Come funziona il pignoramento dello stipendio dopo il Decreto del Fare

 Il Decreto del Fare ha cercato, tra i tanti obiettivi previsti, anche di rendere più ‘umano’ il rapporto tra i contribuenti e il fisco – inteso qui anche per Equitalia, la società che si occupa della riscossione dei tributi – per andare incontro ai cittadini in questo momento di difficoltà.

Ed Equitalia ha dovuto ammorbidire i suoi metodi e allungare le sue tempistiche, soprattutto quando si tratta di contribuenti in evidente difficoltà causa crisi.

► Nessuna cartella esattoriale per le imprese creditrici delle PA

Le nuove soglie di pignorabilità dello stipendio di Equitalia

Gli stipendi dei contribuenti debitori del fisco saranno pignorati per somme proporzionali al debito stesso:

debito fino a 2.500: pignoramento di è un decimo dello stipendio;

debito compreso tra 2.500 e 5.000 euro: un settimo;

debito superiore ai 5.000 euro: pignoramento di un quinto dello stipendio (limite massimo previsto dalla legge).

Lo stipendio, ma anche le pensioni e altre indennità legate al lavoro, quando versate sul conto corrente del debitore, non saranno mai pignorabili se costiutiscono l’ultimo emolumento ricevuto.

 Come funziona la rateizzazione dei debiti con Equitalia

Le nuove tempistiche del pignoramento dello stipendio

Con il Decreto del Fare si allunga il tempo a disposizione del contribuente per ricorrere alle eventuali tutele previste. Il pignoramento dello stipendio, infatti, non scatterà più a 15 giorni dalla data di notifica da parte della società ma a 60 giorni.

Bloccati gli stipendi dei manager fino al 2014

 In tempi di recessione economica ognuno deve fare la propria parte. Anche i manager e gli amministratori delegati che possono vantare retribuzioni oltre i 120 mila euro. Tali infatti sono le retribuzioni di moltissimi profili operanti nel mondo delle Pmi italiane. 

Reintrodotto il taglio per i manager della pubblica amministrazione

 Parlamento e Governo hanno discusso a lungo sulla questione del taglio e del relativo tetto per gli stipendi dei manager delle Spa pubbliche. Dopo che la misura di introduzione del taglio del 25% agli stipendi complessivi, “a qualsiasi titolo determinati”, di tutti i manager pubblici che non rientrano nel tetto dei circa 300 mila euro.

 Nuove regole per i vertici delle società statali

Il tetto dei 300 mila euro complessivi è stato determinato in base allo stipendio massimo che può percepire il presidente della Corte di Cassazione. Il risultato della discussione che ha portato finalmente a dare una regolamentazione agli stipendi dei manager pubblici deriva da due diversi emendamenti: l’ abolizione dell’articolo 12 bis che sanciva l’inapplicabilità del tetto dei 300 mila euro alle società che svolgono servizi di interesse generale, anche nel settore economico.

I super manager italiani che saranno coinvolti nel taglio sono quelli delle società a controllo pubblico diretto o indiretto, sia quotate che non che “emettono esclusivamente strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati nei mercati regolamentati”.

► 200 poltrone libere nelle società pubbliche

Nella lista dei manager che perderanno una cospicua fetta di stipendio ci sono quelli di Eni, Enel, Finmeccanica, Ferrovie e Poste. Le novità entreranno in vigore il prossimo anno, momento dal quale tutti i manager il cui stipendio non rientra nel tetto dei 300 mila euro vedranno tagliati i loro compensi del 25%.

Tagliati gli stipendi dei manager pubblici

 E’ anche una questione di spending review ma è soprattutto un’esigenza che nasce dalla particolare condizione di crisi che attraversa il nostro paese. Ci deve essere più equità negli stipendi, non è possibile che ci siano manager, la cui competenza è sfruttata dalle pubbliche amministrazioni e che guadagnano fior fiore di milioni di euro.

