L’ INPS restituisce il prelievo di perequazione sulle super pensioni

 A partire dal mese di luglio l’ INPS, l’ Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, restituirà a tutti gli aventi diritto il contributo di perequazione chiesto, a partire dal 2011, alle pensioni d’ oro degli italiani, quelle il cui importo supera i 90 mila euro lordi annui.

Le pensioni degli italiani nel 2012

La Corte Costituzionale, infatti, con una sentenza emessa il 5 giugno scorso, la sentenza 116 del 2013, ha dichiarato illegittimo il cosiddetto contributo di solidarietà imposto dalla manovra finanziaria del 2011 alle super pensioni.

Il contributo di solidarietà sulle super pensioni è illegittimo

Insieme ai pagamenti di luglio e di agosto, dunque, l’ INPS comincerà a restituire tutti i prelievi già effettuati, prelievi che sono stati stoppati in precedenza, ma che sarebbero dovuti arrivare fino a dicembre 2014.

Per quanto riguarda, inoltre, le tempistiche della restituzione, l’ INPS ha fatto sapere, attraverso la pubblicazione di una nota, che sono state osservate le seguenti scadenze:

  • per le pensioni dello sport e dello spettacolo il 10 luglio è stato restituito il prelievo del I semestre 2013
  • per le pensioni del ramo pubblico il 16 luglio è stato aggiornato l’ importo ma la restituzione del prelievo del I semestre 2013 avverrà entro agosto
  • per le pensioni del ramo privato il 1 agosto verrà effettuata la restituzione del prelievo da gennaio a luglio 2013.

 

Le pensioni degli italiani nel 2012

 L’ INPS, l’ Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale ha recentemente pubblicato la Relazione sul 2012, che riporta i dati relativi alle pensioni erogate nel corso dell’ anno passato, considerate dal punto di vista della spesa totale, sia da quella dei singoli contributi.

Per l’ INPS un rosso da 9 miliardi

Per l’ INPS un rosso da 9 miliardi

 E’ tempo di bilancio anche per l’ INPS, l’ Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, che per la prima volta stende la sua Relazione sul 2012 dopo l’ accorpamento di altri due storici enti dello Stato italiano, l’ Enpals e l’ Inpdap

Guida alle pensioni: i contributi

 Il termine pensione è usato intendere quel sistema di remunerazione a favore di una persona, previsto per quando si smette di lavorare. Tale tipologia di remunerazione esiste in ogni parte del mondo e, ovviamente, anche in Italia, dove però può assumere e dunque presentarsi nelle forme più disparate.

Pensioni

Una pensione infatti può essere pubblica o privata e relativa a diversi fattori. La più nota è sicuramente la pensione di anzianità, o quella di vecchiaia, che si ottiene nel momento in cui si raggiunge una determinata età, ma non si possono non menzionare le pensioni sociali, quelle dovute all’invalidità o a qualche tipo di reversibilità. Appare dunque molto importante capire come funziona una pensione in Italia.

Contributi

Si parte da un principio molto semplice: ogni soggetto versa, durante la sua attività lavorativa, un certo capitale nelle casse dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, nel caso ci si rapporti a questo. Esso è l’ente previdenziale principale in Italia. Si tratta dei cosiddetti contributi, ovvero una percentuale della retribuzione che i lavoratori sono obbligati a versare e che viene pagata in parte dallo stesso lavoratore e in parte dal datore di lavoro. Al termine della sua vita lavorativa, quando cioè smette di lavorare, questo stesso soggetto percepirà una rendita vitalizia in funzione di quanto ha versato e di un coefficiente che tiene conto di alcuni fattori come l’età in cui inizia la rendita, il sesso del soggetto e così via.

La proposta giapponese alla crisi della previdenza

 In un Giappone oramai lanciato sull’ onda aggressiva della politica economica varata dal Primo Ministro Shinzo Abe, che attraverso l’ applicazione di misure più che innovative ha intenzione di scuotere il paese dalla duratura deflazione che lo ha avvolto negli ultimi venti anni, ha fatto in questi giorni discutere la proposta per il risanamento della previdenza lanciata dal Ministro dell’ Economia giapponese Akira Amari. 

