vittoria di Obama e trascina verso il basso anche le borse europee.

Analizzando superficialmente la situazione si potrebbe dire che le borse hanno manifestato una considerazione negativa sulla rielezione di Obama, in realtà si tratta di una reazione all’apprezzamento del dollaro legato ai problemi dell’UE piuttosto che a quelli degli States. 

Peccato che un dollaro più forte e il contestuale calo dell’euro (seguito all’annuncio della crisi tedesca), sia diventato l’input per le vendite sulle azioni e le materie prime a fronte di ingenti acquisti di titoli di Stato.

IPO e il mercato in crisi

 Il mercato azionario è in difficoltà e il fatto che stia perdendo vitalità emerge anche dalla numerosità delle IPO dell’ultimo periodo di rilevazioni: il terzo trimestre dell’anno. Ecco una panoramica sui nuovi ingressi nel mercato azionario: chapeau all’Asia.

Il mercato azionario e gli scambi in generali, sono stati fortemente depressi dalla crisi economica globale e la possibilità che si perseveri nella recessione per i prossimi anni, indebolisce la volontà delle aziende di quotarsi in vorsa.

Il mercato, insomma, condiziona le Ipo. Nel terzo trimestre del 2012, per esempio, la banca dati di S&P Capital Iq, prende atto soltanto di 211 nuove operazioni sul mercato globale. Si tratta di un volume di “new entry” in calo rispetto al mese precedente quando le Ipo sono state 292 e in calo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso quando le Ipo del terzo trimestre erano addirittura 316.

L’ammontare collocato è stato di 28 miliardi di dollari e anche questo dato risulta naturalmente in calo rispetto all’anno scorso, quando si parla di 31 miliardi di dollari e rispetto al trimestre precedente con i suoi 42 miliardi di dollari.

S&P Capital Iq rileva anche una scarsa partecipazione dell’Europa che ha contribuito soltanto con 672 milioni di dollari di azioni collocate a sostenere i debutti in borsa. Oltre la metà delle quotazioni, invece, è stata fatta nell’area Asia-Pacifico con un ammontare totale di 17,9 miliardi di dollari. Importante il contributo di Japan Airlines.

Grecia: la situazione sempre più critica

 Chi investe in opzioni binarie e nell’acquisto di titoli di stato, in queste ore fa molta attenzione a quel che sta succedendo in Grecia, nel paese che è diventato il termometro della crisi e della ripresa di tutta l’UE. In particolare si deve decidere se concedere al paese una nuova tranche di aiuti.

La Grecia, secondo gli analisti e secondo coloro che fanno trading online, non abbandonerà presto l’area euro. E’ un sentire comune legato al fatto che la Grecia deve ancora riprendersi e che in fondo la Troika, vale a dire UE, BCE e FMI non si è ancora pronunciata sugli aiuti da conferire ad Atene.

Sicuramente nel fine settimana è stata preparata una nuova asta di bond a 1 e 6 mesi per un valore complessivo di 3,125 miliardi di euro. Il governo greco, intimorito dalla possibilità di non ricevere nuovi aiuti, ha provveduto anche ad emettere titoli di Stato a breve termine per rimborsare i bond in scadenza il 26 novembre per un valore complessivo di 4,1 miliardi di euro. 

In questo modo si evita il default ma s’impensierisce l’Europa, molto indecisa sul da farsi. Dalla Germania arriva il solito invito alla cautela, dovuto anche alla poca fiducia relativamente al piano d’austerity che il governo di Atene ha approvato.

La ripartenza dall’Islanda

 Un noto film italiano si augurava di non ricominciare sempre tutto da capo ma di salvare almeno tre cose. Se volessimo operare un ragionamento simile sulla condizione europea, potremmo essere certi che non tutto è perduto, soprattutto se si considera la rivoluzione in atto in Islanda.

In questo paese ci sono i famosi tre elementi per ripartire nello sviluppo: tecnologia, referendum e iniziativa popolare. Sono queste le parole d’ordine del popolo islandese che alla fine del mese scorso ha approvato la prima web costituzione della storia.

Un consiglio direttivo di 25 cittadini estranei alla politica è stato nominato con l’incarico di consultare la popolazione sul nuovo testo costituzionale, considerati i principi fondamentali del testo definiti dal Consiglio direttivo. Questo organo ha sfruttato la tecnologia e soprattutto i social network come Twitter, Facebook e Youtube per entrare in contatto con la popolazione. 

La partecipazione all’evento è stata straordinaria e un referendum alla fine di ottobre ha interrogato i cittadini sulla conformità della bozza della web costituzione. L’ultima parola spetta sempre al governo ma si esclude la possibilità di un rovesciamento di fronte repentino.

I titoli di stato islandesi si rafforzano considerato anche il fatto che la nuova costituzione rafforza gli strumenti del referendum e delle leggi d’iniziativa popolare. L’Islanda si configura dunque come un terreno d’investimento privilegiato. 

I vantaggi d’investire nel mercato valutario

 Il mercato valutario, il ForEX è un terreno molto interessante per gli investimenti di breve e brevissimo periodo perché consente di fare previsioni e tradurle in investimenti operativi in pochissimo tempo. In realtà gli analisti costruiscono i vantaggi del ForEX per differenza.