Tempo fa era stato inserito il passaggio in una legge per mettere un tetto massimo agli stipendi, poi l’idea era passata in cavalleria e il proposito abbandonato. Adesso, invece, il freno ci sarà e riguarderà sia le aziende possedute dallo stato sia le società quotate.

Il contributo di solidarietà sulle super pensioni è illegittimo

Si prevede e quindi si parla di una riduzione del 25 per cento degli stipendi ma entriamo nel dettaglio della normativa. Il tetto agli stipendi dei manager riguarderà anche aziende come Eni ed Enel. Per ora, nella nostra legislazione, tramite una deroga, era stato eliminato il tetto di 302,93 mila euro agli stipendi dei manager pubblici di società come Poste, Ferrovie, Invitalia e Anas.

I manager italiani sono i più pagati d’Europa

L’argomento però è stato rilanciato e dovrebbe essere quindi inserito un taglio del 25 per cento alle remunerazioni sia per i manager delle aziende pubbliche, sia per i manager delle aziende quotate, sia per i manager delle aziende non quotate che comunque emettono dei titoli.

In serata è stato smentito il buon proposito.

I paesi in cui si lavora di più nel mondo

 Se in un paese si lavorano più ore che in un altro, non è detto che in questo primo paese di lavoratori si guadagni anche di più. Di recente, comunque, è stata elaborata una statistica dei paesi in cui ci sono più ore di lavoro annue. I paesi sono stati classificati anche tenendo conto degli stipendi medi e del numero di ferie accumulabili.

La statistica è stata realizzata dall’OCSE. Proviamo a prendere qualche paese cercando di capire che sorprese avremmo andando a cercare un posto di lavoro all’estero.

Riconoscere l’elusione dai prezzi dell’outsourcing

Chi va nella Repubblica Slovacca, per esempio, deve sapere che non troverà facilmente un lavoro part-time visto che questi contratti “ridotti” rappresentano soltanto il 4 per cento dei contratti complessivi. I lavoratori della nazione in questione, infatti, annualmente sommano ben 1749 ore di lavoro con uno stipendio medio che però arriva soltanto a 14522 euro. La Repubblica Slovacca non è certo da considerare il paese più produttivo d’Europa o del mondo.

Sports Direct in Inghilterra cresce ancora

Al primo posto in questa speciale classifica, quindi proprio dalla parte opposta, troviamo invece il Messico dove in anno si lavorano ben 2317 ore per uno stipendio che in euro è soltanto di 7528 euro. Chiaramente si tratta di un valore medio ma molto importante. Questa situazione potrebbe dipendere dalla bassa scolarizzazione della popolazione. Il Messico è comunque un’economia emergente.

Stipendi stazionari a maggio 2013

 L’ Istituto nazionale di Statistica – ISTAT – ha recentemente diffuso i dati relativi all’ andamento di retribuzioni e stipendi italiani per il mese di maggio 2013.

I manager italiani sono i più pagati d’Europa

 L’autorevole testata economica The Economist ha pubblicato nei giorni scorsi un’interessante tabella dove sono riportati i livelli medi degli stipendi dei manager europei. Da questa classifica si evidenzia che i manager italiani, nonostante la crisi che si è abbattuta sull’Italia e tutti i problemi del mondo del lavoro nel nostro paese, sono tra i più pagati d’Europa, un gradino sotto solo ai manager rumeni, ucraini e russi.

► Il manager inglese più pagato è una donna

Oltre a questo dato dalla tabella si evince anche che la retribuzione oraria media per un Ceo aziendale italiano, senza tante differenziazioni tra settore pubblico e settore provato, è di 957 dollari ogni ora (praticamente quasi quanto un lavoratore ‘normale’ guadagna in un mese). In Germania questa cifra è praticamente dimezzata (546 dollari l’ora), come anche in Francia (551 dollari) e in Inghilterra (616).