Pensioni light: i nuovi assegni in base alle tipologie di lavoratori

 In un futuro molto vicino, gli assegni Inps saranno più magri. Ma cosa cambia? Per capirlo, occorre fare una distizione tra le pensioni destinate ai lavoratori dipendenti e quelle destinate ai lavoratori autonomi.

Lavoratori dipendenti

I dipendenti di un’azienda privata, che non hanno un coniuge a carico e vanno in pensione tra il compimento del sessantacinquesimo anno e il compimento del settantesimo anno d’età, andati in pensione nel 2010 mediamente hanno ricevuto dall’Inps un assegno lordo uguale al 74% circa della retribuzione. Chi con gli stessi requisiti andrà a riposo nel 2020 percepirà il 69% dell’ultimo stipendio. Chi si ritirerà con lo stesso profilo nel 2050 non supererà il 63%.

Tenendo in considerazione gli importi netti dei salari e degli assegni Inps, tuttavia, la differenza diminuisce di gran lunga. Considerando ancora i requisiti di cui sopra, nel 2010 la pensione raggiungeva l’83% dell’ultimo stipendio mentre calerà al 78% nel 2020 e al 71% nel 2040, con una perdita del tenore di vita pari a quasi un terzo.

Lavoratori autonomi

Guai in vista anche per i lavoratori autonomi. Tenendo sempre in mente gli stessi requisiti, al lordo delle trattenute fiscali e contributive, coloro che sono andati a riposo nel 2010 hanno ricevuto un assegno Inps uguale in media al 73% dell’ultimo stipendio. Chi ‘rimarrà a casa’ dal 2020 guadagnerà invece un importo attorno al 51% dello stipendio mentre chi si ritirerà nel 2030 dovrà accontentarsi di una rendita lorda attorno al 47%.

Pensioni light

Perché saranno più leggere

I nuovi assegni in base alle tipologie di lavoratori

 

Pensioni light: perché?

 Gli assegni dell’Inps potrebbero essere più bassi da qui al futuro. Uno scenario che si profila alla luce del sistema previdenziale del nostro Paese.

Scenario attuale

Le riforme che sono state portate avanti negli ultimi tempi, inclusa quella approvata dal governo Monti, sotto la giurisdizione diretta dell’ex-ministro del welfare, Elsa Fornero, hanno contribuito alla sua formazione.

Successivamente all’estensione del metodo contributivo (in virtù del quale l’importo delle pensioni pubbliche sarà inerente esclusivamente ai contributi pagati durante la carriera e non dagli ultimi redditi ricevuti prima di concluderla) sono diversi i lavoratori italiani che devono prepararsi a tirare la cinghia nel corso della vecchiaia, ovvero a ricevere dall’Inps una rendita ben più bassa rispetto all’ultimo stipendio.

A pensarla così è il Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato riguardante le tendenze di medio periodo del sistema pensionistico, che profila un quadro che molti esperti previdenziali hanno già ben in testa.

Scenario futuro

Volendo entrare nel particolare, le pensioni future potreebbero cambiare in seguito alle riforme avviate dagli anni ’90 fino al 2011, in maniera drasitca.

Per i futuri pensionati, in particolar modo per i lavoratori autonomi, non sarà un cambiamento positivo.

Questi ultimi, spesso e volentieri, riceveranno dall’Inps un assegno che non supererà il 50 o 60% dell’ultima retribuzione. Il calo, dunque, c’è.

Pensioni light

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I nuovi assegni in base alle tipologie di lavoratori

Dall’estate il calcolatore online per la pensione, ma solo per gli over 58

 Una distinzione tra i lavoratori svedesi e quelli italiani? I primi conoscono già da vent’anni l’ammontare dell’assegno pensionistico. Gli italiani, invece, no.

In altri termini parliamo della ormai celebre “busta arancione” , che in Svezia rende nota ai lavoratori la pensione che riceveranno dallo Stato.

Nel nostro Paese farà il suo ingresso quest’estate, ma solo per gli over 58 e con un ritardo di oltre vent’anni in confronto con il Nord Europa.