Ovvero molti cercano di capire quali sono i vantaggi del mercato della valute straniere, rispetto al terreno d’investimento tradizionale per chi ha qualche risparmio da parte e vuole farlo fruttare.

Tra i mercati azionari e il ForEX c’è una prima grande differenza legata alla lungimiranza dell’analisi. Mentre l’investitore del mercato ForEX deve prevedere i movimenti dei tassi di cambio nel breve termine, al contrario il mercato tradizionale richieste valutazioni di medio e lungo termine. Le negoziazioni, in questo secondo “ambito” possono durare anche diversi anni.

Investimenti rapidi, da definire in pochi minuti, in poche ore, ma in qualsiasi momento della giornata. Un’altra caratteristica del ForEX è il suo essere aperto 24 ore su 24, visto che opera su tutti i mercati cinque giorni alla settimana.

Le oscillazioni del valore delle valute sono consistenti perché il mercato ForEX è caratterizzato anche dall’elevata liquidità e dall’assenza di costi di commissione per cui anche chi ha deciso di provare l’ebrezza del trading, può partire proprio da qua.

Il variabile geniale del Banco Popolare

 Il Banco di S. Geminiano e S. Prospero è un istituto di credito che fa parte del Gruppo Banco Popolare e propone ai suoi clienti che non hanno superato gli 80 anni alla scadenza del contratto un mutuo a tasso variabile definito geniale.

Ci sono delle condizioni esclusive per chi accede a questo prodotto tramite l’intermediazione di Mutuionline che ne propone una scheda accurata. Il mutuo Geniale a tasso variabile è pensato con due sole possibilità per il piano d’ammortamento, 10 o 15 anni.

Il loan to value del prodotto è molto basso, appena il 50 per cento del minore tra valore di vendita ed importo erogato. Importo sul quale la banca iscrive un’ipoteca di primo grado al 200 per cento. Un particolare, questo, da non sottovalutare visto che incide sui costi del notaio e quindi sul tasso finale.

Nel Taeg confluiscono anche le spese d’istruttoria, di perizia, le spese periodiche d’incasso rata e l’imposta sostitutiva. La banca offre anche la polizza incendio del fabbricato.

Il mutuo Geniale può essere richiesto per l’acquisto della prima casa per la ristrutturazione e per il completamento della costruzione. 

Il tasso variabile è dato dalla somma tra spread al 3,05 o al 3,15 e Euribor a 3 mesi su base 365. Il primo spread è per chi opta per il piano d’ammortamento decennale. Leggermente più alto lo spread per i mutui a 15 anni.

Generali: nove mesi di ascesa

 Gli analisti hanno attribuito i buoni risultati del Gruppo Generali ad un cambio al vertice operato all’inizio di giugno, quasi a dire che sia stato proprio il terzo trimestre dell’anno a trainare tutta l’azienda verso dei risultati incredibili.

Il 2 giugno di quest’anno, i vertici del Gruppo Generali hanno allontanato il CEO Giovanni Perissinotto che sembra aver fatto tramontare il titolo della compagnia in borsa con una perdita vicina al 60 per cento. Una débacle senza precedenti prima.

Adesso, invece, l’inversione di tendenza è iniziata a si è anche stabilizzata. L’azienda ha diffuso una nota spiegando che l’utile netto della compagnia è in crescita del 37 per cento rispetto ai primi nove mesi del 2012 e si cristallizzato sul 1.133 milioni di euro.

Anche il risultato operativo complessivo registra un buon aumento, benché meno consistente dell’indice precedente. Il risultato operativo è di 3.292 milioni di euro, il 9,4 per cento in più dell’anno scorso. In questo caso tutto si deve agli ottimi risultati del ramo “vita” della compagnia che è andato su del 16,5 per cento.

Non stupisce dunque che anche il patrimonio netto sia in aumento rispetto all’anno scorso e si sia registrata una crescita del 24,1 per cento rispetto al 2011, passando infatti dai 15.486 milioni di euro dell’anno scorso ai 19.215 milioni di euro di oggi.

L’Argentina nel mirino degli investitori

 C’è ancora da ragionarci su, ma quello che sta succedendo in Argentina è emblematico. Il paese, nonostante abbia allontanato lo spettro del default è ancora in lotta e gli indignados portano in piazza concetti e valori come la democrazia, denunciando la corruzione della classe politica.

Il presidente argentino in carica è Cristina Fernandez de Kirchner che ha già ricoperto due mandati e ufficialmente ha portato l’Argentina fuori dal default. Peccato che gli analisti ed ora anche i cittadini non sia concordi nel dire che si tratta della migliore soluzione possibile per il paese.

La Kirchner, infatti, sta per far approvare una riforma costituzionale che le garantirebbe un terzo mandato a partire dal 2015. A questo punto gli indigandos hanno detto “no” e aiutati dai social network, si sono organizzati per protestare in piazza. 

A parte la numerosità dei partecipanti alla protesta, quello che ha fatto drizzare le antenne degli investitori sono stati i  numeri portati per avvalorare la tesi che la Kirchner non è il Presidente che può guidare la ripresa. Con lei, infatti, l’inflazione è salita oltre il 25% e questo vuol dire che al di là di tutte le classi sociali si assisterà ad una depressione dei consumi. Da aggiungere a questo dato anche il calo della popolarità della Kirchner.