La tabella dell’Economist è stata redatta in base alle medie retributive, quindi i dati potrebbero discostarsi un po’ da quelli reali, ma vale comunque per capire la distanza tra le retribuzioni delle due tipologie di lavoratori: in Italia la differenza è tra le più ampie, mentre si riduce quasi a zero in Norvegia e in Svizzera.

► Aggiornamenti sullo stipendio italiano

Questa interessante analisi dell’Economist non fa altro che suscitare ulteriori dubbi su quanto sia possibile fare in Italia per trovare una soluzione al problema della mancanza di lavoro: forse non si dovrebbe procedere solo ad una riduzione del costo del lavoro, ma sarebbe anche utile pesare ad una redistribuzione di questa ricchezza.

Meno 500 euro nelle buste paga degli italiani

 Nel corso degli ultimi due anni le buste paga dei lavoratori italiani, soprattutto i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e i lavoratori del settore del credito, hanno perso circa 500 euro.

► Ecco quali aziende retribuiscono bene il lavoro

A dirlo è una ricerca della CGIA di Mestre e della Banca d’Italia, che ha evidenziato l’abbassamento dello stipendio medio degli italiani di circa due punti percentuali: da una media di guadagno annuo di 25.130 euro per lavoratore all’inizio del 2011 si è passati ai 24.644 del 2012.

I dipendenti della pubblica amministrazione sono stati i più colpiti a causa del blocco dei contratti che interessa il settore e che, quindi, impedisce l’aumento degli stipendi in proporzione all’inflazione: in tre anni i dipendenti della pubblica amministrazione hanno perso quasi 2.000 euro (da 32.654 a 30.765).

Il secondo comparto più colpito, stando ai dati della Banca d’Italia, è quello del credito, dove la retribuzione media annuale ha perso si è ridotta di circa 1.200. Meno colpito il settore industriale, con ‘solo’ 240 euro in meno.

Calo consistente ma più contenuto per l’agricoltura, settore nel quale gli stipendi medi hanno perso 400 euro e nei servizi oltre (600 euro in meno).

► Aggiornamenti sullo stipendio italiano

Calo di circa 230 euro per le retribuzioni delle attività a gestione familiare che dal 2011 al 2012 sono passate da una media annua di 13.320 euro a 13.086.

Operazione trasparenza del Governo: dove sono i redditi dei ministri?

 La politica sta tagliando i suoi costi: un dovere nei confronti dei cittadini che sono ancora preda di una crisi che non sembra voler finire e che sta abbattendo consumi e risparmio.

► La Camera taglia spese per 8,5 milioni di euro

I politici, che da questa crisi dovrebbero tirarci fuori, hanno dalla loro parte degli stipendi di tutto rispetto per il lavoro che fanno che, per effetto della legge anticorruzione (legge n.190 del 2012), del decreto legge n. 33 di marzo scorso (entrato in vigore il 20 aprile scorso con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) e di quanto fatto da Mario Monti – i cui ministri avevano l’obbligo di pubblicare online la situazione patrimoniale del proprio Esecutivo – dovrebbero rendere pubblici l’importo dei loro emolumenti.

Se anche non si volesse seguire l’esempio dato dall’ex premier Monti, c’è il Dlgs 33/2013 a imporlo: secondo il decreto, infatti, tutte le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare online, in una apposita sezione del loro sito, informazioni sulla situazione economica dell’amministrazione stessa e di chi ricopre degli incarichi al suo interno (compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica, dichiarazioni dei redditi e situazione patrimoniale anche per il coniuge e ai parenti entro il secondo grado).

► Abrogati gli stipendi da ministro

Al momento i siti dei Ministeri tacciono. Nessun ministro, segretario, sottosegretario e via dicendo ha pubblicato nulla a riguardo. C’è da sottolineare, comunque, che il tempo previsto dal decreto per l’aggiornamento è di tre mesi, uno dei quali, però, è già passato.