Il via libera all’informativa, che giungerà in un primo tempo solo ai nati prima del 31 dicembre 1955, stando a quanto riferito dalla nota ministeriale dello scorso 20 marzo, è rinviato di qualche mese a seguito del cambio di governo, anche se il presidente dell’ente Antonio Mastrapasqua di recente ha assicurato che il semaforo verde arriverà entro i prossimi due – tre mesi.

Ma bisogna fare una precisazione. A differenza di quanto accade nei Paesi del Nord Europa, la “busta arancione” italiana non sarà inviata in formato cartaceo né via web: sarà più semplicemente un calcolatore online messo a disposizione sul sito dell’Inps, con cui i lavoratori a cinque anni dalla pensione, dotati di username e password, potranno via via conoscere l’ammontare del futuro assegno pensionistico.

Pensioni certe ma più leggere

 Anche in virtù degli effetti dell’ultima riforma, varata alla fine del 2011, la spesa per pensioni in rapporto al Prodotto interno lordo può essere considerata sotto controllo. Tuttavia, alla sostenibilità del sistema, la quale mostra una buona tenuta soprattutto in confronto alla transizione demografica negativa, saranno corrisposti in futuro assegni più soft. Ciò si evince dal Rapporto della Ragioneria generale dello Stato in relazione alle tendenze di medio periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, pubblicato oggi.

Al termine di una fase iniziale di crescita della spesa attribuibile solo ed esclusivamente alla recessione economica, la quale è prevista proseguire anche nel 2013, la spesa per pensioni in rapporto al Pil flette gradualmente sino al raggiungimento del 14,8% nel 2029. Negli anni successivi sarà l’inizio di una nuova fase di crescita che condurrà il rapporto al suo massimo relativo, uguale a circa il 15,6%, nel triennio 2044-2046.

Da qui in poi si diminuisce rapidamente, con un rapporto che si attesta al 15,3% nel 2050 ed al 13,9% nel 2060, con una decelerazione che dovrebbe essere costante. L’Italia farà meglio degli altri paesi del Vecchio Continente. Infatti, a fronte di un valore della spesa pensionistica che cresce in media, per l’insieme dei paesi dell’Unione europea (e la Norvegia), di 1,4 punti percentuali nel periodo 2010-2060, nel nostro caso il rapporto scende di 0,9 punti percentuali, e questo nonostante il più forte invecchiamento demografico e le più elevate aspettative di vita.

Tra i più potenti stabilizzatori della spesa pensionistica il rapporto rammenta l’aumento dei requisiti di pensionamento per vecchiaia e la chiusura delle uscite per anzianità, il passaggio pro quota al contributivo come criterio unico di calcolo delle pensioni e l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione.

Modifiche alla riforma Fornero per risolvere il problema esodati

 Già da alcuni giorni l’ esecutivo – i tecnici del Ministero del Lavoro in particolare –  è a lavoro per risolvere in via definitiva il problema degli esodati, coloro che, in seguito alla riforma Fornero, si sono trovati nella scomoda posizione di non percepire più un reddito, ma di non poter accedere neanche ai contribuiti pensionistici.

> Il piano del Governo per pensioni ed esodati

Il Governo Letta avrebbe quindi intenzione di apportare delle modifiche al testo  della riforma in modo da permettere la risoluzione del problema e di favorire un migliore turn over generazionale.

Per Giovannini è necessario ragionare ancora su risorse e misure per il lavoro

Le modifiche alla riforma Fornero riguarderebbero, in particolare, il limite dell’ età pensionabile, che vorrebbe essere abbassata all’ età  di 62 anni, prevedendo, però, delle penalizzazioni sul calcolo dell’ assegno per chi usufruisce dell’ anticipo.

Il Ministro del Lavoro Enrico Giovannini avrebbe infatti allo studio una versione del sistema che prevede 62 anni e 35 di contributi, e per quanto riguarda l’ entità delle penalizzazioni per chi volesse lasciare prima, si parla dell’ 1% per ogni anno di anticipo e del 2% per ogni anno superiore ai primi due. 

Nell’ attuare queste modifiche, tuttavia, l’ obiettivo rimane quello di trovare soluzione al problema degli esodati e di cercare, al tempo stesso, di incidere il meno possibile sul problema della disoccupazione giovanile. Ma la strada delle soluzioni è ancora lunga.